Dal Sommelier al Wine Director: riflessioni con Penny Murray e Melissa Di Giovanna

 

L’appello non è stato raccolto, i sommelier – almeno nella città di Palermo – sono pochi, quasi introvabili. Quelli nei ristoranti si contano sulle dita di una mano.

Dopo le prime reazioni, in taluni casi nervose proprio su “Mission Impossible: cercasi sommelier disperatamente”, l’articolo da noi pubblicato riguardo la mancanza di sommelier qualificati, a distanza di quasi due mesi e dopo aver coinvolto aziende, colleghi e associazioni di categoria, siamo ancora al punto di partenza.
Nessuna delle offerte pervenute, due, è risultata professionalmente adeguata al ruolo richiesto.

Possibile che quella del sommelier sia una professione così difficile e rara? Possibile che su una piazza importante come Palermo, un ristorante con una carta vini di circa 450 etichette, di cui i due terzi regionali, non ci sia un professionista disponibile? E, oltre questo, che sappia parlare un inglese comprensibile?

Una cosa, però, l’abbiamo capita: quella del sommelier è una figura cardine per un ristorante di alto profilo; è una mansione delicata che può dare valore al lavoro di uno chef, alle aziende che ricadono nel territorio, all’immagine di un comune, e anche di più.

Per questo abbiamo deciso di sondarne il ruolo e compiti con maggiore attenzione, confrontandoli con gli omologhi nord europei e oltreoceano. Ne abbiamo parlato con Penny Murray (UK), export manager per Aziende Agricole Planeta; e Melissa Di Giovanna (USA), già wine director – è lei che suggerirà come definire il ruolo – presso un locale negli Stati Uniti e attuale export manager della cantina Di Giovanna.

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Penny Murray, export manager di Planeta (foto scattata al Vinitaly)

WiS: Penny Murray, Planeta esporta in circa 80 paesi nel mondo. Tu sei a contatto i maggiori buyer internazionali, sommelier influenti di locali stellati, dei winebar delle capitali, grandi metropoli, con i grandi esperti e gli Influencer del vino. Cosa deve saper fare un sommelier
P. Prima di tutto proviamo a correggere la figura, non è solo servizio, ma indentifica un compito di tipo “manageriale”. Questa figura dovrebbe occuparsi della lista vini, aggiornarla, deve conoscere le aziende e le persone. Poi, deve avere contezza del “magazzino”, deve valutare la consistenza economica del suo stock di bottiglie e la relativa immobilizzazione di capitale. Ho visto cantine che valgono milioni di euro. Dunque, è collegato un elemento finanziario. Una cantina importante è un investimento, e gli investimenti bisogna saperli fare. I venditori sono tanti…

W. In una battuta abbiamo già perso la parte della scelta organolettica: il vino non si valuta solo all’assaggio…
P. Ovviamente no. Il vino ha un valore economico, è una merce “particolare” dalla quale si può ottenere, se si è bravi e se ci sono le condizioni, un importante profitto. Anzi, potrei dire che ad alti livelli si fa più profitto con il vino che non con la cucina. Un vino pregiato, che ha valore, può costare al tavolo da tre a cinque volte il prezzo di acquisto. Nemmeno a parlarne se il lavoro si fa “a bicchiere”. Anche sette volte. Dunque il vino non solo deve essere buono, ma deve essere commercialmente valido. Il sommelier dovrebbe definire qual è il ricarico corretto. Non è facile e non si fa con una formula matematica.

W. Capisco. In quest’ottica emerge il ruolo commerciale-imprenditoriale del sommelier. Poi, sembra che le posizioni si siano invertite. Nei grandi ristoranti il vino è sempre più protagonista rispetto al cibo.
P. Si, il vino diverte molto, le persone sono pronte a spendere molto per una offerta variegata e interessante. Il sommelier viene premiato, oltre lo stipendio, se “spinge” un particolare vino, piuttosto che un altro. Il sistema è quello degli incentivi.

(interviene Melissa Di Giovanna)

M. Infatti nei paesi anglosassoni il valore economico di un sommelier – in termini di stipendio – è maggiore di un responsabile di sala o di un maître. A volte raggiunge il doppio e oltre lo stipendio beneficia di una percentuale sul fatturato-vino.

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Melissa Di Giovanna (Marketing & Export Manager per cantine Di Giovanna)

W. Quindi tramonta la figura del sommelier e nasce il Wine-Manager?
M. Si, negli Stati Uniti si chiama Wine Director. Come diceva Penny, controlla il magazzino, aggiorna quotidianamente la carta, sceglie i vini tenendo conto dello stile di un locale. Perché, sia chiaro, c’è il francese, l’italiano, lo spagnolo, il Nuovo Mondo, il griffato, il biodinamico o naturale. Lo stile è importante, una volta adottato va seguito al meglio.

W. Sembra che la figura del Wine-Director sia più completa, intendo in un’ottica di comunicazione.
M. I wine-director hanno una influenza mediatica enorme. Sono gli stessi giornalisti che si informano presso di loro. L’attività di ricerca è lunga e costosa, ma i wine-director sono obbligati a farla. È per questo che quelli più importanti fanno tendenza e trovano il vino prima di altri. Sono i veri precursori delle tendenze.

W. Per un paese come il tuo, gli Stati Uniti, quanti sono i wine-director che contano?
M. Circa 100. Questi cento decidono cosa si berrà negli Stati Uniti l’anno prossimo. Sono la punta di diamante della comunicazione del vino USA. Si trovano a San Francisco, Los Angeles, ma lo Stato più importante è il Colorado, Aspen per essere precisi; poi Chicago e ovviamente New York. Che ha dinamiche tutte sue.

W. Età?
M. Tutti giovanissimi. Hanno un po’ l’aria del Vip e sono molto “Social”, con migliaia di contatti personali e follower.

W. Rispetto agli altri, come lavorano questi giovani? Ci sono differenze?
P. Direi una: lavorano molto “a bicchiere”. È più divertente, più remunerativo e si fa cultura del vino.

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good-company-wine-director-font-2L’intervista finisce qui ma un nuovo capitolo si apre. Franco Virga del Gagini Restaurant, con il quale abbiamo parlato fittamente negli ultimi due mesi, è determinato a prendere il toro per le corna e risolvere il problema in maniera radicale. Ha deciso, con il nostro supporto, di dar vita a seminari permanenti con il fine di creare un vivaio di professionisti del vino. Persone in grado non solo di assaggiare, pur restando la parte organolettica un elemento imprescindibile, ma di conferire al vino il giusto valore. In altre parole, offrire ai propri collaboratori formazione, visite, stage all’estero, competenze, corsi e tutti quegli elementi che possono dare supporto le aziende e – soprattutto – raggiungere una consapevolezza anche di tipo commerciale. L’inizio è prossimo, vi terremo informati.