OCM Vino: caos + caos. Grandi Marchi punta il dito sul criterio della partita IVA (e conseguente danno erariale)

 

Ultim’ora, è il caso di dire, dal Sole 24 Ore (vedi qui) e nuovi guai per l’OCM vino. L’Istituto Grandi Marchi, guidato da Piero Mastroberardino (dentro ci sono cinquanta aziende tra cui Alois Lageder, Argiolas, Biondi Santi Tenuta Greppo, Ca’ del Bosco, Michele Chiarlo, Carpenè Malvolti, Donnafugata, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute, Gaja, Jermann, Lungarotti, Masi, Marchesi Antinori, Mastroberardino, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido e Umani Ronchi) “… non si è limitato a contestare le procedure messe in piedi dal Mipaaf che hanno escluso il proprio progetto – del valore di 4,9 milioni e diretto su Usa, Norvegia, Svizzera, Brasile, Argentina – ma ha segnalato l’intera gestione del dossier promozione alla Corte dei Conti ipotizzando anche un possibile danno erariale”.

Trattasi di una tranche 2016-17 del valore di 102 milioni di fondi Ue per cofinanziare (al 50%) progetti di promozione del vino sui mercati esteri, la cui graduatoria è già gravata da un notevole numero di ricorsi e dei quali tredici riceveranno la decisione di merito tra il 21 marzo e il 5 maggio.

Sempre dal Sole 24 Ore: “… l’indicazione venuta dagli uffici ministeriali è stata quella di far riferimento al criterio della partita Iva. In sostanza se la partita Iva di una singola azienda compare già tra i beneficiari di passate edizioni del programma l’intero progetto cui l’azienda partecipa perderà i vantaggi riconosciuti ai nuovi. Ma a questa indicazione secondo l’Istituto Grandi Marchi non è seguita un’uniformità di valutazione dei progetti”… “Ci risulta – spiega il presidente Piero Mastroberardino – che molti programmi regionali, pur trovandosi in una situazione analoga a quella che ha portato alla nostra esclusione sono stati invece finanziati sulla base di semplici atti notori con cui si esclude la sovrapposizione. Soluzione che nel nostro caso non è stata accolta”.

Alle contestazioni si è aggiunta la segnalazione alla Corte dei Conti: “Abbiamo proposto un’istanza di revoca in autotutela – aggiunge Mastroberardino – destinata a Mipaaf e Agea con relativa sospensione dell’assegnazione delle risorse dal bando di fine 2016. Tali somme, di fatto, non sono disponibili e dovrebbero essere accantonate sino alla definizione dei 13 ricorsi pendenti presso il Tar Lazio”.

Oltre la notizia, una breve riflessione.

L’OCM Vino, acronimo di Organizzazione Comune di Mercato, è una misura UE messa a disposizione dei produttori vitivinicoli che stanzia – a favore dell’Italia – svariati milioni di euro l’anno. Le risorse sono dirette alla ristrutturazione dei vigneti, agli investimenti in cantine e a cofinanziare (al 50%) le spese sostenute per promuovere il vino sui mercati extra-Ue partecipando a fiere, eventi di settore e a effettuare azioni di incoming per portare in Italia buyer e opinion leader stranieri. L’importanza di questa misura è, come facilmente comprensibile, massima perché tutela settori strategici del miglior brand “Italia”.

Bene. Se per molti paesi produttori della UE l’“OCM Vino” è un meccanismo limpido, per il paese più titolato al mondo, per produzione qualitativa, quantitativa e risorse impegnate, questo non lo è. Incomprensibilmente. L’Italia, non è ancora chiaro per quale motivo strutturale, organizzativo, burocratico o di competenza delle persone a ciò preposte, viaggia nel caos più nero. Ma cosa ancora più strana, a lamentarsene sono in pochi.

A parere di chi scrive è un nobile segno di pazienza, di pace. O forse no. Le teste (ancora) non solo volate, l’aria è pesante.

 

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