Così lontani, così vicini, Alessandro Ingiulla, chef patron del ristorante stellato Sapio e Mirko Gatti di Àbitat, il ristorante in provincia di Como premiato con la Stella Verde, trovano il punto di incontro in un manifesto di idee dove al centro della cucina c’è l’ingrediente, l’uso della materia prima nella sua integrità, il rapporto con la natura, il territorio e le sue stagioni.
Nasce così il secondo appuntamento di Relazioni Naturali, la rassegna ideata e voluta da Sapio e dallo chef Ingiulla. Definirla un cartellone di cene a quattro mani è riduttivo.
“Abbiamo voluto dedicare questi incontri al confronto con cuochi di territori estremamente diversi, che fanno i conti con una diversa disponibilità di risorse, con diversi climi, con diverse tradizioni, e sperimentano ogni giorno esattamente come facciamo noi qui, soluzioni per una sostenibilità integra” – commenta lo chef Ingiulla.
Due cucine, due territori, due chef che si incontrano. Questa volta sono i boschi delle pre-Alpi e i laghi del Nord a guardare con curiosità l’Etna e il mare.
E se lo chef catanese ruberebbe al suo collega la cultura nordica della cacciagione, il foraging e le suggestioni della cucina di montagna, ad affascinare Mirko Gatti è il mare, il rito della pesca e della lavorazione del pesce.
Due giorni in giro per esplorare un territorio, quelle etneo, si traducono in un menù che è frutto di ricerca, di osservazione, di studio del territorio. E, ovviamente, di relazioni.
“La cucina è innanzitutto al centro di una rete di relazioni ecologiche: con le piante, con gli animali, con gli elementi naturali, con i nostri stessi corpi. E il modo in cui ogni cuoco sceglie di interpretare questo ruolo genera sempre un risultato di trasformazione: la trasformazione diretta del cibo, innanzitutto, ma poi anche la trasformazione di chi questo cibo lo prepara e della sua mentalità e di chi di questo cibo si nutre e della sua sensibilità”- continua lo chef Ingiulla.
Mirko Gatti, con il suo progetto compie una piccola rivoluzione. Mette la natura non solo al centro del piatto ma al centro della vita di un ristorante. Questa visione implica una trasformazione del concetto di cucina e ristorazione. Ed è qui che si arriva alla cucina circolare, vero mantra e filosofia di Gatti.
Dopo le sue prestigiose esperienze nordiche, dal Noma al Relae, Mirko Gatti ha approfondito gli aspetti etici e culturali del cibo per approdare a una riflessione innovativa sul concetto di sostenibilità nella cucina di ricerca. Al centro della sua sperimentazione ci sono la raccolta delle erbe alimurgiche anche per la produzione di infusi, bevande fermentate e succhi, l’uso quasi esclusivo della brace per ottenere consistenze e sfumature uniche, l’impiego di materie prime spesso sconosciute e le fermentazioni che preservano e arricchiscono il gusto degli ingredienti aprendo nuovi orizzonti di gusto. Tra i suoi piatti iconici, la Lingua di bruno alpina marinata con carciofo nordico (una pigna di abete rosso fermentata nel koji e accompagnata da una bottarga di albicocca, vino di rabarbaro, pera cotta sotto la brace e alga dulse), il Dumpling di medusa e tamari di piselli gialli, il Lattume di cernia bbq e salsa di tuorlo fermentato nel garum.
“Cucina circolare significa lavorare in senso stretto sul territorio e sulla stagionalità- commenta lo chef Mirko Gatti – Abbiamo portato il territorio su un livello diverso. Per noi, il territorio è la montagna, sono i prodotti che andiamo a raccogliere. Ma non solo. Abbiamo unito il territorio al concetto di ecosostenibilità e abbinato un menù ad ogni stagione e territorio: in autunno ci dedichiamo alla foresta e al suo cibo, in inverno al mare mentre in primavera al lago. Territorio significa ecosistemi. Cambia anche il concetto di chilometro zero, che si riduce ancora di più”.
Cambiamento climatico, crisi del fine dining, sostenibilità? I due chef hanno le idee chiare.
“Sostenibilità in cucina significa avere rispetto della filiera e della materia prima, no al greenwashing. Bisogna capire come meglio cucinare senza sprecare – commenta Alessandro Ingiulla.
Il fine dining non è in crisi, le chiusure oggi fanno notizia ma ricordiamoci che sono fisiologiche e molte conducono a nuove aperture. Una cucina stellata è poco sostenibile economicamente ma devi trovare il modo per non sacrificare la qualità”- continua Ingiulla.
“Abbiamo studiato tanto tempo prima di trovare la forma espressiva che più rispettava la circolarità in cucina. Oggi posso dire che siamo vicini a zero waste anche grazie alle tecniche di fermentazione che applichiamo in cucina recuperando tutta la parte del cibo che diversamente si sprecherebbe. Circolarità è non spreco grazie alle tecniche che ci permettono di lavorare con sapori nuovi, non raggiungibili con le tecniche tradizionali” – conclude Gatti.
I due chef mostrano intesa nella visione comune di una cucina del futuro che punta all’ ingrediente, mai autoreferenziale e che lascia esprimere il territorio. Intesa che si ritrova nei piatti: armonia nella diversità dei territori, dove il filo conduttore – dalle Pre-Alpi all’Etna- è la natura e i suoi ingredienti. E una tecnica che li valorizza, anziché penalizzare la materia prima a costo della creatività.
Un menù che diventa un viaggio, fatto di ricerca, scoperta del territorio, di sapori dove l’ingrediente diventa ambasciatore di un territorio. Ad aprire questo viaggio è l’ostrica cotta sul fuoco d legna di Alessandro Ingiulla (lenticchia nera di Leonforte mantecata, limone candito e zuppetta di mandorle) , per poi continuare con l’animella di vitello di Mirko Gatti (vino di betulla, prugne e rose). Ancora un rimando al bosco e ai paesaggi di montagna. Questa volta torniamo in Sicilia con Alessandro Ingiulla e i suoi bottoni di patata all’aglio nero (bietole, uvetta dolce e salsa di pinoli). Mirko Gatti ci riporta nelle pre-Alpi con la sua oca cotta su fuoco vivo (frutti rotti preservati, tè di funghi e alghe). A chiudere questo viaggio è un omaggio a Catania, la città di Ingiulla: seltz al limone e tamarindo mentre Mirko Gatti propone il suo cioccolato di grano saraceno con caffè di alghe e pigne caramellate.