Quarta edizione di Wine2Wine, il forum firmato da Veronafiere e Vinitaly sul business del vino. Salvatore Spatafora ha intervistato Hayley Black (*), una delle 9 Italian Wine Expert di Vinitaly International Academy. Haley ha lavorato a stretto contatto con il vino italiano nel settore della ristorazione negli Stati Uniti ed è uno dei nove Wine Expert di Vinitaly Academy, il progetto educativo lanciato nel 2014 da Vinitaly International.
D. Hayley raccontaci la tua opinione sui vini siciliani.
R. Quest’anno ho avuto l’opportunità di visitare per ben due volte la Sicilia e sono rimasta davvero colpita dalla grande varietà di uve autoctone presenti sull’isola. Ho potuto provare molti dei vini meno conosciuti, vini identitari, in grado di raccontare alla perfezione il luogo in cui nascono. Il Nero d’Avola è sicuramente uno di questi, è incredibile la gamma di espressioni che riesce ad annoverare, sempre differenti in base alle diverse aree in cui viene coltivato: c’è quello caratterizzato da una bella freschezza, quello di facile beva, e poi quelli più ricchi e strutturati. Altro vino interessante è il Frappato, che insieme al Nero d’Avola da vita alla DOCG Cerasuolo di Vittoria, ma devo essere onesta, l’ho apprezzato anche in purezza. Ha davvero una grande potenzialità: è un bel vino rosso, leggermente aromatico, con note floreali e ha una grande freschezza, uno stile che sicuramente molti consumatori in questo momento stanno ricercando. Passando ai bianchi, invece, ho provato Grillo, Catarratto e Inzolia. Tutti molto diversi tra loro: il Grillo, si ottengono grandi vini aromatici, ha profumi di frutta tropicale e una bella acidità; non ho dubbi sul fatto che farebbe ricredere tutti gli amanti del Sauvignon Blanc; poi c’è il Catarratto, mi sono piaciuti in particolare quelli le cui uve sono coltivate in zone collinari perché si caratterizzano per distinte note di banana e burro, e a mio avviso hanno tutte le carte e il potenziale per conquistare gli amanti dello Chardonnay. Insomma, tutti i vini siciliani riescono a regalare qualcosa di unico (come unica è in fondo la Sicilia) e mi piacerebbe tanto avere una maggiore disponibilità nel mercato statunitense. In qualsiasi parte del mondo è ormai possibile coltivare Chardonnay, ma quando il vino è prodotto in una terra unica e straordinaria come la Sicilia, con la sua storia, le sue bellezze e le sue tradizioni, non mi stupisce che questo possa facilmente conquistare il winelover internazionale, quello che solitamente beve Chardonnay. La vostra terra è veramente speciale! E poi c’è l’Etna, un vulcano ancora attivo, nella parte nord-orientale dell’isola, l’unico luogo dove non si coltiva il nero d’Avola, ma il nerello mascalese e il nerello cappuccio. L’Etna Rosso è ormai ricercato in tutto il mondo, perché riesce più di tutti gli altri a raccontare il terroir straordinario da cui proviene. Nei miei viaggi per lavoro ho notato che tutti i sommelier impazziscono appenano sentono parlare di Etna e vogliono saperne sempre di più. L’aerea è stata definita la “Borgogna del Mediterraneo” e dopo averla visitata e degustato i suoi vini capisco il motivo, li raccomando fortemente a tutti gli amanti del Pinot Noir. La varietà bianca è invece il Carricante, piantata nelle quote più alte dell’Etna, quasi fino a 1000 metri, ragione che spiega la bella acidità presente nell’Etna Bianco. Ho anche provato la sua versione spumante. Quando si parla di Sicilia il winelover internazionale la associa subito Nero d’Avola, oggi anche all’Etna e grazie alla buona fama di questi vini adesso è sicuramente molto più propenso a degustare anche gli altri vini, quelli provenienti da altre aree dell’isola. Il merito va ai produttori siciliani che nell’ultimo decennio hanno saputo lavorare bene. Occorre pertanto continuare a concentrare tutte le forze sulla qualità e sui vitigni autoctoni, non di una sola area ma di tutte quante. Spesso noi americani guardiamo la Sicilia come una delle tante regioni d’Italia, ma quando ti sposti da est a ovest, da nord a sud, ti rendi subito conto di come tutto cambia: le condizioni climatiche, la composizione dei suoli, la storia, le tradizioni culinarie, religiose, insomma ogni terroir è unico e in grado di raccontare lo stesso vitigno sempre in maniera diversa, è incredibile!!!
D. Quali sono le chance dei vini siciliani nel mercato USA?
R. Le opportunità nel mercato statunitense, per i vini americani, sono tante. Nell’ultimo periodo abbiamo assistito a un cambiamento nelle scelte dei consumatori, adesso preferiscono vini dallo stile decisamente più fresco rispetto ai grandi vini barriccati. L’unicità dei vini siciliani e le storie che stanno dietro le vostre etichette costituiscono, per noi che li promuoviamo al pubblico, un grande aiuto. Inoltre i vostri vini, sia entry level che top wine, hanno un buon rapporto qualità/prezzo. È importante però tenere bene a mente che questi vini devono essere di facile comprensione, in particolare per le persone che non sono esperte e che non conoscono le diverse varietà. Bisogna aiutare il consumatore, solo così sarà più propenso nel provare i vostri vini. I prezzi ad esempio sono un ottimo modo per farlo, le persone sono soddisfatte quando trovano un buon rapporto qualità/prezzo e sicuramente si fidelizzeranno. Un altro modo è rendere ben visibile il nome della varietà in etichetta, in quanto aiuta a ridurre la confusione nel consumatore e a far rimanere il nome ben impresso nella sua memoria. Infine, se è possibile, si potrebbe cercare di mostrare altri dettagli che illustrino i metodi di vinificazione e cosa rende unico quel vino.
D. Hai qualche consiglio per i produttori siciliani?
R. Il vero problema, secondo me, è che nel mercato americano non c’è grande disponibilità di queste varietà autoctone che ho nominato, al contrario abbiamo vini di bassa qualità e a prezzi decisamente inferiori. Ci sono alcuni produttori sono riusciti ad affermarsi, i winelover ormai li conoscono bene e li apprezzano, ma abbiamo bisogno anche degli altri, di vederne di più! È anche vero che occorre una maggiore informazione, qui nel mercato americano, riguardo le varietà autoctone. I seminari e gli incontri con i sommelier sono sicuramente un ottimo modo per presentare i propri vini. Ancora meglio se a farlo sono i produttori della stessa regione. Per i sommelier e gli addetti ai lavori diventa infatti una bella opportunità per ottimizzare il proprio tempo e per comprendere realmente un determinato contesto vinicolo. E ancora, un produttore deve sicuramente semplificare l’accesso alle proprie informazioni. I siti web sono il modo più rapido per farlo e spesso trovo portali ormai datati o difficili da navigare. Quindi il mio consiglio è sicuramente quello di creare dei siti web semplici, chiari e accessibili a tutti. Chiaramente il modo migliore per conoscere una cantina è visitarla, ma ciò non è sempre possibile, per questo occorre curare il proprio sito web e i social network, perché sono il modo più immediato per farsi conoscere senza alcuna spesa di viaggio!
*Hayley Black ha superato il terzo livello di certificazione del Wine & Spirits Education Trust (WSET). Negli ultimi 11 anni ha lavorato a stretto contatto con il vino italiano nel settore della ristorazione negli Stati Uniti. Di recente, Hayley è stata Wine Program Director di Tutta Bella, un gruppo di ristoranti con base a Seattle, la città in cui vive. Hayley ha una grande passione per le origini e le storie del vino italiano. Quest’anno Hayley Black ha inoltre superato brillantemente l’esame per diventare Wine Expert (sono solo 9 al mondo) di Vinitaly Academy, il progetto educativo lanciato nel 2014 da Vinitaly International (Stevie Kim e Ian D’Agata) e rivolto alla creazione di nuovi ambasciatori del vino italiano nel mondo.