A metà strada tra Trapani e Marsala, Cantine Fina è una realtà vitivinicola a conduzione familiare fondata nel 2005 da Bruno Fina. Per quanto recente sia la costituzione e vitale l’energia che trasmettono i suoi figli, Sergio, Marco e Federica, tutti coinvolti a vario titolo nelle attività aziendali, va considerata la vicinanza dello stesso Bruno con una figura straordinaria del vino, l’enologo Giacomo Tachis, famoso soprattutto per essere riuscito a valorizzare vitigni internazionali e nuovi vigneti in terra d’Italia e di Sicilia; così come va considerato un lungo impegno all’interno dell’IRVO, l’Istituto regionale della vite e dell’olio.
Le vigne, estese lungo la costa per circa 20 ettari, circondano la collina dove sorge la cantina di vinificazione e il baglio che ogni estate accoglie numerosi winelovers per gli appuntamenti musicali. I vitigni sui quali punta l’azienda sono gli autoctoni Grillo, Nero d’Avola, Perricone, Zibibbo e gli internazionali Chardonnay, Sauvignon Blanc, Traminer, Viognier, Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot e Syrah.
Federica Fina, giovanissima, solare e con una naturale inclinazione alle relazioni interpersonali, si occupa dell’accoglienza, di comunicazione e di enoturismo. La Delegazione siciliana delle Donne del Vino si è affidata a lei per la gestione dei social e della comunicazione sul web. L’abbiamo intervistata in una tipica ventosa giornata marsalese.
D. Federica, come è avvenuto il tuo ingresso in azienda?
R. A 24 anni, dopo la laurea in comunicazione e marketing a Roma e un periodo di formazione a Londra, sono tornata a Marsala, desiderosa di dare il mio contributo nell’azienda creata dai miei genitori. Era difficile per la “piccola di casa” ritagliarsi uno spazio tutto suo. Ho iniziato ad affiancare i miei fratelli Sergio, enotecnico, e Marco, nel settore amministrazione e commerciale, ed oggi, a 28 anni, mi occupo del marketing e della comunicazione della cantina. Un aspetto che amo particolarmente è l’enoturismo perché mi consente di stare in contatto con le persone e raccontare, attraverso il vino, la storia della mia famiglia e della Sicilia.
D. Come è nato il progetto “Cantine Fina”?
R. Mio padre ha iniziato a lavorare nel settore producendo vino sfuso di qualità. In quel periodo ero molto piccola ma ho tanti bei ricordi legati al periodo della vendemmia, quando i miei genitori e i miei fratelli lavoravano fino a tardi nelle cantine e io mi addormentavo in auto. Ero già più grande quando c’è stato il passaggio all’imbottigliato e quindi alla nascita del marchio Fina. Prima la costruzione della cantina di vinificazione e poi le attività di comunicazione per affermare i nostri vini sul mercato. Abbiamo subito puntato sulla città di Marsala. Un periodo che ho vissuto pienamente insieme alla mia famiglia. Tanti sacrifici ma anche tanti momenti felici trascorsi insieme: organizzavamo eventi, giravamo per i locali raccontando la nostra avventura alle persone che ci ascoltavano. Con il passare degli anni siamo cresciuti fino ad allargarci alle altre provincie siciliane e poi nel resto d’Italia e all’estero.
D. Siamo nella provincia di Trapani, l’area più vitata d’Italia, dove i marchi storici e le nuove realtà stanno puntando sempre di più sui vitigni autoctoni, Grillo e Nero d’Avola in primis. Anche voi state seguendo questa linea?
R. Anche noi puntiamo sugli autoctoni e ci piace raccontare la Sicilia attraverso Grillo, Nero d’Avola, Zibibbo e Perricone, però crediamo molto anche nel concetto di “Sicilia Continente”. Negli anni ’90 mio padre era il responsabile della cantina sperimentale dell’Irvos e ha condotto uno studio di zonazione impiantando diverse varietà internazionali. Il suo lavoro ha segnato una svolta epocale per l’Isola. I risultati parlavano chiaro: la Sicilia era un vero e proprio continente vitivinicolo che grazie alla vastità e complessità del suo terroir, dal mare alla montagna, ben si prestava alla coltivazione dei vitigni internazionali. Quasi tutti i nostri bianchi per esempio sono vini di collina che beneficiano della notevole escursione termica, tra il giorno e la notte, che caratterizza il tratto di costa in cui viviamo. Non a caso il Traminer è la nostra punta di diamante come anche il Sauvignon Blanc o il Caro Maestro (omaggio di mio padre al suo maestro del vino, Giacomo Tachis), un taglio bordolese di Cabernet, Merlot e Petit Verdot.
D. Puntare sui vitigni internazionali in Sicilia è stata quindi una sfida vinta. Quando è maturata l’idea di impiantare queste varietà?
R. Durante gli anni dello studio sperimentale per l’Irvos, molti viticoltori locali si rivolgevano a mio padre per avere consigli ed era proprio lui che, dopo aver controllato i singoli terreni, impartiva le giuste indicazioni sui vitigni più idonei da impiantare, garantendo loro l’acquisto delle uve. Si è instaurato un rapporto di stima e fiducia con i viticoltori che va avanti da venticinque anni e che ci porta oggi a essere una grande famiglia allargata.
D. Con il tuo ingresso in azienda – unica quota rosa e under 30 – quale pensi sia stato il contributo principale che hai portato?
R. Ho sicuramente un modo tutto mio di comunicare l’azienda. C’è un qualcosa, una passione, che accomuna tutti noi fratelli; però mentre Sergio e Marco sono più tecnici io invece ho un approccio più romantico alle cose, soprattutto nel raccontare la storia di famiglia. Per un fatto caratteriale sono naturalmente portata a espormi, a partecipare attivamente agli eventi, a metterci “la faccia”. Mi dedico anima e corpo alle attività di comunicazione dell’azienda per rafforzare l’immagine del brand. Professionalmente ho imparato tantissimo dai miei fratelli, soprattutto il senso della misura, io in cambio ho portato in dono quella sana leggerezza e spensieratezza che caratterizza la mia età. Ognuno di noi mantiene la sua individualità e insieme siamo perfettamente complementari.
D. Manca ormai poco al ProWein e al Vinitaly. Ci sono delle novità che puoi anticiparci?
R. Le due fiere sono sempre l’occasione ideale per svelare i nuovi progetti. Nel 2018 la novità era il Metodo Classico Pas Dosè 24 mesi, quest’anno invece siamo trepidanti per la presentazione del 36 mesi. Finalmente scopriremo la verità ovvero quale strada intraprendere tra le due versioni. Mi sbilancio? Preferisco il 36 mesi. Un’altra anticipazione è, invece, il restyling dell’etichetta del Viognier, uno dei miei vini preferiti, che avrà una veste tutta nuova.
D. A proposito di vini preferiti, è vero che c’è un’etichetta che porta il tuo nome? Sei tu Kikè?
R. Il primo anno che abbiamo portato il Traminer al Vinitaly, lo facevamo degustare da una bottiglia senza etichetta perché ancora non gli avevamo trovato il nome. È stato un giornalista in visita al nostro stand a suggerirci Kikè, dopo aver scoperto che era il vezzeggiativo usato mia madre per chiamarmi. E quindi sì, Kikè sono io e posso vantarmi di avere un vino dedicato a me (risata contagiosa a cui è davvero difficile resistere).
D. Sei nata e cresciuta a Marsala, la città che ha dato il nome all’omonimo e leggendario vino. Come vivi questo rapporto con la tradizione?
R. Amo il Marsala. In questi anni ho avuto la fortuna di conoscere tante persone del settore che mi hanno fatto scoprire e appassionare alla storia della mia città e del suo vino simbolo. Ne sono innamorata e pur non essendo una produttrice di questa tipologia non c’è visita guidata in cantina che non faccio terminare con la degustazione di un Marsala. Credo sia fondamentale il contributo di tutti gli operatori, produttori, enotecari, ristoratori, nella promozione di questo vino custode della nostra identità. Inoltre c’è un aspetto enoturistico rilevante, ancora oggi molti visitatori scelgono di venire in vacanza a Marsala perché attratti da questo mito. Pertanto dovremmo proporre dei tour, degli itinerari che sviluppino proprio questo tema.
D. La Sicilia come wedding-destination, cosa ne pensi?
R. Sono pienamente favorevole ai matrimoni in cantina. Il primo lo abbiamo organizzato nel 2015, in collaborazione con il Circo Panico, ed è stato un successo. Abbiamo ospitato per venti giorni un tendone dove si esibivano gli artisti di strada. Un divertimento anche per noi organizzatori. Gli sposi che optano per questa formula sono ragazzi divertenti alla ricerca di un matrimonio fuori dagli schemi convenzionali e da ricordare. Per la cantina c’è sicuramente un grande ritorno di immagine. Molte persone, dopo aver partecipato a un matrimonio, ci contattano per ordinare il vino da regalare a Natale oppure decidono di tornare a Marsala in vacanza e prenotano la visita guidata con degustazione. L’organizzazione di un matrimonio in cantina è sicuramente complessa e difficile, ma vedere dopo tanto tempo le persone tornare sorridenti ti gratifica e ripaga degli sforzi.
Cantine Fina
C.da Bausa s.n.
91025 Marsala (TP)
Tel. 0923 733 070
Accoglienza: federicafina@cantinefina.it
https://cantinefina.it