Il torchio di Catone di Villa Maggio

 

Villa Maggio è il fulcro dell’ospitalità dell’azienda Maggio Vini. La villa, al centro dell’antico feudo di Santa Teresa, è testimone della storia del vino del sud-est della Sicilia, in particolare del Cerasuolo di Vittoria. Il grande caseggiato, che porta sugli architravi la data del 1697, è circondato da altre piccole abitazioni e dalle cantine dei vignaioli. L’opera di restauro è splendida e vale la visita: il “palmento”, il luogo ove si pigiava l’uva, è rimasto intatto ed esibito in forma museale. Il “torchio di Catone”, uno strumento a trave con funzionamento a leva al centro del palmento, mette in luce la tecnica di vinificazione, la stessa usata in Sicilia per 2.000 anni. I grandi magazzini della tenuta, oggi sono diventati una barricaia.

Nota storica
Al tempo dei Romani erano in uso due tipi di torchi vinari: quello di Catone e quello di Plinio. Il primo era il tradizionale a leva (descritto da Catone nella sua opera De Agri Cultura nel I secolo a.C.); il secondo a leva e vite rappresentò nel I secolo d.C. una innovazione in campo vinicolo, permettendo una spremitura maggiore anche con torchi più piccoli.

Torchio di Catone

Torchio di Catone

Il torchio di Catone, detto anche “a quattro vasi”, aveva una serie di leve e funi che davano la forza necessaria alla pigiatura. Il prelum, la trave o leva principale era inserita dentro quattro montanti di legno molto robusti detti arbores e fissati al suolo grazie ad un incastro realizzato su un grosso blocco di pietra (lapis pedicinus). I primi due montanti erano il fulcro della trave grazie ad una serie di “zeppe”; gli altri due montanti erano punto di forza per un’altra leva collegata al prelum con una corda azionata dagli uomini. Un’opera di ingegneria meccanica che moltiplicava la forza pressatrice grazie ad un sistema di leve.

Il torchio di Plinio apportava modifiche a quello di Catone copiando da presse di modello greco: sostanzialmente si sostituì la seconda leva con una grossa vite in legno di 24-28 cm chiamata cochlea.

Il Torchio di Plinio, a vite e a leva

Il Torchio di Plinio, a vite e a leva

La forza pressoria era prodotta da questa vite agganciata nella parte inferiore ad un contrappeso (arca lapidum), capace di avvitarsi in una madrevite detta rugas, solidale con il prelum. La vite di questo tipo di torchio, fatta opportunamente ruotare con delle leve dagli uomini, imprimeva forza sul prelum facendolo abbassare o alzare secondo il verso della rotazione della vite.

Esistevano infine due tipologie di questa macchina: una in cui si sollevava il prelum ruotando la vite in senso contrario, l’altra attraverso la rotazione della rugas bloccata dallo stesso prelum. La modifica di cui parla Plinio, che s’identifica sostanzialmente con l’introduzione della vite senza fine, comportava una maggiore funzionalità della macchina e la sua azione, in special modo nel secondo tipo, risultava più efficace e più veloce nell’operazione di torchiatura.
Fonti: Il Calice di Ebe, Guado al Melo

Maggio Vini
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