Tra i pionieri del biologico in Sicilia, l’azienda agricola Di Giovanna festeggia i venticinque anni dalla prima certificazione biologica e traccia la linea del futuro nel segno dell’enoturismo, del legame con il territorio e della produzione a impatto ridotto. I fondatori Aurelio e Barbara Di Giovanna, hanno passato il testimone ai figli Gunther e Klaus, che continuano nella loro missione di essere custodi del territorio, affiancati da Melissa Sack, moglie di Gunther, e da una squadra di professionisti.
Il futuro è già presente, con l’inaugurazione della nuova sala degustazione che si affaccia sui Monti Sicani, per ricordare che il vino è soprattutto frutto del legame con il territorio e in continuo dialogo con esso. A celebrare questi venticinque anni, un viaggio nella storia vinicola dell’azienda attraverso una verticale di cinque annate del Nero d’Avola Vurrìa, condotta da Nando Papa, Head Sommelier del Verdura Resort Papa. Il viaggio continua con l’abbinamento dei vini dell’azienda con i piatti dell’executive chef Davide Gallina del Donna Floriana, ristorante dei Mangia’s Resort.
D. Sono trascorsi venticinque anni dalla prima certificazione in biologico e oggi celebrate questo risultato tra i pionieri in un mondo, quello del biologico, che sicuramente allora non era facile da capire né era una moda.
R. Il nostro impegno nella produzione in biologico, sia in vigna che in cantina, inizia nella nostra vita familiare, ancora prima che della nostra storia vitivinicola. Grazie alla sensibilità della nostra famiglia rispetto ad un certo modo di vivere e di produrre all’insegna del biologico e sostenibilità. Impossibile non tradurre questo approccio anche nella nostra azienda. Non è stato facile fare capire al mercato il vino biologico ma oggi possiamo dire di aver vinto una sfida difficile. Il biologico è rigoroso, serio, non è una moda. E soprattutto, nel biologico non si può fare un discorso di quantità ma di qualità perché si spende il doppio per avere metà delle uve.
D. Quando il mercato ha cominciato a capire il vino biologico?
R. Abbiamo insistito seguendo la nostra strada e le nostre idee con coerenza e determinazione. Nel nostro caso, è stata importante l’apertura, l’interesse e la sensibilità del mercato americano, che ci ha permesso di affermarci come azienda. Oggi l’azienda si classifica tra le prime in Sicilia certificate bio e, dopo 25 anni di fedeltà al metodo biologico, si propone come leader nel suo segmento di mercato, esportando l’85% della produzione e con una presenza consolidata in molti paesi del mondo.
D. La celebrazione dei 25 anni di produzione con metodo biologico coincide con l’inaugurazione della vostra sala degustazione. Il futuro di Di Giovanna nei prossimi 25 anni?
R. Enoturismo come esperienza e legame con il territorio, qualità nella produzione, autonomia energetica puntando sulle rinnovabili. Stiamo investendo molto sull’enoturismo, inclusa la costruzione di un relais perché vogliamo che il vino sia un’esperienza spaziale e temporale, che il wine lover, il viaggiatore, il giornalista, degusti, passeggi in cantina, segua la stagionalità del lavoro vitivinicolo. Vogliamo che tutti abbiano la possibilità di immaginare cosa era una volta questa azienda, questa terra e cosa sarà in futuro.
D. Quali azioni che rientrano nella sostenibilità avete messo in atto?
R. Puntiamo ad essere autonomi dal punto di vista energetico, con un focus sulle rinnovabili e l’obiettivo di un surplus da donare agli altri. Siamo già autonomi da un punto di vista idrico, attraverso la regimentazione delle acque piovane e i laghetti collinari. Tutte iniziative che valorizzano il bene principale: l’acqua.
D. Anche per voi il vino è sempre più espressione del territorio?
R. Abbiamo fatto un passo in più: stiamo lavorando alla corrispondenza di ogni singolo vigneto ai nostri vini. A fare la differenza è il territorio che non è ripetibile altrove. Posso coltivare chardonnay in tutto il mondo ma sarà diverso di territorio in territorio. Noi puntiamo a valorizzare l’identità del nostro territorio e soprattutto la varietà.
D. Spesso per tutelare l’identità si sacrificano le richieste del mercato
R. Rispettare e non rinunciare all’ identità è compatibile con l’adottare alcune novità che possano venire incontro al mercato, senza che questo comporti una destabilizzazione per il produttore. Non abbiamo bisogno di seguire le mode ma solo di essere fedeli alla nostra identità
D. È un momento d’oro per la Sicilia del vino ma quali sono i gap da colmare?
R. Il mondo del vino si è sviluppato grazie all’interesse per il vino. Oggi, il pubblico dei wine lover cresce sempre di più e cresce l’interesse dei giovani per questo settore. È necessario, direi indispensabile, rendere più fruibili i vigneti agli enoturisti. Per fare questo bisogna investire in infrastrutture, provvedere all’ammodernamento del sistema stradario. Bisogna rendere agibili i vigneti della Sicilia. Si conferma necessaria la sinergia con le istituzioni e l’associazionismo con i produttori, che nel mondo del vino è quasi spontaneo. Il mondo del vino ha fatto passi in avanti grazie a questa collaborazione virtuosa tra produttori. Ne è un esempio Assovini Sicilia, che dello spirito associazionistico ne ha fatto una forza che ha permesso di fare conoscere il vino siciliano nel mercato internazionale dove bisogna essere presenti in maniera organica, strutturata.
D. Quali sono i valori che ha ereditato dalla sua famiglia e che vuole trasmettere ai suoi figli, la prossima generazione Di Giovanna?
R. Non mollare mai e considerare le sfide come foriere di nuove opportunità; trasformare le difficoltà in opportunità perché anche in ogni camurria c’è sempre una speranza. Una lezione che ho imparato anche da mia moglie Melissa, grazie alla sua visione di donna americana, fedele alla sua cultura positiva, ottimista, pragmatica. Il suo ruolo in azienda è indispensabile perché ci ha permesso di avere un profilo internazionale.
La Verticale
Doc Sicilia, Vurrìa – Nero d’Avola 2004
Alla vista è rosso rubino con riflessi granato. Naso deciso, ancora varietale, frutta in confettura, tabacco chiaro e fiori secchi. In bocca è pieno, nel finale torna il frutto accompagnato da una nota balsamica. Si intravedono i primi segni tangibili di un cambio di passo, passaggio alla nuova generazione.
Doc Sicilia, Vurrìa – Nero d’Avola 2007
Rosso rubino intenso. Naso risoluto, pieno, esprime la potenzialità di una vendemmia tardiva, di una diversa e ulteriore maturazione delle uve. Ottima acidità e freschezza, dimostra ancora del potenziale da esprimere. L’affinamento dura 12 mesi in barrique di rovere.
Doc Sicilia, Vurrìa – Nero d’Avola 2010
Il vino è figlio di una primavera fredda con allegagione indotta. Le uve sono state vendemmiate nella seconda decade di settembre. Al naso, sottobosco, funghi, terra, sorretti da eleganti note di pepe nero, tabacco e spezie. Si palesa un cambio di registro, di generazione, con il passaggio del testimone ai figli Gunther e Klaus. Da adesso il vino strizza l’occhio a uno stile internazionale, fresco, elegante, dove la potenza – più in luce nel 2007 – è mitigata da una veste tagliata ad arte.
Doc Sicilia, Vurrìa – Nero d’Avola 2015
Estate calda. Improvvise bombe d’acqua hanno portato ad una inevitabile vendemmia tardiva. Ciò nonostante, grande equilibrio tra parti dure e morbide. Confermato il punto di svolta nella produzione, i tannini si fanno più fini, il vino è ancora teso e vitale. Tutelato ulteriormente il frutto, minore l’affinamento in legno, di 9 mesi anziché 12.
Doc Sicilia, Vurrìa – Nero d’Avola 2017
Annata difficile a causa delle piogge arrivate a fine agosto e protrattesi sino a settembre. Note erbacee preludono ad un finale ancora tutto in divenire. Naso varietale, ricco di frutti a polpa rossa, amarena e frutti di bosco. Bocca avvolgente, piacevolmente ruvida per i tannini setosi. Finale agile e sapido.
di Liliana Rosano