Doppo una decina di vrazzate, il malumore principiò a saporare. Quanno tornò a riva, avvirtì che la natata gli aviva fatto smorcare il pititto. Nel corto tragitto tra la riva e la verandina, il pititto si cangiò in vera e propia fame. Raprì speranzoso il frigorifero e ci attrovò un piatto funnuto che traboccava di caponatina. Ringraziò mentalmente Adelina. Pani e caponata, il meglio mangiare (…)
Il passaggio si trova nel racconto La Finestra sul Cortile di Andrea Camilleri. Conosciute ormai in tutto il mondo, le avventure del commissario Salvo Montalbano sono un assoluto di letteratura contemporanea, in uno stile non strettamente dialettale o riconducibile necessariamente all’agrigentino, piuttosto un italiano pregevole (ri)tradotto in siciliano con un “sound” universale e identitario.
In un altro passaggio del racconto La Gita a Tindari: “Appena aperto il frigorifero, la vide. La caponatina! Sciavuròsa, colorita, abbondante, riempiva un piatto funnùto, una porzione per almeno quattro pirsone. Erano mesi che la cammarera Adelina non gliela faceva trovare. Il pane, nel sacco di plastica, era fresco, accattato nella matinata. Naturali, spontanee, gli acchianarono in bocca le note della marcia trionfale dell’Aida”.
La lettura di Camilleri e la profumata, anzi, sciavuròsa (da ciauru, profumo) caponata di Adelina preparata per il commissario, un piatto che compare in almeno tre racconti, è il pretesto perfetto per parlare del Calio – Frappato 2021 di CVA Cantina Viticultori associati di Canicattì, una cantina agrigentina forte di 300 vigneron su 900 ettari, 12 comuni e 60 areali differenti della Sicilia Sud-Occidentale.
Del vitigno autoctono siciliano, il frappato, gli esperti ne parlano come una varietà dalla personalità singolare. Il barone Mendola, ad esempio, affermava che il Frappato poteva ricordare un Nerello, ma che non andava confuso con altre tipicità isolane come il Nocera di Milazzo, il Nerello Mascalese di Giarre o il Calabrese di Pachino e di Noto.
Più recentemente, si è scoperto un rapporto di parentela figlio-genitore tra i vitigni frappato e sangiovese, per cui il frappato dovrebbe essere nipote del ciliegiolo (Toscana) e del calabrese di Montenuovo (Campania) ed avere anche un rapporto di fratellanza con il gaglioppo (Calabria). L’origine, tuttavia, non distragga dalle sue caratteristiche uniche, un vitigno che da vita a rossi fragranti, briosi, dal corpo medio e aggraziato. Il suo nome deriverebbe dalla parola “fruttato”.
Il Calio Frappato 2021 è un vino IGP, rosso, fresco e leggiadro con una quota di tannini gentile. I terreni sono limo-sabbiosi e calcarei, di medio impasto, l’altitudine tra 250 – 600 metri s.l.m., la densità 4.500 ceppi per ettaro. La vendemmia avviene tra l’ultima settimana di settembre e la prima di ottobre. Dopo la pigiatura, il mosto fermenta in tini di acciaio a 18°C con quattro rimontaggi al giorno, poi svolge la malolattica interamente. L’affinamento avviene in vasche di cemento per quattro mesi e altrettanti in bottiglia. In degustazione è un vino moderno, floreale e fruttato. Il colore è rosso rubino brillante. Al naso, viola, fragole e ribes rosso, con una interessante nota fumé. Al palato fresco e succoso, tannino delicato e finale di media persistenza. Accessibile nel prezzo, circa 10 euro se comprato online sul sito della cantina, è in definitiva un vino perfetto per la cucina siciliana, anche per il pesce e le fritture, spesso resa complessa dalle olive e dal gioco agro-dolce di alcuni piatti. Proprio come la caponatina del commissario.