Sicilia en Primeur 2024. La prima tappa del tour denominato “C”, dedicato a Palermo e al centro dell’Isola, ha avuto il suo inizio con una cantina storica del panorama enologico italiano, Duca di Salaparuta, che quest’anno ha tagliato il traguardo dei suoi duecento anni (1824). Il gruppo, che comprende Corvo e Florio, è parte della Illva Saronno Holding, società capofila del gruppo con 32 società in Italia e all’estero, e controllata dalla famiglia Reina.
La nascita di Duca di Salaparuta, inizialmente solo Corvo, è legata alla figura di Giuseppe Alliata di Villafranca, 7º principe di Villafranca e 7º duca di Salaparuta, politico e nobile italiano di spicco del XIX secolo, marito della principessa Agata Valguarnera. Appassionato dello stile francese si impegnò con cura nella vinificazione e nella gestione dei terreni di famiglia presso Casteldaccia. La prima produzione avvenne nel 1824, con Corvo bianco e Corvo rosso. Ma fu del figlio Edoardo – cui si deve la produzione del Prima Goccia nel 1877 – e, soprattutto, del nipote Enrico il merito di avere portato la cantina alla notorietà. Imprenditore illuminato, padre dell’enologia moderna sicula, seppe dare un’impronta internazionale al vino siciliano. Assieme a lui, la figlia Topazia – madre della romanziera e poetessa Dacia Maraini – donna indipendente, fine enologa e artista poliedrica: pittrice, scrittrice e gallerista, condusse, ultima della famiglia, l’azienda dal 1946 al 1961. Nel periodo della sua gestione nacque il Colomba Platino (1959). Proprio nel 1961 cedette l’impresa alla SOFIS (Ente Regionale per lo Sviluppo e Promozione Industriale) che aumentò il volume produttivo, collocando l’azienda nelle posizioni apicali del settore vinicolo. Con l’ausilio della Regione Sicilia, a partire dal 1964 venne incrementata ulteriormente la produzione e, tra il 1984 e il 1987, vennero alla luce due etichette iconiche della cantina, il Duca Enrico e il Bianca di Valguarnera, con l’indispensabile contributo dell’enologo piemontese Franco Giacosa. Nel 2001 il passaggio alla società Illva Saronno Holding.
Se inizialmente (Sofis) non vi erano vigneti di proprietà, sono oggi tre le tenute aziendali. Nelle campagne di Salemi, in provincia di Trapani, si trova Tenuta Risignolo, con un’estensione di 40 ettari, dove i terreni, che sono di tipo misto, tendenti al calcareo-sabbioso o al siliceo – argilloso, hanno giacitura collinare (300-350 metri s.l.m.), ben prestandosi alla coltivazione dell’insolia, del grillo e dello zibibbo. Tenuta Vajasindi, si trova nel comune di Castiglione di Sicilia, nella frazione di Passopisciaro, sull’Etna. I possedimenti di questa zona, coltivati a pinot noir, nerello mascalese e carricante, si prolungano per 21 ettari. I suoli sono di tipo vulcanico, con grande ricchezza di minerali. Gli appezzamenti sono ripartiti in tre terrazzamenti, il primo a circa 700 metri s.l.m., il secondo e il terzo a 620 metri di altitudine. Il terzo, Tenuta Suor Marchesa, è esteso 127 ettari e si trova nell’areale di Riesi (CL), nel centro-sud dell’isola. Le condizioni pedoclimatiche, con terreni calcareo-silicei, favoriscono il nero d’Avola – 90 gli ettari coltivati – da cui nasce il Duca Enrico, il vino che ha inaugurato il successo mondiale di questo vitigno a partire dal 1984. In questi poderi viene anche coltivato vermentino, cabernet franc e sauvignon blanc. In altri possedimenti, frappato, chardonnay e grecanico. La produzione annuale complessiva ammonta a un 1.000.000 di bottiglie.
Per celebrare i duecento anni della cantina, Duca di Salaparuta ha voluto valorizzare il legame con il territorio da cui ha tratto origine la sua lunga storia, creando delle etichette dall’elevato valore artistico. Il restyling è dunque collegato all’arte di alcuni maestri siciliani, ad esempio Renato Guttuso, amico di Topazia Aliata (“Paesaggio dell’Aspra” del 1959 segna la linea “Autentici” dell’azienda), alla fotografia di Mimmo Pintacuda, all’arte del carretto di Emilio Murdolo, maestro dello stesso Guttuso.
La struttura di accoglienza è caratterizzata da ampie e moderne vetrate che danno luce alla sala. Al livello inferiore le vasche di affinamento e la barricaia. Quest’ultima si contraddistingue per il metodo di lavorazione dello “stop and roll” delle botti. La cantina ha al suo interno botti grandi e 917 barrique nuove. I vini contenuti nelle barrique vengono controllati ogni tre mesi per valutarne nell’invecchiamento. La degustazione, condotta da Salvatore Tomasello, enologo della cantina, e Noemi Di Marino, responsabile dell’hospitality, ha attraversato tre vini bianchi e quattro rossi tra cui il Bianca di Valguarnera e il Duca Enrico, e il Triskelè, un altro dei quattro Nero d’Avola in purezza.
VINI DEGUSTATI
BIANCHI
- DOC Sicilia, Autentico Grillo 2023 / Grillo 100%
- DOC Sicilia, Kàdos 2023 / Grillo 100%
- DOC Sicilia, Bianca di Valguarnera 2021 / Insolia 100%
ROSSI
- DOC Sicilia, Autentico Nero d’Avola 2023 / Nero d’Avola 100%
- DOC Sicilia, Passo delle Mule 2022 / Nero d’Avola 100%
- DOC Sicilia, Triskelè 2021 / Nero d’Avola 100%
- DOC Sicilia Duca Enrico 2020 / Nero d’Avola 100%
DOC Sicilia, Duca Enrico 2020
Nero d’Avola 100%
Dedicato a uno dei pilastri autentici dell’enologia siciliana, fa parte della linea icone e nasce dalla vinificazione delle uve derivanti da 4,9 ettari vitati, della Tenuta di Suor Marchesa, collocati tra i 340 e i 350 metri s.l.m., con suoli argillosi con presenza di calcare. La 2020 è stata un’annata con una primavera fresca, un’estate calda e, nel complesso, abbastanza bilanciata. La prima annata fu quella del 1984 grazie al lavoro dell’enologo piemontese Franco Giacosa, che aveva collaborato per più anni con il conterraneo Ezio Rivella, di cui raccolse l’eredità in azienda e che aveva inoltre cooperato con il grande Giacomo Tachis, consulente dell’IRVO. Giacosa, facendo 120 micro-vinificazioni l’anno, per cinque anni, trovò la strada che lo condusse a questo vino unico. Questo vino fa affinamento in barrique di rovere con grana fine di 1°, 2° e 3° passaggio per 12-18 mesi, con le vasche di cemento che assumono un ruolo fondamentale nei passaggi intermedi tra le varie barrique. Il colore è rosso carminio con sfumature violacee. Al naso è complesso e intrigante con interessanti richiami agrumati e note di frutti rossi (dall’amarena alla fragola), di spezie, di vaniglia e cuoio accennato. In bocca è fresco, verticale, avvolgente e intenso, armonico e persistente, con tannini morbidi e vellutati.
Doc Sicilia, Triskelè 2021
Nero d’Avola 100%
Colpisce l’etichetta di Triskelè che si colora dei tratti vividi di Emilio Murdolo. Artista potente, maestro di Renato Guttuso che nella sua bottega si affacciò alla pittura, ha dedicato all’Arte del Carretto Siciliano la vita e l’intera sua opera pittorica. Una grande tradizione della cultura illustrativa che, grazie alla sua estrema modernità, ancora oggi affascina e a cui Duca di Salaparuta ha reso omaggio, scegliendo l’opera Villa Valguarnera per la nuova etichetta. Il territorio è quello della Tenuta di Suor Marchesa, nei comuni di Riesi e Butera. La raccolta manuale è avvenuta dal 30 settembre al 2 ottobre. Al termine della fermentazione il vino resta in contatto con le bucce per ancora una settimana; dopo la svinatura si attende in vasca di cemento la fermentazione malolattica per poi iniziare l’affinamento in barrique di rovere con grana fine, elegantemente tostate, nuove e di secondo passaggio per un periodo dai 10 ai 12 mesi. Il vino affina poi in bottiglia per almeno un anno prima della commercializzazione. Il colore è rosso profondo con riflessi violacei. Al naso amarena intrecciata ad aromi balsamici e ad una speziatura delicata. Foglia di tabacco. In bocca è caldo, i tannini hanno un’adeguata integrazione e crescono d’intensità. Finale generoso.
di Gianmaria Tesei
Ristoranti in zona
Non distanti dalla cantina di Casteldaccia segnaliamo due piacevoli ristoranti, la Strummula dell’hotel Il Borgo di Ciaula e il Faro Verde da Benito, entrambi a Porticello.
Il primo è un ambizioso locale nella categoria fine dining. Il nome è una dedica al celebre piatto dello chef Santino Corso “La strummula” (trottola), un unico spaghetto avvolto a forma di, appunto, trottola. I piatti traggono ispirazione dalle tradizioni marinare della borgata: il pesce è acquistato direttamente dai pescatori locali così come le verdure provengono dagli orti dei giardini vicini. Tra i piatti, il Mare nell’Orto, dei molluschi e crostacei cotti e crudi con foglia d’ostrica, soffice allo zafferano delle tenute Calleja di Aragona e finger lime, oppure la Minestrina d’Aragosta, dei tagliolini spezzati di pasta fresca, aragosta, ceci neri di Leonforte e filanger di verdure.
Anche il Faro Verde dei fratelli Maurizio, Marcello e Francesco Balistreri, fa del mare un punto di forza. Splendida la terrazza con vista sul golfo dove è possibile godere della vista e del rumore delle onde. La cucina è tradizionale. Gli antipasti sono irrinunciabili, gamberi marinati, tartare di pesce, ostriche e tante crudità. Poi, spaghetti ai ricci, risotto ai frutti di mare, spaghetti con cozze e pomodoro e basilico. Chiedere della pasta fresca ripiena (tortelli, agnolotti, etc.). Per il pesce, va valutato il pescato del giorno, cotto secondo gli usi. Carta vini interessante, con bianchi, rossi e qualche Champagne intrigante.
FP