“Vasi antichi, vini moderni” è il titolo dell’articolo di Kerin O’Keefe, corrispondente per l’Italia del magazine statunitense Wine Enthusiast, sul numero di settembre 2016. Interessante la riflessione storica di partenza: le anfore – o anche “orci” e “giare” – erano utilizzate in Italia per la produzione e per la conservazione del vino da millenni. Il loro recupero oggi sembra offrire un nuovo, anzi antico, modo di assaggiare questa bevanda. Senza entrare nei dettagli, la Keefe prende come riferimenti di confronto Josko Gravner, friulano e pioniere di questo metodo, COS di Giusto Occhipinti e Giambattista Cilia a Ragusa, Elisabetta Foradori in Trentino, e Fontodi in Toscana con Giovanni Manetti.
Tutti e quattro hanno adottato un regime biologico o biodinamico per la coltivazione del vigneto.
Massimo il punteggio ottenuto dalla azienda ragusana: 95 punti con il Doc Vittoria, Pithos Rosso 2014; e 89 punti con il Pithos Bianco 2014. I vini di COS, inoltre, sono risultati essere quelli con il prezzo più vantaggioso, in taluni casi un quarto del prezzo rispetto ai concorrenti a pari punteggio, che – come detto – è quello più alto.