Abbazia San Giorgio, un angolo di “naturali” a Pantelleria

 

Pantelleria, un cono perso nel mare tra Sicilia e Africa. Coltivare qui è un mix tra sopravvivenza, arte, sfida. Le difficoltà stimolano la creatività, spronano a dare – come per un centometrista – il massimo in pochi metri. Tra le attività più faticose, tanto da essere definita “eroica”, la viticoltura è quella mediaticamente più conosciuta e forse la meno compresa. La lotta contro le avversità della natura e l’averne al contempo un sacrale rispetto è un mistero che trova ogni anno il suo culmine nel rito della vendemmia e dell’appassimento.

Ci sono dei celebranti che, pur non sapendo di esserlo, sono l’incarnazione di quanto appena affermato. Uno di questi è Battista Belvisi, coltivatore, viticoltore, cantiniere ed enologo. L’altro, Beppe Fontana, bongustaio itinerante, glamour chef e, per quello che mi riguarda, un attore dal talento naturale. Diviso tra vari ristoranti siciliani (ricorderei Villa Giuditta, 091, Raya, NoName e Sesiventi; da Dicembre 2016 si trasferirà da Joshua, un locale a Torretta, poco fuori Palermo), l’ultima proprio sull’isola, Beppe mantiene sempre un occhio proprio su Pantelleria – una sua antica passione – nella quale incrocia Battista, a lui già noto per vini fortemente identitari e prodotti anarchicamente secondo il non-schema dei vini cosiddetti “naturali”. Oltre la simpatia reciproca con una medesima visione del vino pantesco, l’idea di combinare lavoro e competenze in un unico progetto ha una lunga gestazione, circa sette anni. Confluirà nel 2016 nella creazione di una piccolissima realtà chiamata Abbazia San Giorgio, i cui vigneti, tre e ettari e mezzo situati a Khamma si trovano nella parte sud orientale dell’isola. Spezzettati in minuscoli corpi, a circa 300 mt. sul livello del mare con età media di 60 anni, sono allevati a zibibbo per i due terzi della superficie, mentre la restante parte è coltivata a pignatello, qui conosciuto con in nome di “nostrale”, carignano e nerello mascalese. Le viti sono allevate ad alberello, con il tipico sistema pantesco, quello recentemente riconosciuto dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. La resa è ridicola, 30 quintali per ettaro.

Tutto ciò premesso, nel 2015 Battista e Beppe producono 1.000 bottiglie di Passito di Pantelleria, 2.000 bottiglie di uno Zibibbo secco e 1.000 bottiglie rosso, buona parte di queste già razziate sull’isola.
C’è una particolarità. Come avevamo prima accennato, la cantina produce vini naturali: conduzione in biologico con uso di tecniche biodinamiche. La lotta alle piante infestanti ed ai parassiti è condotta con mezzi agronomici, senza antiparassitari, crittogamici né altro tipo di prodotto chimico. Non si effettuano concimazioni di alcun tipo, non con concimi chimici e nemmeno organici. A fine inverno si interrano le erbe spontanee. In cantina, la fermentazione si avvia da sola ad opera dei lieviti indigeni.

I vini
L’Orange 2015 è uno Zibibbo secco lavorato in acciaio e affinato in botti di castagno per 6 mesi. Il colore è giallo carico tendente all’oro-arancio. Il naso è potente, esplosivo, sontuoso, barocco in ogni sua voluta. Tipico dei Moscati del Sud, evidenzia agrumi canditi, erbe mediterranee con note floreali e di frutta tropicale. Un ventaglio aromatico semplicemente incredibile, unito a note asciutte che lasciano intravedere lo stile dichiarato in etichetta. In bocca è fresco, agile, snello, taglia per velocità e nettezza delle percezioni gustative. Splendida e solare la sapidità. Il finale è leggermente amarognolo e per questo elegantissimo. La PAI, in gergo tecnico “persistenza aromatica intensa”, il tempo medio nel quale le sensazioni del vino permangono sulle papille gustative e al naso, è interminabile.

Decisamente più austero e crudo il Rosso dei Sesi 2015. Il nome è ispirato alla civiltà dei sesioti, una popolazione che abitò l’isola duemila anni prima di Cristo e che si stabilì sull’isola per lavorare l’ossidiana. Ottenuto da uve Pignatello e Carignano raccolte in un micro appezzamento di mezzo ettaro, è prodotto in sole 1.000 bottiglie. La macerazione-fermentazione si protrae per oltre 10 giorni, senza alcuna correzione o aggiunta di altre sostanze. La decantazione avviene naturalmente. Nessuna filtrazione. Emerge immediatamente la vena cruda e acida del vino, retta da un tannino misurato e modellato attorno al corpo del vino. Piccoli frutti rossi, quali amarene e susine rosse, condividono gli stessi spazi olfattivi con sentori di macchia mediterranea ed erbe officinali.

Infine, il Passito di Pantelleria, Magico 2014, anche questo vino è prodotto in sole 1.000 bottiglie, su una estensione di un ettaro totale di superficie disponibile. La lavorazione inizia la seconda metà di agosto, i grappoli – recisi dopo una prima selezione sul campo – vengono portati negli stenditoi e stesi al sole. Dopo circa 8 giorni i grappoli si rigirano e trascorsi ancora altri 8-10 giorni circa, poi, appassite, insieme a quelle fresche vengono diraspate e pigiate. La fermentazione si protrae per oltre un mese. L’affinamento prosegue in acciaio dove il passito sosta per circa 12 mesi, quindi il vino viene messo nelle barrique per altri sei mesi. Lo zucchero residuo si attesta sui 120 gr./lt. circa. Il colore è giallo dorato intenso, al naso fichi secchi, confettura di albicocche e miele d’acacia. In bocca è caldo, armonico, mai stucchevole. Stupisce perché riesce a bilanciare dolcezza con sapidità e acidità, in un continuo gioco di rimandi. E’ un Passito teso e fragrante, agile, diverso rispetto alle più comuni etichette pantesche.

Un ultima cosa. Sull’isola non ci sono abbazie San Giorgio. Ma questa è un’altra storia che varrebbe la pena di raccontare…

 

 

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