Aeolian Report 2016 / Panarea – Raya e il mito

 

Panarea, bellisima tra le sette sorelle. Mare azzurro, trasparente. Giardini colorati che diffondono un delicato profumo di gelsomino. Stradine bianche si inerpicano su per la collina, là dove il panorama toglie il fiato. Niente trucchi o artifizi. Panarea è bella cosi, acqua e sapone. Non le servono locali alla moda e yatchs milionari. Niente Briatore, Cavalli, Beyoncé, Jay-z. Le uniche stelle che rischiarano la notte silenziosa  devono essere quelle che brillano nel cielo.

Iniziamo così, con un affettuoso rimprovero a Panarea, l’Aeolian Report 2016 di Wineinsicily.com. Abbiamo trascorso alcuni giorni tra Panarea, Salina,Vulcano, Lipari e vogliamo condividere con voi le nostre impressioni.


 

Il Raya e il mito

Panarea, la più glamour, la più internazionale dell’arcipelago eoliano. E’ l’isola in cui si gira a piedi scalzi e ci si veste di sete dalle fantasie orientali, dove non senti quasi parlare siciliano, che dico? Italiano!

E’ stata la prima dell’arcipelago ad essere scoperta, grazie al cinema, da un nutrito gruppo della Milano da bere alla ricerca di una bellezza selvaggia, pura, incontaminata. Erano gli anni 50 e le Eolie erano un pugno di isole sperdute nel mediterraneo dove si viveva una vita antica. Si lavorava Ia terra e ci si affidava al mare per sfamare le famiglia.

I figli e i nipoti di quei pescatori oggi invece escono in barca quasi solo per far fare ai turisti il giro dell’isola, alla scoperta delle spiagge e delle grotte dove l’acqua è più cristallina.

Li trovo lì, al porto, appena sbarcata dall’aliscafo che in poco più di due ore mi ha trasportata dalla caotica e rovente Milazzo in quest’angolo di paradiso.

Mi aspetta la mia buggy car elettrica, l’unico mezzo che, non senza pericolo, riesce a circolare per le strette e tortuose stradine dell’abitato, un pugno di case bianche abbellite dal viola acceso delle buganvillee.

Trascorrerò la prima notte al Raya, un hotel diffuso sulla cui proprietà e nascita potremmo scrivere pagine e pagine. Erano gli anni della dolce vita quando Myriam Beltrami e Paolo Tilche si innamorano di questa piccola isola e la elessero a loro nido d’amore. Trascorsero due anni interi senza mettere piede sulla terra ferma, raggiunti nei mesi estivi da parenti e amici. Si creò così una piccola, sofisticata comunità di habitué, ospiti della coppia. Ogni anno nuovi amici si aggiungevano a questa sorta di comune hippy del mediterraneo, tanto da spingere Miriam e Paolo ad acquistare diverse proprietà sparse per il borgo.

Nacque così negli anni 60 il Raya, che divenne presto un hotel cult, meta del bel mondo, di ricchi industriali e stranieri alla ricerca di un atmosfera raffinata ma informale. Una vocazione quella al lusso senza fronzoli che si percepisce ancora oggi, a tanti anni di distanza.

La struttura, è suddivisa in tre corpi tra Raya basso e Raya alto e Raya Peppe Maria, la area “servizi” protesa sul mare.

È Sebastian la mia guida in questo fascinoso labirinto, tra terrazze, scorci pittoreschi ed archi bianchi che incorniciano panorami mozzafiato.

Raggiungiamo il Raya alto. Il complesso ospita 30 camere affacciate sul mare e un piccolo bar dove al mattino gli ospiti posso godersi una ricca colazione contemplando lo scoglio di Dattilo e l’isola di Stromboli. Ci si sposta poi nella bellissima piscina a sfioro. Potrete rilassarvi nella vasca geotermica o nella grande jacuzzi. Il Raya basso invece ospita 12 camere, compresa la mia.

Spaziosa ed arredata con gusto ricercato, per nulla scontata coi suoi mobili etnici e gli arazzi colorati alle pareti. Mi sento subito coccolata, una vestaglia di seta e delle babbucce di paglia intrecciata mi trasportano in un dimensioni di completo relax. La vista che si gode dal terrazzo, poi, fa il resto.

Al piano terra si trova invece la boutique, dove tra abiti sofisticati dalle fantasie etniche potrete dare sfogo alla vostra voglia di shopping. Io l’ho fatto!

Scendendo ancora si raggiunge invece il Raya Beppe e Maria, che deve il nome ad una cappelletta dedicata alla Madonna.

Qui si trova ristorante, la brigata è guidata dallo chef Giovanni Oteri. Mi parla di territorialità della cucina e stagionalità dei prodotti, che fatico a trovare nell’antipasto, ma che emerge nello scorfano profumato ai capperi e al pomodoro, qui ritrovo finalmente i sapori eoliani.

Ampia carta dei vini con molte proposte siciliane, le più richieste dalla clientela. Nel complesso ne risulta una cucina di compromesso: i sapori autentici della cucina siciliana vanno incontro ai gusti della clientela internazionale.

Senza dubbio però cenare a lume di candela nella splendida terrazza in riva al mare val bene la spesa.

Un capitolo a parte merita invece “l’aperitivo experience” di cui vi racconteremo prestissimo!

(To be continued…)

 

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