Etna Days, il modello dei Climats du vignoble de Bourgogne si adatta al vulcano?

 

Terroir, Clos, Premier Cru, Grand Cru, Climat, parole di origine francese molto note e utilizzate da chi è a contatto con il vino per motivi professionali, sono la consistente e diretta espressione di un “modello” che rappresenta oggi un caso di successo planetario. Tra gli esempi più eclatanti, la regione storica della Borgogna, i cui Climats sono stati iscritti nel 2015 nella prestigiosa Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. In sintesi, sin dall’Alto Medioevo le istituzioni locali rappresentate degli ordini monastici benedettini e cistercensi e dai duchi di Valois, hanno spinto con decisione verso l’identificazione tra i vini, vitigni e vigneti, dando vita ad uno straordinario sistema di parcellizzazione/zonazione con conseguente crescita di valore delle parcelle e dei suoi prodotti.

Fatta questa premessa, ecco la domanda: il “modello Borgogna”, potrebbe adattarsi all’Etna?

Il quesito è stato proposto a giornalisti e produttori durante la terza edizione di Etna days, un evento promosso dal Consorzio Tutela Vini Etna DOC svoltosi a Castiglione di Sicilia. Il modello è stato illustrato giovedì 12 settembre durante il convegno di apertura “Dall’Etna al vigneto Italia. Il futuro del vino sui mercati internazionali”, da Bertrand Gauvrit, direttore dell’Association des Climats du vignoble de Bourgogne.

L’esposizione di Gauvrit, tesa a tracciare la definizione di Climat, ha toccato aspetti storici lunga vari secoli e iniziata nel periodo gallo-romano del I e II secolo d.C., toccando la rinascita della viticoltura operata dai monaci di Cîteaux e Cluny. Al lavoro dei monaci si devono non solo i vigneti del Mâconnais, dello Chalonnais e della Côte-d’Or, ma anche la nascita del Clos, un vigneto circondato da muretti sinonimo di marchio di qualità. Il concetto generico, “agricolo” di Climat subì una progressiva trasformazione sino a diventare nel XVI secolo un termine per identificare un vigneto (documenti a Chablis) associato al concetto di qualità. Nella seconda metà del XIX secolo, la notorietà di alcuni climat era tale che diversi comuni ottennero associare il loro nome a quello di un loro climat, ad esempio Gevrey con Chambertin, Chambolle con Musigny, Vosne con Romanée, Puligny e Chassagne con Montrachet.

L’ultima tappa dell’iscrizione al registro dei Patrimonio UNESCO è l’esaltazione massima di concetti di protezione e valorizzazione. Il Climat è oggi un patrimonio culturale frutto del lavoro dei viticoltori e delle comunità ad esso legate, che danno vita ad una precisa identità. Il Climat è un paesaggio culturale vivente, in continua evoluzione, in cui è fondamentale la sinergia dinamica tra terra, uomo e pianta. In numeri, in Borgogna sono classificati 1.463 i Climat distribuiti in 60 km e 40 borghi del vino, di cui 1.247 nella sola Côte-d’Or; 30 le appellazioni AOC inserite in un mosaico paesaggistico delimitato da muretti e da altri elementi propri di un contesto unico. Ad essere iscritti nel registro non sono solo il know-how o le cantine, ma anche gli edifici storici, la cultura sociale fatta anche di tradizioni, feste e celebrazioni. Una componente fondamentale dell’Association des Climat è anche l’esaltazione della cultura tecnica e scientifica, attraverso collaborazioni con le università. Lo slogan dell’Association è: “proteggere, far vivere e trasmettere la visione”. Quest’ultimo punto, ossia il trasferimento alle generazioni future dei valori dei Climat, è una delle missioni più importanti dell’Association, che ha sviluppato ben 222 progetti in cinque anni. È dotata di un comitato scientifico di 23 eminenti personalità. Lo stato francese e i mecenati hanno un ruolo fondamentale nel sostegno economico e politico – senza influenza da parte delle varie fazioni – delle iniziative dell’Association, che si occupa anche di tutela ambientale e dell’assetto urbanistico delle realtà locali, dell’impatto del cambiamento climatico e dell’azione delle attività umane sul territorio, nonché della promozione dell’adozione di energie rinnovabili. Tra i progetti, alcuni hanno carattere pedagogico e mirano a creare una corretta cultura del vino tra i giovani, senza escludere i minorenni. Nel 2025 sarà celebrato il decimo anniversario dell’iscrizione nel registro UNESCO.

In una prospettiva futura di approfondimento del concetto di territorio e di una più che probabile DOCG, legata a singole parcelle e/o contrade, che nelle ultime decadi hanno dimostrato caratteristiche di qualità e di personalità dei prodotti, maggiormente se in funzione del vitigno e del tipo di lavorazione, il metodo Borgogna sembra quindi rappresentare un percorso interessante ed auspicabile, con gli opportuni adeguamenti alla realtà etnea.

Etna Days
L’evento di Etna Days, svoltosi tra il 12 e il 15 settembre presso il Picciolo Etna Golf Resort di Castiglione di Sicilia (Ct), è promosso da Consorzio di Tutela Etna DOC, presieduto da Francesco Cambria e diretto da Maurizio Lunetta. Al convegno “Dall’Etna al vigneto Italia. Il futuro del vino sui mercati internazionali” sono intervenuti Luigi Moio, presidente dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino OIV; Carlo Flamini, responsabile dell’Osservatorio di Unione Italiana Vini; Bertrand Gauvrit, direttore dell’Association des Climats du vignoble de Bourgogne.

di Gianmaria Tesei / Francesco Pensovecchio


 

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