Alla tavola di Francesco Patti e Domenico Colonnetta i vini Sallemi

 

Che giri fanno due vite a Caltagirone! Patti e Domenico Colonnetta, chef con ristorante stellato nel centro storico cittadino in prossimità della famosa scalinata di Santa Maria del Monte, accolgono ospiti dal 2008 presso Coria.

Ispirato all’iconico Colonnello Giuseppe Coria, paladino della cucina tradizionale siciliana, autore della raccolta di ricette Profumi di Sicilia e, non in ultimo, padre di un finissimo e iconico Perpetuo, è l’idea che Patti e Colonnetta coltivano tra i fornelli di Ciccio Sultano. Intrapreso il proprio percorso, il locale apre nel 2008. E’ ambizioso, creativo, con particolare attenzione a pasta, pane, dolci e conserve, di loro produzione. E la notorietà arriva con la Stella Michelin nel 2012.

Da allora, alla tavola del ristorante cibo e vino si intrecciano con nuove combinazioni. E’ il caso dei vini di Giovanni Sallemi, produttore presso Granieri, tra Caltagirone e Vittoria, che ha il sogno romantico del vino e la tecnica che unisce passato e presente. Il menù pensato per i vini, ça va sans dire, ha seguito la stagionalità dell’Isola. Eccolo:

La tartelletta con ragusano, fichi, melagrana, chips con alici marinate e maionese di erba cipollina, il pane fritto con peperone e caprino, lo sfincione palermitano e la focaccia alla messinese ripercorrono la Sicilia da est ad ovest passando per l’entroterra. Il baccalà cotto in latte di canapa, chips con lime, carciofo e topinambur, il crudo di sgombro, lattuga e alga di mare, sono piatti a firma dei due chef che confermano che la cucina siciliana è in grado di aprirsi a diverse suggestioni senza mai tradire la sua identità. C’è profumo di memoria nel cannellone con broccoli arriminati, mollica atturrata, rapa rossa, pinoli, il maialino al ribes, cotechino con verza.

Lievitati home made con grani antichi siciliani e gelato al latte di bufala, mantecato all’olio di oliva, chips di pane affumicato, pomodoro candito, chiudono un menù che è sintesi di una Sicilia culinaria che fa il paio con la sua storia.

“La continua ricerca di ingredienti di qualità e il legame con il territorio ci hanno consentito di evolverci rimanendo fedeli alle nostre idee-commenta Francesco Patti. Oggi la cucina siciliana sta ritornando alle sue radici, dopo una fase estrema di superamento dei confini con ingredienti che non appartenevano alla nostra tradizione”.

Giovanni Sallemi, il neurologo con il pallino della vite
Sono profonde le radici della memoria di Giovanni Sallemi, medico neurologo di Caltagirone che non ha mai abbandonato il suo sogno di bambino: continuare a coltivare i vigneti del nonno.
Siamo a Granieri, frazione di Caltagirone, a 350 metri dal mare. Baciato dal sole ed esposto a Mezzogiorno, adagiato su una collina, il terreno argilloso e sabbioso ospita i vigneti impiantati dal nonno negli anni Settanta. Calaulisi, Frappato, Rossuniuri e Turribiancu, furono le prime varietà.
Con il primo imbottigliamento nel 2015, Giovanni Sallemi corona definitivamente il suo sogno di produrre vini, fino ad arrivare alla recente certificazione biologica.
La memoria ritorna sempre a quel bambino che pestava l’uva nel palmento del nonno e manovrava il torchio a vite. “Il processo produttivo-sottolinea Giovanni- è figlio del passato ma incontra il presente in una innovazione che rispetta la natura e l’ambiente senza essere mai invasiva”.
Ovvero utilizzo di soli prodotti naturali (zolfo, rame, concime ovino); raccolta manuale; diraspatura; macerazione in vasca di cemento per circa 36 ore, con soli lieviti indigeni delle uve, breve macerazione degli acini, affinamento per 2-3 anni in vecchie botti di rovere da 70hl o in vasche d’acciaio, quest’ultima rappresenta una importante innovazione per l’azienda. Dieci etichette per dieci vini che parlano di territorio: Rosato di Nero d’Avola, Nero D’avola (annate 2015, 2017, 2018, 2020, 2021) e i vini delle etichette “Sabbie Rosse”, “Terre di Conventazzo”, “Russu” ottenuti dalla antica tradizione di vinificazione del nero d’Avola tramandata da generazioni: moderato contatto dell’uva con il mosto che fermenta per circa 36 ore in vasca di cemento, seguito da spremitura soffice con torchio a vite manuale, processo che garantisce il rispetto di profumi, sapori e aromi originari. “Vini legati al territorio e alla terra dalla quale nascono, i cui profumi diventano piena espressione del vitigno e dei suoli”- conclude Sallemi.

Liliana Rosano


Scritto da