Nel corso dei lavori di restauro al primo piano nobile di Palazzo Butera, i dieci ritratti di città che si conservano nei sopraporta del salone di ingresso – tra cui Barrafranca – si sono rivelati di una qualità inaspettata. La mostra di Francesca Massimo Valsecchi presenta la serie completa per la prima volta al pubblico. Dal 10 novembre 2018 è quindi possibile ammirare i dipinti da vicino e confrontare la rappresentazione storica con la realtà odierna di queste città siciliane. Coordina e conduce le visite il dott. Claudio Gulli.
Le città rappresentate nei sopraporta sono dieci: Mazzarino, Santa Lucia, Pietraperzia, Niscemi, Barrafranca, Grammichele, Butera, Raccuia, Militello e Scordia.
I Braciforti
Nel corso dei secoli, i Branciforti (o Branciforte) hanno governato uno sterminato territorio, che si estendeva in maggior parte in diverse province siciliane, fra cui Caltanissetta, Enna, Messina e Catania. A partire dal 1760, il palazzo Butera di Palermo, ampliato nella sua configurazione attuale da Ercole Michele e Salvatore Branciforti, è stato il centro del potere da cui questi territori venivano amministrati. Detentori del “mero e misto imperio” – che implicava i poteri di vita e di morte sui vassalli – i Branciforti spesso non avevano pieno controllo della situazione. Già dall’inizio del Seicento, fronteggiano una situazione patrimoniale segnata dai debiti.
Palazzo Butera
Nel 2016, Palazzo Butera è stato acquistato da Francesca e Massimo Valsecchi, che hanno interamente finanziato il progetto di restauro in corso. Al termine del restauro, il palazzo diventerà un laboratorio aperto alla città, che utilizzerà la storia, la cultura, la scienza e l’arte come catalizzatori di sviluppo sociale. Come il progetto di Palazzo Butera riapre alla città uno spazio da sempre ritenuto inaccessibile e privato, così il programma di ricerca sulle Città del Principe intende rivisitare in chiave contemporanea il legame storico fra Palermo e il territorio siciliano.
Palazzo Butera ha aperto al pubblico il 17 giugno 2018 e molti spazi sono già visitabili, come l’archivio, la sala della radice, due saloni al piano nobile, le terrazze e il torrino. I dipinti delle Città del principe sono esposti a partire da inizio ottobre in una galleria del piano terra, dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 20. È quindi già possibile vedere il lavoro di restauro che ha riscoperto le cornici in foglia di argento e apprezzare la serie completa dei dipinti.
In più, studenti dell’Università e dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, coordinati dal gruppo di lavoro di Palazzo Butera, potranno approfondire percorsi di ricerca sulle città e sul territorio e presenteranno al pubblico le loro ricerche durante tutti i fine settimana da novembre a marzo. Dalle 10 alle 20, il sabato e la domenica, davanti ai dipinti, si parlerà quindi di una città siciliana, attraverso la lente della storia, dell’arte e della cultura.
Barrafranca
5-6 / 12-13 Gennaio 2019
Il comune di Barrafranca sorge su un territorio collinare in provincia di Enna, nel centro sud siciliano. Confina con Pietraperzia, Piazza Armerina e Mazzarino e deve probabilmente il suo nome ad una concessione del 1629, che esentava dal pagamento delle tasse doganali chi si trovasse ad attraversare il paese. Il primo nucleo abitato del territorio risale in realtà all’epoca bizantina, come è emerso dal ritrovamento di numerose testimonianze durante i lavori di demolizione dell’antica Chiesa Madre e della Chiesa del Purgatorio. Negli stessi anni, oltre al conformarsi dei principali quartieri, si attesta anche una prima costruzione della torre di Barrafranca, di cui non abbiamo traccia nel dipinto ma che sopravvive, secondo le fonti, almeno fino al Settecento sotto forma di ruderi. La torre, fortificata e a cinque piani, era garanzia di difesa. Intorno si estendeva la superficie abitata del piccolo centro, sviluppatosi in una particolare struttura “alla rovescia”, da sud verso ovest e poi verso nord, contrariamente ad altri territori, i quali – come si nota dal raffronto con le altre Città del Principe – sorgevano alle pendici delle rocche che dominavano i prospetti urbani dall’alto. Ricostruita in epoca sveva, la struttura di difesa vide nascere nelle sue vicinanze anche un castello baronale per volere della famiglia Barresi, nel Cinquecento. Attestazioni della sopravvivenza dell’edificio si trovano in Vito Amico, nel Lexicon Topographicum siculum del 1757, in cui si legge che i resti nelle vicinanze della Chiesa Madre erano ancora visibili nella piazza Batìa. Nel 1779 alcuni locali della torre vennero riadattati a prigione per volontà del principe Salvatore Branciforti e Branciforti, lo stesso committente del Palazzo Butera a Palermo. Dalle scarse persistenze sul lato ovest, visibili ancora oggi, si può supporre che il complesso fosse di forma poligonale. Nei primi documenti che la ricordano, Barrafranca risulta menzionata col nome di Convicino. L’antica attestazione è da ascriversi forse ai movimenti migratori degli abitanti dalle zone limitrofe, i con-vicini appunto, i quali costituirono un fenomeno crescente nell’XI secolo con lo spopolamento delle campagne, divenute insicure, e l’incremento delle abitazioni intorno alla zona della torre. Il dominio bizantino durò tre secoli, fino all’arrivo degli arabi, di cui restano però poche testimonianze sul territorio. Con l’arrivo dei Normanni in Sicilia, intorno all’anno Mille, molte città dell’interno divennero residenza di gruppi al seguito della corte. A Barrafranca si stabilì una comunità giunta insieme a Ruggero I, il cui insediamento avrebbe favorito la cristianizzazione del territorio, con la conseguente costruzione di chiese, tra le quali probabilmente quella di San Sebastiano, trasformata poi nel 1725 in Chiesa Madre. Resterà forte l’influenza dei monaci benedettini, giunti nel VI secolo e presenti fino al Duecento. Dopo la dominazione Sveva, quella Angioina fu fortemente contestata dagli abitanti di Barrafranca. La cittadina partecipò alla ribellione contro i francesi e divenne proprietà di Federico II d’Aragona. Da qui in poi sarà oggetto di contese tra i feudatari. Nel 1526 Carlo V eleva Barrafranca e Pietraperzia al rango di “Terra Feudale”, emancipandole dalla giurisdizione di Piazza Armerina e concedendo a Matteo III Barresi, signore dei feudi, facoltà di intraprendere lavori pubblici che adeguassero il borgo alla nuova configurazione. Inizia così una fase di sviluppo ed espansione verso ovest che nasce ancora una volta dal castello –poi villa deputata ai traffici commerciali– alla cui corte confluiscono teologi e umanisti, come lo spagnolo Lucio Cristoforo Escobar, autore di un vocabolario trilingue spagnolo/latino/siciliano e di un opuscolo dedicato a Matteo Barresi, e che prosegue nel territorio con lo scavo e la costruzione di miniere. Si verifica in questi anni anche un nuovo movimento migratorio, forte traino all’incremento demografico della cittadina, dovuto all’abbandono delle coste in favore dell’entroterra e ai trasferimenti che seguivano la corte di Pietraperzia. Dal vicino centro Barrafranca dipenderà di fatto fino al 1845, anno in cui i Borbone concederanno nuove porzioni di territorio da annettere al nucleo originario del comune. Spazio che è ben definito nel dipinto e che si dirama dalla piazza principale, comprendente numerosi edifici ecclesiastici e la magione di “Sua Eccellenza Padrone”, oggi non più esistente. Resta invece a testimonianza di quegli anni la parrocchia di Santa Maria della Stella.
Altro elemento peculiare riscontrabile nella rappresentazione l’assetto viario: piccole strade congiungevano la campagna al paese, vie di comunicazione fondamentali data la vocazione prevalentemente agricola del centro, con contrade fertili coltivate a vigneti, uliveti, e orti impiantati nel Settecento proprio sotto il governo dei Branciforti, legati da secoli attraverso politiche matrimoniali alla famiglia Barresi e possessori insieme a loro dei feudi. Le arterie maggiori conducevano invece a Piazza Armerina e a Castrogiovanni, oggi Enna. Strade presenti sin dall’epoca romana e rese carrozzabili dai Borbone nel Settecento. Negli anni successivi si conducono lavori di risistemazione ed è soprattutto la vita politica ad interessare il feudo. Nel corso del Seicento nuove chiese vengono commissionate e i prospetti esistenti abbelliti, il paese continua ad espandersi finché anche Barrafranca, come numerosi altri centri siciliani, viene concessa in affitto dietro pagamento di una forte gabella, ed entra nell’orbita di Vincenzo Miccichè, signore locale cui viene ceduta nel 1626. Il secolo si conclude col terremoto del 1693 che colpisce anche l’ennese. Tra Sette e Ottocento la provincia è protagonista dei tumulti popolari: quelli arrivati sulla scorta della Rivoluzione Francese prima, e dei moti degli anni Venti poi, sotto lo sguardo di Ercole Michele Branciforti, principe di Butera e Marchese di Barrafranca, che muore nel 1814. Così anche negli anni successivi, i cittadini barresi aderiscono alla carboneria e partecipano attivamente al susseguirsi degli avvenimenti, fino allo sbarco dei Mille, col passaggio delle truppe garibaldine da Barrafranca e l’adesione di numerosi abitanti alla spedizione.
Noemi Di Franco
Menù tematico: Le città del Principe – Barrafranca
Muffuletta con ricotta
Si deve a Federico II di Svevia la nordica focaccia “muffin” in Sicilia. A Barrafranca, sempre presente nella tradizione, viene consumata per le feste di dicembre.
Pasta siringata
Pare siano stati i portoghesi a importare nella penisola iberica la tradizione della pasta fritta “Youzagwei” direttamente dalla dinastia Ming. Durante la dominazione spagnola il “Churros” arriva in Sicilia per divenire un dolce tipico della tradizione Barrese.
Prossimi appuntamenti:
5-6 / 12-13 Gennaio 2019 Barrafranca
19-20 / 26-27 Gennaio 2019 Raccuia
2-3 / 9-10 Febbraio 2019 Grammichele
16-17 / 23-24 Febbraio 2019 Santa Lucia (Mascalucia)
2-3 / 9-10 Marzo 2019 Scordia
16-17 / 23-24 Marzo 2019 Militello
Città già presentate:
10-11 / 17-18 Novembre 2018 Mazzarino
24-25 Novembre / 1-2 Dicembre 2018 Pietraperzia
8-9 / 15-16 Dicembre 2018 Butera
22-23 / 29-30 Dicembre 2018 Niscemi
Palazzo Butera
Via Butera, 18 – Palermo
Orari di apertura
Da martedì a domenica, 10.00 a.m. – 8.00 p.m.
https://palazzobutera.it
Biglietti
Piano terra e gruppi scolastici: 2,50 €
Piano terra, sottotetti e torrino: 5 €
Piano nobile, piano terra, sottotetti e torrino: 7,50 €
Minori di 18 anni: gratuito
Le Cattive – Caffè, vino, cucina
lecattive.it
tel. 091.7521754
Le Cattive – Caffè, Vino & Cucina è una locanda, uno spazio polifunzionale, un progetto della famiglia Tasca d’Almerita con l’intenzione di accompagnare la visione della fondazione Valsecchi, che ha avviato una titanica opera di recupero e di restauro di Palazzo Butera. E’ un luogo dove bere un bicchiere di vino, per scoprire una selezione di vitigni rappresentativi del territorio. Una locanda dove fermarsi dalla colazione alla cena, che possa inoltre diventare un punto di riferimento per un calendario di attività culturali, dagli incontri alle presentazioni di libri. Sono molti i valori condivisi da Massimo Valsecchi e da Alberto Tasca d’Almerita che hanno creato i presupposti per la collaborazione a Palazzo Butera. Questi valori da sempre permeano la storia e le buone pratiche agricole, vitivinicole e culturali del mondo Tasca. Al centro di tutto c’è l’amore per il bello, le cose fatte bene e il fare del bene, che per i Tasca trova la sua più alta espressione nei progetti di “cura” del territorio, dalla sostenibilità con il progetto SOStain/VIVA al coinvolgimento attivo della città grazie alla rassegna “Cogito, un aperitivo per la mente”.