Henri Cartier-Bresson, fotografo francese tra i più grandi (1908 – 2004), diceva che “fare una fotografia vuol dire allineare la testa, l’occhio e il cuore”. Una fotografia ben realizzata cattura l’intensità di un momento, accentua l’attenzione dello spettatore e, nel caso del vino, è capace di mostrare – in un brevissimo istante – luoghi, natura, ambientazioni, emozioni di chi lo sta degustando.
In un’era dove molto, per non dire tutto, è “visuale”, dove social come Instagram o Facebook utilizzano le immagini come sorgente di informazione privilegiata, la qualità delle immagini è la discriminante del successo. L’improvvisazione, per quanto apprezzata per sincerità nei profili veraci, è un elemento rischioso che molte aziende non sono più disposte a correre. Trovare il giusto fotografo, un interprete capace di catturare il mood così come dettagli apparentemente insignificanti eppure importanti per un normale utente, può rivelarsi l’arma vincente nella preparazione e per il conseguente successo nella comunicazione; sui social media, sul sito internet o anche le più tradizionali brochure cartacee.
Per sondare meglio questi aspetti della comunicazione abbiamo intervistato Benedetto Tarantino, architetto e fotografo palermitano. Classe 1981, collabora con numerose testate internazionali come Wine Enthusiast, Wine Spectator, Falstaff, Elle, Forbes, The Sunday Times, Bloomberg, AD e con le maggiori testate e riviste nazionali oltre che canali del turismo quali The Thinking Traveller, diverse strutture ricettive e numerosi chef siciliani. Ha anche collaborato con Le Soste di Ulisse, per quest’ultima ha firmato le fotografie del libro Sicilia Continente Gastronomico edito da Giunti. Ha recentemente consegnato dei lavori per Tasca d’Almerita, Gorghi Tondi, Graci, Palmento Costanzo, Milazzo e Rudinì, in passato anche con Planeta e Maremonti.
D. Lei è architetto e fotografo. Fotografia e architettura sono complementari? Qual è il suo genere?
R. Si. Lo studio dell’architettura allena e acuisce lo spirito di osservazione, l’occhio, insegna a guardarsi attorno. A stare col naso all’insù. L’architetto in fondo è un visionario, deve immaginare e creare qualcosa prima che esista. Allo stesso modo il fotografo deve capire prima quello che vuole fotografare. Sia come luce che come posizione dello scatto. Il concetto è quello della “genial location” che significa trovare il miglior punto di vista, piazzarsi nel punto ideale. La mia tesi di laurea è stata proprio sulla fotografia del paesaggio e architettura.
D. Qual è il momento migliore della giornata per fotografare?
R. Non c’è un momento migliore. Dipende come sono disposti i luoghi. Idealmente, generalizzando, conviene avere la luce alle spalle. Bisogna scegliere il come e il quando, in rapporto alla luce del sole. Tra l’altro esistono delle comodissime App che anticipano la posizione del sole e della luce potenziale, in poche parole a comandare è il sole e ancor prima il meteo. Quando si arriva sul luogo da fotografare a volte si può scegliere l’orario migliore come esposizione, altre volte devi fare un vero e proprio reportage di ciò che accade, allora sei tu a doverti adattare alle circostanze e alla luce. In vendemmia amo arrivare in vigna con i braccianti all’alba e sfruttare quindi una luce più dolce, dorata, che coccola le viti prima di trasformarsi in luce accecante che a volte trasforma in bianco – fotograficamente parlando – perfino la terra arida.
D. Che macchina fotografica usa?
R. Oggi ci sono tanti modi per fotografare e sono tutti validi. Io uso solitamente Canon e Fuji, ma secondo me non è importante la marca, anche fotografare con iPhone di ultima generazione, se si è sprovvisti di macchina fotografica, a volte può dare ottimi risultati. Ovviamente un lavoro in vigna o in una struttura richiede un’attrezzatura adeguata, due macchine fotografiche, diverse ottiche, un drone, ecc.
D. Dall’architettura alla fotografia, poi al mondo del wine & food. Come è avvenuto il passaggio?
R. L’occasione è arrivata dal libro de Le Soste di Ulisse, Sicilia Continente Gastronomico. Un lavoro lungo e laborioso che ha messo assieme paesaggi, foto di piatti e ritratti di chef. Un lavoro fantastico che mi ha aperto le porte dei migliori ristoranti e messo in relazione con il meglio dello scenario eno-gastronomico siciliano. È stato durante il lungo periodo di produzione fotografica per questo libro che ho iniziato a fotografare cibo e vendemmie, oltre che paesaggi e palazzi o chiese. Un viaggio durato diversi mesi in lungo e largo per la Sicilia che mi ha permesso di tessere buoni contatti prima di tutto umani che poi si sono trasformati in collaborazioni che durano da qualche anno. Ho avuto la fortuna di collaborare con alcune tra le migliori realtà siciliane di questo ambiente.
D. Si dice che il vino non sia molto facile da fotografare perché contiene elementi emotivi legati anche alle persone che lo vivono. È così?
R. Nel trattare vino l’abilità sta nel raccontare tutto quello che ruota attorno al vino, dalla piantina sino alla bottiglia a tavola. Quindi è importante, la terra, i braccianti, i cantinieri, il paesaggio. Fotografare il vino vuol dire fotografare un ecosistema, è un mondo ricco di sfaccettature. Ogni cantina ha una sua storia, una sua peculiarità, bisogna far emergere anche questo, che sia una famiglia storica o una cantina gestita da giovani imprenditrici, il focus va sempre rivolto si all’elemento naturale, si alla vendemmia, ma anche a chi con passione e tanti sforzi permette di realizzare un prodotto di qualità che può competere con i tanto blasonati vini francesi o austriaci.
D. Storicamente, fisicamente ed economicamente, la Sicilia occidentale è diversa dalla Sicilia orientale. Cosa emerge dalla fotografia?
R. Premetto che spesso fotografo in vendemmia, tra fine agosto e settembre. Ho l’impressione che ad ovest il paesaggio sia meno verde, una campagna molto più aperta, più vasta. Qui i vigneti sono spesso vicini al mare. Durante la vendemmia la luce è molto forte, di un giallo intenso. Ad est, invece, predomina il verde, il nero della zona etnea, i muretti a secco del ragusano o i terrazzamenti dell’Etna durante le vendemmie di Tasca, Graci o Palmento Costanzo. Il paesaggio è più scosceso. Discorso a parte sono i vini delle isole, dove passiamo da un vino a stretto contatto con l’archeologia – penso ai vigneti di Tasca d’Almerita a Mozia – o un vigneto a strapiombo sul mare, come a Salina, sempre di Tasca d’Almerita a Capofaro, o a Pantelleria.
D. L’elemento naturale, il verde, è importante?
R. Si, perché consegna la tipicità di un territorio da cui nasce un vino. Ad esempio, fotografare una vigna all’interno di un’oasi naturale del WWF – sto pensando a Gorghi Tondi delle sorelle Sala – significa entrare in stretta relazione con la natura e l’ambiente circostante.
D. In un vino si dice che uno degli elementi più importanti, per non dire il fondamentale, sia il suolo. Quale l’ha colpita di più?
R. Sicuramente i suoli di origine vulcanica. I suoli di Vulcano sono molto particolari, la loro consistenza mi ricorda la sabbia lunare. Anche i terreni aridi e gialli hanno molto fascino, quelli ricchi di zolfo. Come dicevo, la presenza di vegetazione spontanea da personalità ai luoghi, anche in relazione ai suoli. E poi il tipo di allevamento, un tendone, ovvero un alberello. È tutto correlato.
D. Qual è l’ultima azienda che ha fotografato?
R. Palmento Costanzo, sull’Etna. Ci siamo conosciuti tramite lo chef Ciccio Sultano del ristorante Duomo di Ragusa, di cui sono il fotografo. In quel periodo molte cantine stavano effettuando degli shooting per un libro, che presto sarà distribuito da Rizzoli in Italia e nel mondo, di Samuele Mazza dal titolo Ettari di nettari”, io sarò uno dei fotografi che hanno collaborato. Dai Costanzo ho fatto un primo shooting durante un Press Tour nel quale veniva presentato un nuovo vino, il Prefillossera. In questa circostanza davo risalto all’evento. Poi, un secondo giorno, ho fotografato il palmento – recentemente ristrutturato – e i vigneti.
D. Lei fotografa spesso ville di fascino, case molto belle e hotel di lusso. A cosa sono interessate le persone che dormono in Sicilia?
R. In generale, chi prenota un hotel o una villa di lusso chiede servizi. Per la Sicilia è un po’ diverso perché è un’isola che ha una grande storia, e per questo una identità molto spiccata, che è poi la ragione per cui è un posto unico al mondo. Quindi, dopo aver deciso dove andare, si passa al dove dormire. Così, per il lusso, oltre ai servizi di qualità che è normale aspettarsi, entra in gioco una stretta correlazione tra la struttura stessa e i luoghi. Per questo motivo è fondamentale la immediatezza e la facilità nell’organizzare una escursione o uno spostamento verso luoghi di interesse turistico. Se la struttura ha un ristorante si alzano di molto le aspettative, necessario trovare prodotti tipici, di altissima qualità, possibilmente a Km zero.
D. Abbiamo parlato delle aspettative del turista, come riesce a trasformare in fotografia il fascino di una dimora storica o l’appeal di un boutique hotel?
R. Dalla fotografia e in riferimento al contesto più ampio di un luogo lussuoso, deve emergere il dettaglio. Un lavoro che ricordo è stato quello fatto per Palazzo Planeta – La Foresteria Palermo, un contesto dove il moderno di alcuni elementi comunica con arredi antichi perfettamente restaurati o con stoffe pregiate. O ancora il lavoro al relais Briuccia dove bisognava mantenere l’idea di accoglienza come fosse una casa. Per quanto riguarda le ville di The Thinking Traveller invece ogni villa ha la sua particolarità fatta di materiali, luci, stili architettonici e l’obiettivo è proprio quello di raccontarle mantenendo invariata l’essenza propria di ogni villa. Stesso discorso quando fotografo gli hotel, cerco sempre di dare una mia chiave di lettura degli spazi senza snaturare quello che la struttura e la proprietà vogliono offrire.
D. Le è mai capitato che qualcuno le chiedesse delle foto mentre scattava?
R. Ovviamente si, quasi sempre. La richiesta di mandare una foto appena scattata in RAW dal corpo macchina direttamente su WhatsApp al cellulare del vignaiolo, tanto per fare un esempio, è per me fantascientifica. Ma capita anche la richiesta, forse dettata dalla necessità, di consegnare il lavoro appena fatto in serata. Li allora procedo con una prima selezione delle foto più significative che a volte richiedono anche l’intera notte per essere lavorate, di norma comunque serve del tempo per verificare il lavoro svolto che a volte consiste in centinaia di immagini.
D. Solitamente quanto ci vuole per una consegna?
R. Come detto, cerco di consegnare quasi sempre una ristretta selezione di immagini, che poi sono le migliori e che avranno una diffusione maggiore, all’indomani. Il resto del lavoro viene consegnato con calma e con un adeguato lavoro di rifinitura.
Di seguito una breve selezione di immagini, tutte con copyright©:
Tasca d’Almerita
Planeta / Sambuca di Sicilia e Palermo
Palmento Costanzo / Etna
Ristorante Duomo – Ragusa Ibla
Azienda Agricola Graci / Etna
Tenuta Gorghi Tondi / Mazara del Vallo
Capitolo Primo – Montallegro (Ag)
Sicilia en Primeur, maggio 2019 – Assovini Sicilia / Siracusa