Bianchi e vulcanici, le vendemmie 2017 e 2021 a confronto

 

Tra gli appuntamenti più interessanti di ViniMilo, è da segnalare la masterclass L’Evoluzione del vulcano – Due vini Bianchi di annate diverse di 8 aziende provenienti da territori vulcanici a cura di AIS Jonico Etnea. Protagonisti sono stati vini provenienti da differenti regioni italiane con caratteristiche peculiari del processo evolutivo.

La conduzione è stata svolta dal delegato Paolo Pennisi e dal sommelier Claudio Di Maria che hanno illustrato territori, tipicità e qualità dei vini in degustazione. Gli ospiti dell’evento: il produttore Edoardo Ventimiglia, l’enologo Giovanni Ponchia, l’enogastronomo Carlo Zucchetti, l’enologo Aldo Lorenzoni, la responsabile promozione del Consorzio Vini Colli Euganei Lisa Chilese ed il sommelier Shigeru Hayashi (che ha accennato alla volontà di prendere spunto dalle evoluzioni delle produzioni vulcaniche italiche per il vino che si produce alla pendici del monte Fuji a 5.550 metri s.l.m.).

Di Maria, nell’introdurre l’evento, ha posto in evidenza come alla base di questo incontro ci sia la volontà di individuare e stabilire relazioni tra località e distretti produttivi differenti tra loro, in certi casi anche in maniera sostanziale ed evidente. Le annate in esame dei vini proposti sono state la 2017, tranne per Barone di Villagrande che ha portato l’annata 2018, e la 2021, entrambe calde ma con connotati relativi diversi, come ad esempio avvenuto in Sicilia, dove la prima è stata torrida, senza pioggia da maggio a settembre, con picchi di temperatura costantemente elevati; mentre la seconda è stata siccitosa con apici di calura eccezionali.

Paolo Pennisi ha iniziato con l’illustrare la Val Di Cembra, in Trentino, territorio vocato al Müller-Thurgau, giovandosi anche del lavoro svolto dal Club 3P (Provare, Produrre, Progredire) che negli anni ottanta è riuscito a preparare e far collaborare i giovani agricoltori del luogo rilanciando la produzione di questo vitigno svizzero-tedesco nato a Geisenheim in Germania, coltivato e vinificato ormai in varie regioni d’ Italia.
La natura geologica locale, secondo Giovanni Ponchia, ha come suo carattere precipuo la presenza di porfido simile al granito ed i terreni vitati si caratterizzano per la presenza di terrazzamenti e metri di terra strappati alla montagna. La viticoltura risente parecchio dell’altitudine, qui si va dai 500 ai 900 metri, con varietà più o meno tardive proprio in base all’altezza s.l.m. e con il Müller-Thurgau che si colloca nella zona intermedia con escursioni termiche di 14/15°C, con saltuarie grandinate notturne, prestandosi fortemente per i vitigni vulcanici. Nella Val di Cembra, nota anche per le sue forti pendenze, si utilizza la Pergola Trentina, soprattutto quando si scende a valle e si usano i muretti a secco, la cui lunghezza complessiva ammonta a circa 784 km..

Hanno aperto l’assaggio i vini della Val di Cembra con il Müller-Thurgau 2021 e 2017 dell’Azienda Agricola Simoni. Il primo esprime una spiccata verticalità e sentori di aromi primari e mela verde, pietra bagnata e una buona sapidità al gusto; il secondo, che ha dato una pienezza maggiore rispetto al precedente, evidenzia una freschezza con una nota erbacea e mela verde che giunge subito dopo dimostrando eleganza e una particolare avvolgenza.

I due vini seguenti sono stati il Roscetto Colle De’ Poggeri di Cantina Stefanoni, sempre del 2021 e del 2017, nati come affermato da Carlo Zucchetti da un territorio, la Tuscia, importante geograficamente e storicamente in quanto terra degli Etruschi che sono stati i primi a mettere la vita in posizione eretta. Il terreno vulcanico è la base della viticoltura di resistenza di queste località note anche per l’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, che deriva dal Trebbiano toscano, dalla Malvasia bianca lunga, dalla Malvasia del Lazio e proprio dal Roscetto. Il Roscetto o rossetto, la denominazione locale del Trebbiano Giallo, è il vitigno principe della zona e regala pochi e resistenti grappoli. Nei vini in esame è in purezza, con la differenza dei due dovuta anche all’uso di botti piccole per il 2017 e grandi per il 2021. L’analisi organolettica ha fatto rilevare per il 2021 note floreali e brillanti, scoprendosi sottile al naso con sentori di frutta e svelando al gusto una sapidità predominante rispetto all’acidità, con inoltre una leggera nota astringente. Per quanto attiene al vino del 2017, colpisce il colore molto intenso. Al naso, aroma di gomma bruciata e complesse note terziarie meglio espanse rispetto al 2021 e poi, belle sensazioni di frutta a polpa gialla e finale alla mandorla e spezie.

Il Doc Gambellara Classico, Colle di Mezzo di Tenuta Natalina Grandi nelle versioni 2021 e 2017 ha svelato i pregi della Garganega, che costituisce, come ricordato da Edoardo Ventimiglia, il vitigno di due piccole ma importanti denominazioni venete, le DOC Soave e Gambellara. La Garganega porta con sé sentori di fiori bianchi, sambuco, biancospino, frutta gialla ed anche una nota agrumata che si sono avvertite in modo differente nelle due annate degustate con l’annata del 2017. L’andamento climatico dell ‘ annata, secondo Aldo Lorenzoni, ha influenzato parecchio tutto il territorio ed è stata segnata da periodi di gelo e da un agosto colpito dall’anticiclone Lucifero (grande caldo). Mentre si è rivelata più equilibrata la 2021. E proprio quest’ultima ha espresso al naso un profumo vegetale ampio e consistente con la bocca venata da una dolcezza e levigatezza. Nell’annata 2017 questo vino si sviluppa con equilibrio, bella la nota secca, i sentori di idrocarburi, pietra focaia e pietra bagnata.

Ancora Garganega (100%) per la DOC Soave Classico. Al centro dell’assaggio due vini dell’azienda Suavia, con il comune di Soave capitale di questo vitigno. La superficie vitata è di 6.500 ettari, con una grande la propensione all’export. I produttori puntano sui cru (più di 35) per valorizzare i vini di questa zona. L’annata 2021 ha messo in evidenza una matrice agrumata, bergamotto nella fattispecie, con un delicato sentore floreale di gelsomino e camomilla, mentre il sorso ha evidenziato punte acide e sapide bilanciate. Il 2017 sia al gusto che al colore non appare dissonante al 2021, cede note di idrocarburi, pietra focaia e agrumi.

Altro territorio di grande interesse tra quelli vulcanici è il Vesuvio, da cui origina il Catalanesca del Monte Somma – Katà di Cantine Olivella. Il Monte Somma originariamente raggiungeva i 2.000 metri di altezza, in seguito a frane ed eruzioni si è creata una depressione i cui orli raggiungono al massimo 1.150 metri di altezza. La cantina produce in zona di Sant’Anastasia e rappresenta uno dei vessilli della viticoltura del vesuviano. Proprio il Vesuvio costituisce il versante più caldo, il Golfo di Napoli contribuisce con una forte brezza e, in alcuni casi, ci sono zone più siccitose di quelle etnee. La superficie vitata di questo territorio ammonta a 400 ettari circa con il vitigno Catalanesca. Esso deve il nome alla sua introduzione in Campania dalla Catalogna, nel 1450, da parte del monarca del Regno delle Due Sicilie, Alfonso I d’Aragona. L’annata 2021 si annuncia con un effluvio agrumato, di mandarino e limone, e glicine. Discreta la morbidezza, il gusto fresco e i sapori di frutta secca contraddistinguono l’annata 2017 anche segnata da una minore complessità. Nel finale si coglie una nota ammandorlata.

Dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’ Europa, abbiamo assaggiato il Doc Etna Bianco Superiore di Barone di Villagrande, annate 2021 e 2018, quest’ultima più fresca della prima. Piacevole il Carricante di Milo, nel 2021 si rivela fresco, giovanile, con note di agrumi. Al sorso è minerale e sapido, in un intreccio gradevole. L’annata 2018, molto piovosa, ha schiuso una verticalità più netta al naso dichiarando quella sapidità e freschezza che preludono ad una buona longevità, per un vino che ha fatto anche un anno di botte. La vigna si trova a 700 metri s.l.m.

Quota 101 firma il Doc Colli Euganei Manzoni Bianco (100% Manzoni Bianco). In zona agiscono, ha raccontato Lisa Chilese, piccole cantine. In quei luoghi si coltiva Garganega, Tocai Friulano, Sauvignon, Moscato bianco, Moscato giallo, i vitigni della DOC Bianco Colle Euganei; poi, merlot e cabernet. La vegetazione è caratterizzata da una flora subalpina ma anche mediterranea, con una sorprendente presenza di fichi d’India. Quota 101 è situata nella zona nord dei Colli Euganei. I vini per il 2017 hanno svolto la fermentazione per il 30% della massa in legno, mentre per il 2021 per tutta la massa, ma per minor tempo. L’analisi olfattiva per il vino di quest’ultima annata rivela una matrice erbacea netta, quasi da Pinot Bianco, a cui seguono mela verde e spezie. Al sorso emerge una buona l’acidità con una freschezza non eccessiva e buona sapidità. L’annata 2017 appare forse più chiusa ma in grado di esprimere in modo differente le note erbacee del 2021 con un gusto potente ed un’acidità ben integrata.

A concludere la masterclass è stato il Doc Bianco di Pitigliano Isolina di Sassotondo ( uve: 55% Trebbiano, 35% Sauvignon, 10% Greco). Questo vino nasce in una zona nota anche per il vitigno ciliegiolo e dal 1997 sono stati introdotti vitigni alloctoni di origine francese come il sauvignon, lo chardonnay ed il pinot bianco. Al naso il 2021 si è rivelato pieno e deciso, con il Greco che pure presente solo al 10%, quasi rosso mascherato, conferisce tannini chiari al palato. L’annata 2017, invece, è apparsa più mielosa, con note di frutta matura e promesse di una buona evoluzione. Il sorso rende più evidente quanto avvertito nella 2021.

Gli otto brand vinicoli hanno disegnato lo sviluppo di vini di territori che, pur differenti, sono accomunati dal potente valore creativo che i terreni vulcanici sanno donare ai prodotti enoici con interessanti armonie di gusti e profumi.

di Gianmaria Tesei


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