Il calendario dell’Avvento di WIS, dal Cin Cin al Prosit!

 

La frase “Ma quando arriva Natale?” è una delle frasi più frequenti della professione di genitore. Viene pronunciata dai bambini svariate volte l’anno e un mese prima assume una frequenza incessante, incalcolabile.

Il Calendario dell’Avvento è una realizzazione relativamente recente, si ritiene tra metà ‘800 e primi del ‘900, nata nella comunità luterana. Nel 19o4 il quotidiano di Stoccarda, il Neues Tagblatt Stuttgart, ne allegò in omaggio una copia nello stesso giornale; Thomas Mann lo cita nel suo romanzo i Buddenbrooks. Gerhard Lang, un editore protestante e litografo di Maulbronn nel Württemberg (Germania, 1881-1974), lo propose nel 1908 prendendo spunto da una antica usanza tedesca che offriva un sacchetto con un regalino ogni giorno, dal primo al venticinque dicembre. Lang, però, realizzò un calendario con un disegno per ogni giorno, con illustrazioni di Richard Ernst Kepler. In seguito introdusse il dettaglio delle finestrelle, dal cui interno spuntavano angeli o piccoli Gesù Bambino da ritagliare o assemblare.

Per le festività natalizie, WIS propone un calendario dell’avvento “vinoso”, con vini eccellenti – siciliani, italiani e stranieri – da ricordare per le feste, nell’attesa del Natale. Un bianco e un rosso al giorno.

Per il tocco dei bicchieri suggeriamo “Cin cin!”, l’esclamazione più comune in Italia: ha origini cinesi: deriva infatti da qǐng qǐng che significa “prego, prego”, promosso nell’uso anche per la somiglianza onomatopeica con il suono prodotto dal battere due bicchieri tra loro. Usato tra i marinai di Canton come forma di saluto cordiale ma scherzoso, fu esportato nei porti europei.

Oppure, “Prosit!” è una parola latina significa “sia utile, faccia bene, giovi”, dal latino “giovare”, “essere di vantaggio”. La parola è usata anche in campo liturgico al rientro in sagrestia, dopo la conclusione della Messa.

Per la Sicilia, non esistono usanze o detti particolari. Nell’antica Grecia si usava declamare discorsi o versi poetici durante il brindisi e l’usanza richiedeva che le parole fossero improvvisate. E in buona parte è ancora così.

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