C’è gusto nel Gusto?

 

Parliamo continuamente di gusto e di gusti, ma sappiamo davvero cosa intendiamo?

Come capita a quasi tutte le parole di largo utilizzo, anche il “gusto” rimanda a significati diversi, frutto di stratificazioni secolari, talvolta addirittura in contraddizione tra loro. In tempi di gastromania imperversante, come se non bastasse, la parola gusto ha subito una sorta di slabbramento semantico allargandosi fino al quasi nonsense, come daltronde già successo ad altre parole abusati dai media quali passione e felicità. Tant’è che al giorno doggi, in città, non aprono più “alimentari, ma botteghe del gusto”.

Il vocabolario ci aiuta a fare chiarezza, con almeno quattro accezioni, molto diverse tra loro, ma in qualche modo collegate. Eppure, non esaustive.

Per prima cosa, leggiamo che il gusto è un canale percettivo, uno dei cinque sensi, quasi sicuramente il più intimo, essendo associato alla bocca e allincorporazione degli alimenti. Tuttavia, se nel senso comune lalimentazione è una questione di gusto perché ha a che fare con la lingua, basta mangiare con un raffreddore per capire che non le cose stanno diversamente: tatto e odorato amplificano le nostre percezioni sino a comporre quella sinfonia che è il mangiare (e il bere).

Notiamo quindi che il gusto si trasferisce, per metonimia, agli alimenti, diventandone un sapore, una qualità. Come davanti a uno specchio, il gusto ci pone di fronte agli alimenti e alla nostra capacità di apprezzarli, creando scambio. Unarancia ha un gusto aspro, citrico più o meno dolce. Descrivere i sapori è un’impresa da sommelier, certo, eppure ci riusciamo tutti facendo semplici analogie, come quella tra unarancia molto dolce e la vaniglia. I gusti delle cose cose mutano di pari passo alla nostra capacità di percepirli, si arricchiscono con sfumature nuove, magari in prestito da culture lontane. Come l’umami, parola negli ultimi anni in voga che descrive quella sensazione di saporitoche è diversa dal salato, e che troviamo nel brodo e nel parmigiano stagionato.

In terzo luogo, lesperienza del mangiare, con le sue percezioni fisiche, non si può certo separare dal godimento e dalle emozioni che regala. Questi umori danno adito alluso figurato della parola gusto, che si tramuta in metafora del piacere stesso. Pensiamo a quando si ride di gustoprova gustoa tormentare qualcuno.

Al tempo stesso si sente dire avere dei gustie certamente ciascuno di noi ce li ha. C’è chi ha più o meno gusto, e quando abbiamo bisogno di un consiglio ci affidiamo a un detentore di buon gusto. In questo frangente, il gusto è un sistema di preferenze, individuale, ma quanto? Guardandoci attorno, riconosciamo i nostri gusti in quelli dei nostri familiari e delle persone che scegliamo di avere attorno. Ed è evidente che il gusto per la pasta, il caffè e la pizza, sia così largamente condiviso da esprimere unappartenenza nazionale. Ancora, il gusto può spingerci a fare le cose in una maniera tanto identificativa da coincidere con lo stile o accomunare intere epoche. Lo diamo per scontato quando parliamo di gusto baroccoo di gusto classico

Lungi dallessere un fatto individuale, come si è portati a pensare, il gusto è insomma quanto di più condiviso ci sia. Più di rado condivisibile – si sa, “de gustibus non disputantum est” – il gusto è di per sé qualcosa in comune, e che regola il nostro stare insieme agli altri. Come le parole, col gusto reclamiamo il nostro stare al mondo, e sarà per quello che niente ci fa sentire tanto noi stessi quanto un bel non mi piace’ – se non di peggio. Persino quando mangiamo da soli, come quando scriviamo in una stanza, si è sempre in compagnia, forse perché, come le parole, che qualche noto linguista associava alle donne un potroppo licenziose, anche i gusti passano di bocca in bocca e ci rendono più vicini agli altri anche quando diversi – più di quanto non ci piaccia pensare. Il gusto èin tutte le sue accezioni, il vocabolario non lo dice, una questione politica.

Di questo e molto altro si parlerà al convegno nazionale dellAssociazione Italiana Studi Semiotici Politiche del gusto, in programma al Museo delle Marionette Antonio Pasqualino di Palermo dal 30 novembre al 2 dicembre.

di Davide Puca

 

Per il programma e informazioni, visita www.associazionesemiotica.it

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