“Costellazione d’arte”, è il nuovo progetto di arte contemporanea di Planeta, nato da un’idea di Valentina Bruschi, Vito Planeta e Ignazio Mortellaro, un percorso che fonde la bellezza del paesaggio siciliano con la creatività di rinomati artisti nazionali e internazionali, creando un’esperienza immersiva che celebra l’interazione tra arte e natura.
Noto (Sr). La tenuta Planeta – Buonivini ospita opere open air realizzate da Claire Fontaine, Petra Feriancovà e Ignazio Mortellaro, quest’ultima in fase di installazione, che dialogano armoniosamente con il paesaggio agricolo e la caratteristica terra bianca e calcarea della parte più a sud della Val di Noto. Queste installazioni offrono ai visitatori un’esperienza unica, sottolineando la simbiosi dialettica tra arte contemporanea e ambiente naturale, dove il paesaggio agricolo e antropizzato dall’uomo diventa il terreno di un incontro tra elementi diversi.
All’interno della cantina e dell’antico palmento, si possono ammirare i lavori di altri artisti, tra cui Emiliano Maggi, Giuseppe Buzzotta e Pietro Ruffo. Alcune di queste opere sono state create durante la residenza nomade “Viaggio in Sicilia,” iniziativa che da vent’anni porta gli artisti ad attraversare i vari territori di Planeta, quasi a circumnavigare il perimetro della Sicilia, ispirando nuove creazioni legate a questa straordinaria esperienza.
“Costellazione d’arte” è un invito a esplorare nuovi significati e connessioni tra gli esseri umani e il paesaggio attraverso sculture, installazioni e interventi site-specific in un contesto dove l’eccellenza vinicola e l’arte contemporanea si mettono in dialogo.
L’opera di Claire Fontaine e quella di Ignazio Mortellaro sono state concesse in comodato dagli artisti stessi per il progetto. L’opera di Ignazio Mortellaro è stata prodotta dalla Fondazione Merz, partner culturale di Planeta dal 2018, per una performance al Parco Archeologico di Segesta. Le restanti opere appartengono alla collezione d’arte contemporanea dell’azienda, frutto dei progetti di “Planeta Cultura per il territorio”.
Prima dell’attuale percorso artistico, la tenuta di Buonivini ha già visto la realizzazione della “cantina invisibile”, progettata nel 2003 dall’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo e il restauro delle “case sparse” ad opera di Costanza Algranti nel 2008, per la quarta edizione di “Viaggio in Sicilia”. Durante il viaggio, la designer ha raccolto materiali trovati nei magazzini delle cantine, lungo le spiagge o in campagna e li ha trasformati negli arredi che sono diventati l’anima della foresteria di Buonivini.
Planeta – Buonivini
Contrada Buonivini, 96017 Noto (SR)
Aperto su appuntamento
www.planeta.it/territori/noto
Costellazione d’arte
Il percorso
Ignazio Mortellaro, Primo punto dell’Ariete, 2022, acciaio Corten, ottone, dimensioni ambientali, courtesy l’artista e Fondazione Merz, Torino.
Location: Collina d’ingresso davanti ingresso al Wineshop
L’opera dal titolo, Primo punto dell’Ariete, di Ignazio Mortellaro è una riflessione profonda sul tempo, lo spazio e l’interazione umana con il paesaggio naturale, realizzata per la performance Hunter/Hunted al Parco Archeologico di Segesta nel 2022. Proprio in questa occasione, Mortellaro, noto per il suo approccio interdisciplinare che unisce arte, scienza e filosofia, ha realizzato un’installazione che invita lo spettatore a re-immaginarsi in un tempo profondo, arcaico altro e diverso da quello attuale, in cui le relazioni con i differenti elementi della natura, organici e inorganici, erano più articolate e complesse. Il lavoro è ispirato al simbolismo legato all’equinozio di Primavera, noto anche come “Primo Punto dell’Ariete” perché, quando il celebre astronomo greco Ipparco definì la sua posizione, questo punto si trovava a sud della stella Mesarthim (γ Arietis). L’artista ha fuso il corno d’ariete e il corno d’antilope in ottone a cera persa – elementi che sono parte dell’opera – trasformandoli in strumenti musicali sacri e rituali quando l’opera si attiva attraverso la performance. Il loro suono è un inno al risveglio e alla rinascita – afferma l’artista – e lo spazio esterno dove l’opera è installata diventa il luogo dove si codificano i riti con cui si rivelano i cicli della natura. In un momento storico come quello attuale, in cui tendiamo a rinchiuderci in un individualismo esasperato, a non riconoscerci più parte di una comunità, avendo dimenticato, auto-rinchiusi nelle nostre città distanti dalla campagna, che la natura è vasta, varia e ci nutre come una alma mater. L’elemento principale dell’opera è composto da un’alta ed esile struttura realizzata in acciaio Corten: la torre dalla quale vengono suonati i corni durante la performance. L’accesso alla sommità della torre – riservato solo ai performer – è servito da un carro/scala, che richiama gli archetipi sacri del Carro Solare e della scala che connette il cielo e la terra, l’alto con il basso.
L’opera, realizzata dall’artista e prodotta dalla Fondazione Merz di Torino è installata, in comodato, a Buonivini, situata in un punto strategico della tenuta Planeta, rivolta a levante, dove sorge il sole e le vigne si confondono con l’orizzonte. Primo punto dell’Ariete diventa un enigma nel paesaggio e offre la possibilità di porsi delle domande sulle radici profonde dell’umanità e del nostro pensiero.
Ignazio Mortellaro (Palermo, 1978, vive a lavora tra Palermo e Noto): www.ignaziomortellaro.com. Scansionare il QR code per ascoltare i suoni di Gianni Gebbia e Roots in Heaven per la performance Hunter/Hunted.
Claire Fontaine, Patriarchy = CO2, 2020, lettere tridimensionali a LED, struttura e supporto, 600 x 6580 x 250 mm, courtesy l’artista.
Location: Tetto della cantina invisibile
L’opera dal titolo, Patriarchy = CO2, di Claire Fontaine è una potente affermazione concettuale, concretizzata dall’artista in una scritta luminosa in LED, che connette l’oppressione patriarcale con l’emergenza climatica. Claire Fontaine, un collettivo artistico noto per le sue provocatorie opere d’arte, utilizza questo lavoro per sottolineare come le strutture di potere patriarcale contribuiscano significativamente alla crisi ambientale. L’equazione Patriarchy = CO2 suggerisce che il sistema patriarcale, con la sua insistenza sul dominio, l’estrazione e il consumo sfrenato di risorse, è una delle cause principali delle elevate emissioni di anidride carbonica e, quindi, del cambiamento climatico. L’opera, visiva e testuale, stimola una riflessione critica su come le dinamiche di potere e le disuguaglianze di genere influenzino l’approccio dell’uomo alla natura e all’ambiente. In questo modo, l’installazione non solo denuncia le ingiustizie sociali, ma invita anche a un cambiamento radicale nel modo di pensare e agire per costruire una società più equa e sostenibile. Claire Fontaine infatti si occupa di temi politici, sociali e del femminismo – come pratica, etica e filosofia – attraverso vari medium come video, scultura e neon. Le sue opere sono un manifesto e un invito a farsi domande, a interrogarsi, a mettere la realtà in discussione. L’artista (che usa uno pseudonimo che suona come il nome proprio di una donna francese volendo deliberatamente creare un equivoco, affinché le singole biografie dei due artisti del collettivo non fossero direttamente associate alle opere, in modo da poter trasformare il lavoro in uno spazio di libertà) usa vari medium e rifiuta l’obbligo della riconoscibilità formale nel suo lavoro, che invece considera una ricerca sperimentale in progress, un’esplorazione continua. Oltre ai medium dell’arte contemporanea, l’artista si esprime attraverso una notevole produzione saggistica. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo l’antologia Lo sciopero umano e l’arte di creare la libertà, Derive Approdi, 2017 e i libri d’artista come, Some instructions for the sharing of private property, One Star Press, 2011 e Vivre, vaincre, Dilecta, 2009.
Claire Fontaine è un’artista collettiva fondata da James Thornhill e Fulvia Carnevale nel 2004 a Parigi. Dal 2017 vive e lavora a Palermo. Info: www.clairefontaine.ws
Petra Feriancová, Vertebra, 2022, tubi industriali di metallo, cavi di acciaio, dimensioni variabili. L’opera è stata realizzata nell’ambito del progetto Isolitudine a ZACentrale, Palermo, prodotto dalla Fondazione Merz di Torino.
Location: Oliveto verso il palmento
L’installazione ideata dall’artista Petra Feriancová, per lo spazio di ZACentrale ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, vuole essere una riflessione sul rapporto tra Uomo e Natura, sul luogo espositivo e sul tema del museo come piattaforma ideale per mettere in discussione una data rappresentazione di uno spazio mentale o di un mondo parallelo che realizza sempre un’osservazione parziale data dai limiti della nostra percezione individuale. Secondo la visione di Feriancová, “il concetto di Natura è un’invenzione umana, un’idea greca che poi diventa un pensiero occidentale, antropocentrico”. Un ragionamento che vede, in particolare nell’Ottocento, il museo naturalistico come strumento di manipolazione che celebra il dominio dell’Uomo sulla Natura. Molte raccolte di storia naturale in Europa, come ad esempio il Natural History Museum di Londra, sono state formate nel periodo colonialista attraverso l’esplorazione naturalistica di nuovi territori. I primi esemplari di scheletri animali e reperti naturali esposti nei musei naturalistici d’Occidente venivano spesso spediti a bordo di navi di schiavi o missioni commerciali e utilizzati, nel corso del XIX secolo, per mostrare la potenza dell’Imperialismo capace di assoggettare altri paesi, considerati subalterni e visti come luoghi da sfruttare. I musei naturalistici diventano un emblema del potere dove le collezioni servivano non solo per lo studio e la diffusione della scienza ma anche come espressione di identità nazionali in via di definizione, per esibire reperti come trofei, ricchezze e curiosità portate da luoghi lontani. Così l’artista ha concepito Vertebra, la ricostruzione ideale dello scheletro di una balena, realizzata con tubi industriali in ferro. Feriancová ha sapientemente riadattato questa installazione, originariamente esposta nel grande spazio chiuso di ZACentrale a Palermo (che all’inizio del Novecento è stato il sito delle Officine Ducrot e, successivamente, negli anni Trenta, il mobilificio fu convertito per la produzione di aerei), per il contesto aperto e naturale dell’oliveto di Planeta a Buonivini. Mentre negli ambienti museali lo scheletro si presentava come una reliquia immortalata, un oggetto fermo e non decomponibile, nell’oliveto l’opera assume una dimensione più dinamica e organica. Immersa nel paesaggio, Vertebra dialoga con il ciclo vitale della natura, evocando la trasformazione continua e la connessione tra morte e rinascita. In questo nuovo scenario, nonostante le sue dimensioni notevoli, l’installazione diventa un elemento integrato nel contesto naturale, sottolineando l’idea che la natura stessa è un grande ossario, dove ogni vita lascia una traccia che contribuisce all’eterna trasformazione dell’ambiente. La campagna coltivata, con le sue stagioni e il suo ciclo vitale, amplifica il concetto di Feriancová dello scheletro come reliquia, offrendo una riflessione profonda sulla caducità e sull’immortalità.
Petra Feriancová (Bratislava, Slovacchia, 1977. Vive e lavora a Bratislava):
www.petraferiancova.com
Parte dell’installazione è la traccia audio della prima registrazione del canto delle balene in amore, effettuata dal Prof. Roger Payne, zoologo statunitense, che si può ascoltare scansionando il QR code qui sotto. Questa registrazione fu allegata a un numero storico della rivista americana National Geographic nel 1979, che il padre dell’artista collezionava segretamente nella Cecoslovacchia comunista, quando Feriancová era ancora bambina e che tuttora ella conserva.
Emiliano Maggi, I canzonieri, 2022, trittico di sculture in ceramica e bronzo, dimensioni (2 sculture h 70 x Ø 40 cm e 1 scultura h 90 x Ø 45 cm)
Location: Interno cantina
Il trittico si sculture di Emiliano Maggi è stato realizzato per Viaggio in Sicilia #7 (2021-2022) e presentato al pubblico in una mostra prodotta da Planeta in collaborazione con la Galleria Regionale della Sicilia – Palazzo Abatellis. In quella occasione, per la prima volta, il duo de I canzonieri (Emiliano Maggi e Cosimo Damiano) hanno realizzato la loro ipnotica performance davanti al celebre affresco, Il Trionfo della Morte (1446) e l’anno successivo, in una continuazione ideale del loro dialogo creativo con la Sicilia, l’incanto si è ripetuto proprio a Buonivini, nella performance dal titolo Dilemma for a Starry Night.
La performance de, I canzonieri, duo concepito e ispirato dagli scritti di Al-Ballanubi, poeta altomedievale a metà tra Sicilia e mondo islamico (1100), si collega alle opere scultoree che riflettono sul tema matematico del “dilemma” e sulla questione delle “ambivalenze”: temi centrali nella dialettica contemporanea, intesi come prima e dopo, passato e futuro, giorno e notte.
La ricerca di Emiliano Maggi si esprime attraverso diversi media, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla performance, dalla danza alla composizione di suoni ed elementi musicali, con un’attenzione particolare all’antropologia culturale, all’iconografia e alla tradizione del mondo delle fiabe, dei film horror degli anni Settanta, della letteratura erotica e dell’immaginario rurale, dove le rappresentazioni di corpi umani e animali talvolta si uniscono e si fondono senza distinzione di genere. Negli ultimi anni, la ceramica è diventata un linguaggio privilegiato per l’artista, dove – talvolta – l’utilizzo di una finitura lucida accresce la capacità di seduzione delle sue sculture che sembrano vibrare di luce. Spesso i suoi volti in ceramica sono appena accennati e l’artista si riferisce al corpo umano sempre in maniera indiretta, attraverso vestiti o calzature scolpite o dipinte creare un gioco di ambiguità.
L’indeterminatezza tra maschile e femminile libera l’immaginazione verso una realtà anticonformista, più libera e plurale.
Emiliano Maggi (Roma, 1977. Vive e lavora a Roma): www.instagram.com/emi_maggi
La performance (24’37’’) realizzata da Emiliano Maggi per Viaggio in Sicilia #7, dal titolo La sua bocca custodisce perle di denti che rivelano perle d’amore, è visibile scansionando questo QR code.
Pietro Ruffo, Senza Titolo, 2017, biro, carta millimetrata, tela, 112 x 182 cm (con cornice 120 x 192 cm)
Location: Interno cantina
L’opera di Pietro Ruffo, realizzata durante la residenza nomade Viaggio in Sicilia #7 (2016-2017) rappresenta una mappa dell’Isola disegnata a penna biro su alcuni fogli di carta millimetrata poi intelaiata, scelta che evidenzia la precisione e la meticolosità del lavoro dell’artista e la sua cultura di architetto. Intorno alla pianta, Ruffo ha inserito figure animali e umane che rappresentano le diverse specie, popolazioni e culture che, nel corso dei secoli, si sono estinte oppure fuse e sovrapposte, plasmando la Sicilia nella civiltà contemporanea. Dai Greci ai Romani, dagli Arabi ai Normanni, alcuni dettagli testimoniano l’influenza delle varie dominazioni e migrazioni che hanno arricchito il patrimonio culturale dell’Isola. Le figure, con i loro costumi, simboli e caratteristiche distintive, narrano una storia di continua trasformazione e integrazione. Quest’opera non è solo una rappresentazione geografica, ma un viaggio visivo attraverso il tempo, che celebra la diversità e la resilienza della Sicilia, evidenziando come passato e presente si intreccino per formare un’identità unica e complessa.
Il lavoro di Pietro Ruffo è simile a quello del ricercatore impegnato, che studia e analizza gli argomenti che sente più urgenti, ma, invece di scrivere, prende appunti visivi che diventano opere d’arte su carta, ceramica, stoffa e tanti altri materiali con i quali l’artista sperimenta le sue idee. L’artista spesso lavora in serie, sviluppando un tema e tutte le sue diverse declinazioni, come le opere dedicate al concetto universale di libertà: dagli, Atlanti, realizzati utilizzando mappe della fine dell’Ottocento, periodo di scoperte etnografiche; a Arab Spring, rielaborando le parole diffuse dai social network durante la Rivoluzione dei Gelsomini.
Pietro Ruffo (Roma, 1978, dove vive e lavora): www.pietroruffo.com
Giuseppe Buzzotta, Senza Titolo, 2017, china su carta, 200 x 140 cm
Location: Interno cantina
L’opera di Giuseppe Buzzotta è stata acquisita in occasione della prima edizione del festival di arte e musica, Planeta Sessions – Moon, dedicato alla Luna, all’interno del progetto espositivo, Lontanissima Luna, realizzato a Buonivini nel 2021. Il titolo del progetto fa riferimento all’ultimo verso di una poesia inedita del barone Lucio Piccolo di Calanovella, poeta “lunare” siciliano che ha raccontato anche “L’esequie della luna” (1967), sulla scia di Giacomo Leopardi: una favola poetica in bilico tra prosa e teatro che intreccia storia, sogni e visioni intorno ad un’immaginaria e fantastica caduta della luna dal cielo, opera che si interroga sulla “deflagrazione del mito lunare e sulla posizione dell’arte nel rapporto fra umano ed extraumano” . Giuseppe Buzzotta è un pittore che lavora spesso sul tema della luna, come in questo mandala a china su carta, realizzato dipingendo con il grande foglio disteso a terra. I suoi lavori sono sempre astratti ma evocano forme riconoscibili, ragionano spesso sull’interdipendenza tra le varie forze e campi energetici presenti in natura e lo sviluppo della vita e delle forme. La Luna, la cui forza di gravità influenza le maree, diventa un simbolo centrale nelle sue opere, in un continuo dialogo tra gli elementi cosmici e la Terra. Buzzotta esplora come queste forze invisibili modellano la realtà visibile, creando un equilibrio dinamico che è alla base della crescita e del cambiamento. Le sue opere invitano gli osservatori a riflettere sulla connessione profonda e spesso trascurata tra il microcosmo e il macrocosmo, tra il quotidiano e l’eterno. Attraverso la delicatezza della china e la complessità dei suoi mandala, Buzzotta crea un linguaggio visivo che trascende il tempo e lo spazio, proponendo una visione olistica dell’universo in cui ogni elemento è interconnesso e fondamentale per l’armonia complessiva.
Giuseppe Buzzotta (Palermo 1983, dove vive e lavora): www.instagram.com/giuseppebuzzotta