Faccio uno strano mestiere io, il sommelier, ogni giorno apro bottiglie di vino, di fronte a tipi umani di ogni luogo storia o passato. Il mio è un mestiere a metà strada tra lo psicoterapeuta e lo spacciatore, senza la noia del primo e senza i soldi del secondo.
Life is life
La scelta di un vino, quando una lista annovera più di quattro referenze, genera dinamiche psicologiche strane, specie nei maschi. In un’epoca in cui le scelte più impegnative sono quelle prese davanti alla schermata iniziale di Netflix, scegliere una bottiglia di bianco o di rosso, da bere con la propria (non sempre dolce) metà, può essere un dilemma di proporzioni amletiche. Spesso le wine-list sono scritte in modo respingente, citano luoghi in cui non solo non siete mai stati e che nella hit parade dei vostri luoghi da visitare non rientrano nemmeno nei primi seicento.
Il sommelier
A questo si aggiunge spesso, il sommelier, un omino con la barba finto incolta, lo sguardo arrogante e una camicia non proprio freschissima. Spesso fa il figo citando profumi di erbe ignote, forse inesistenti e di villaggi dai nomi troppo pieni di consonati arrotate per avere una buona connessione wi-fi. In ogni caso, anche in questi tempi difficili, surriscaldati, si deve pur ordinare vino al ristorante. Ecco alcuni consigli per farlo senza sembrare degli emeriti cretini con la vostra fidanzata / moglie / amica / nemica / amante.
Il vino della casa
Non chiedere mai il vino della casa: i nostri sono tempi di ossimori, vino sfuso di qualità, fascista intelligente, filosofo di destra e così via. Il vino sfuso non è mai di qualità e se lo fosse non sarebbe sfuso. A volte li vedi prima. Si siedono, lei non è male, lui è vestito Ralph Lauren (ma il colore è da saldi, tipo verde troppo acceso, viola arancione), lui soppesa la lista dei vini, la scruta con fare impegnato, poi chiede un quartino di rosso locale. Premetto che il vino è tutto locale per me, sono un cittadino del mondo, vedo film caucasici, mangio thai e leggo fumetti libici. Locale è un aggettivo che non capisco, che mi annoia, mi ricorda certi (ex) ministri con la pancia che ballano fuori tempo al Papete Beach. Quando spieghi che non c’è vino locale, lui abbassa lo sguardo mesto, inghiotte un’abbondante porzione di saliva e ordina la bottiglia di rosso più economica, senza dire il nome, semplicemente la indica… con lo stesso entusiasmo di un delegato del Pd a un congresso di partito. Lei non è male e ti chiedi perché una con quegli occhi svegli vada in giro con un tipo che ordina vino sfuso e che sei pronto a credere abbia in macchina almeno un cd, ovviamente masterizzato, dei Modà.
Le Coppie
Non giustificatevi, se non sapete nulla di vino, non è una colpa, è per questo che Dio ha inventato i Sommelier. “Guardi, io non so niente di vino” è la frase con cui esordiscono molte persone vedendoti arrivare al tavolo, chiosando con un sorriso a metà tra l’imbarazzo, l’autocompiacimento e senza mai guardarvi negli occhi. Quasi tutti quelli che guidano le automobili non sono meccanici e nemmeno piloti professionisti, come non sono astronomi quelli che (anche se sempre meno numerosi) guardano il cielo, la notte. Il sommelier è pagato (?) proprio per questo, mettere nelle condizioni di ordinare, anche chi non sa nulla di vino, una bottiglia che abbia un senso e che possa rendere la serata carina, e magari offrire un seguito piccante (anche se per quello, una volta aperta la bottiglia, dipende solo da voi).
Dunque, invece di scusarvi per la vostra presunta ignoranza sul vino, parlatemi di ciò che vi piace bere, di cosa volete mangiare, dei vini che avete bevuto prima di quella sera. Dopo di che, come canta il maestro, io sì che avrò cura di te.
Il Vino
Non guardate il sommelier come una cosa strana, come Ryan Gosling, Calcutta o Graziano Del Rio: Il sommelier non è un attore, un indieromantico o una seccatura. Il sommelier non è un oracolo o un superuomo anche se è (quasi) sempre affascinante, ma è soltanto al vostro tavolo, per fare sì che scegliate il vino migliore per la serata; non vi salverà la vita, non ve la cambierà, se non per un’oretta, non possiede nessun sapere superiore, ha solo bevuto qualche bottiglia in più e probabilmente visto un numero di albe superiore al vostro, una cosa importante ma che non basta per farne un messia. Risparmiate la vostra gelosia per qualcun’altro, quasi sicuramente alla vostra fidanzata sarò molto simpatico, ma non esco mai con tipe che non conoscono lo Chenin Blanc, state sereni.
di Stev Bagnacani
Stefano Bagnacani, aka Stev, è Head Sommelier presso il ristorante Buatta Cucina Popolana di Palermo, uno tra i ristoranti più celebrati del capoluogo siciliano, premiato da Michelin con il Bib Gourmand e citato in altre prestigiose guide tra cui Gambero Rosso e Slow Food. Diplomato AIS è seguace dell’Epistenologia e di Theolonius Monk. Racconta delle sue degustazioni sul blog http://www.winevibes.it
L’immagine in copertina, “Interruption”, è un dipinto di Ron Hicks, pittore statunitense (Ohio, 1965) noto per lo stile tradizionale e impressionista. Le influenze al quale è soggetto l’artista includono i maestri olandesi del XVII secolo anche se alcuni critici lo confrontano con dipinti di Rembrandt e Daumier. Hicks fonde arte figurativa e impressionismo; le idee e le storie all’interno dei suoi dipinti trasmettono sentimenti attuali. Così come Degas spiava le ballerine dal buco della serratura, Hicks spia i suo soggetti, che continuano a vivere la loro quotidianità senza comprendere di essere osservati dall’artista.