Ricco calendario di corsi per la Fondazione Sommelier Sicilia guidata dal suo presidente Paolo Di Caro. La principale novità è senza dubbio costituita dal primo “Executive Wine Master Etna“, un corso dedicato ad approfondire in maniera significativa le conoscenze enologiche e pedoclimatiche del vulcano Etna. Di seguito l’intervista al presidente condotta da Liliana Rosano.
D. Presidente, a Novembre inizierà il 1° Bibenda Executive Wine Master Etna, il Campus sulla vitivinicoltura del Vulcano. Quali sono gli obiettivi e le prospettive di un master dedicato all’Etna e al suo territorio?
R. Il master è la scommessa più grande dal 2014, quando è nata la Fondazione Italiana Sommelier. È l’unico master nazionale che ha sede a Catania, parallelo al Bibenda Executive Wine Master. Rappresenta per noi un salto di qualità, un percorso di alta formazione dedicato ad un territorio l’Etna, che è un vero e proprio continente a sé rispetto alla Sicilia del vino.
D. L’Etna viene visto non solo come un territorio, un brand, ma come qualcosa di più ampio e complesso.
R. Alla base c’è il concetto fondamentale di concepire l’Etna a 360° gradi: un brand che diventa contenitore ampio dove convivono storia, vitivinicoltura, paesaggio, accoglienza, enoturismo, vulcanologia, marketing territoriale. Non solo e non semplicemente un territorio, ma un continente unico che deve essere studiato e comunicato in maniera specifica. Questo significa che Catania deve identificarsi e vedere il brand Etna come un suo asset. Tutto questo, affinchè sia efficiente e produttivo, si deve tradurre in una strategia territoriale ben definita dove il vino diventa un attrattore culturale.
D. Quale figura nascerà dall’ Executive Wine Master Etna?
R. Un vero e proprio brand ambassador in grado di raccontare l’Etna dal punto di vista storico, vulcanologico, territoriale e in grado di promuovere il vino come espressione del territorio in tutte le sue molteplici dimensioni. L’obiettivo del master è formare del personale altamente qualificato in grado di capire le dinamiche di un territorio specifico, analizzarle dal punto di vista economico, intercettare le potenzialità e saperle gestire sul profilo delle vendite, turismo, incoming. Capire la specificità dell’Etna e saperla raccontare è la vera sfida.
D. Come sarà strutturato il master dal punto di vista didattico?
R. Le lezioni saranno un mix tra competenze nel campo della degustazione, marketing territoriale, comunicazione. Formeremo degustatori che conoscano bene i vini dell’Etna raccontando le peculiarità dei vini vulcanici, con monografie dedicate ai vari vitigni, i versanti, le contrade. Quattro lezioni avranno come oggetto l’inglese del vino, il francese del vino. Ci saranno lezioni su territori specifici, sulle nuove tecnologie, i social, l’architettura delle cantine, la cinematografia e la fotografia. Non solo vino. Ci sarà una lezione su tutto quello che sta nascendo sull’Etna, dalle birre ai distillati. Il sistema Etna viene affrontato nella sua complessità. Servono competenze a 360° che permettano alla figura di raccontare l’Etna e definire le strategie.
D. Ha parlato di “sistema Etna”. Un passaggio fondamentale per poter avere dei risultati concreti?
R. Se non si concepisce l’Etna come un sistema e non si ragiona facendo parte di un sistema, si rischia di vedere il tutto come un fenomeno di moda. E come tutti i fenomeni, potrebbero essere delle meteore. Per questo, vogliamo coinvolgere tutte le realtà presenti su questo territorio e lavorare con loro in sinergia e in maniera strutturata. A partire dai produttori, che saranno i consulenti del master. Stiamo anticipando quello che le istituzioni avrebbero dovuto capire e fare da tempo: definire il sistema Etna.
D. Il mondo del vino siciliano è cresciuto tantissimo ma quali sono i gap da colmare e su cosa puntare nel futuro?
R. Sia che i produttori che le istituzioni devono lavorare in sinergia e lasciare da parte ogni individualismo. Nelle altre zone della Sicilia, il mondo del vino sta già mostrando grande sensibilità e attenzione alle tematiche legate al cambiamento climatico. Ritornando a parlare di Etna, si deve pensare ad una comunicazione e una gestione diversa. È impossibile pensare che non esista un collegamento diretto tra Catania e il vino dell’Etna così come accade a Bordeaux, dove già in aeroporto avviene l’identificazione della città con il mondo vitivinicolo. I gap da colmare hanno quindi a che vedere con, ripeto a dire, la mancata visione di un sistema nel mondo vitivinicolo. Il futuro è legato all’enoturismo e alla capacità di offrire esperienze di qualità ma anche alla biodiversità, vero patrimonio siciliano, e all’identità del vino siciliano. Bisogna considerare il vino una parte dell’economia reale e farlo entrare nei percorsi formativi come accade in Francia.
D. Come è cambiato l’appeal del vino negli ultimi anni?
R. Oggi, chi sceglie di conseguire il diploma di sommelier non lo fa semplicemente per passione ma perché vuole spendere le competenze dal punto di vista formativo. Le professioni di un tempo sono in crisi ma non lo è il mondo enogastronomico.
D. Cambia anche il ruolo del sommelier
R. La FIS ha sempre puntato alla qualificazione del sommelier come professionista del vino e abbiamo sempre lottato per il riconoscimento e il rispetto della professione anche dal punto di vista economico. C’è più consapevolezza rispetto al ruolo del sommelier ma non da parte di tutti i ristoratori. Bisogna chiarire che il sommelier non è colui il quale vende il vino ma racconta il vino e la sala non può essere lasciata all’improvvisazione. A livello didattico, al sommelier non si forniscono solo nozioni tecniche ma la capacità di raccontare il territorio e la sua identità. Da tecnico del vino a storyteller. C’è un cambiamento di approccio grazie ad un percorso formativo che punta sempre più in alto e qualifica questo lavoro. Creando una grande formazione professionale si alza l’asticella e si cambiano le prospettive rispetto ai professionisti del settore enogastronomico. Il master che partirà vuole formare dei professionisti di alto profilo portando, di conseguenza, ad un cambiamento del rapporto economico.
D. Quali sono gli errori che si fanno nel comunicare il vino?
R. Sbagliano quelli che pensano che un certo tipo di comunicazione sia l’ unico strumento senza l’apporto di alcun contenuto. Non basta una foto per vendere il vino. Bisogna trovare un certo equilibrio nel comunicare il vino tra visual e contenuto. Stiamo vivendo un problema opposto al passato: prima c’erano i secchioni del vino, incapaci di comunicare, mentre oggi è tutto immagine, proiezione all’esterno senza contenuti, senza formazione.
D. Il futuro della Fondazione Italiana Sommelier?
R. Proseguire su questa strada e scommettere sempre su qualcosa di diverso, adeguando il linguaggio ai mutamenti sociali. Essere sempre al passo con i tempi, concepire il vino con una visione olistica, come parte di un sistema.
di Liliana Rosano
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