Nuova tecnica o ritrovato metodo di vinificazione? La macerazione sulle bucce è uno dei passaggi decisivi nella produzione di un vino. Da questa dipende buona parte del profilo organolettico e gustativo. La tecnica prevede che l’esocarpo, circa sei strati di colorate, gustose, profumate cellule costituenti la parte esterna del chicco d’uva, resti a contatto con il mosto per giorni o persino settimane. Da lì si estraggono colore e preziose fragranze. Detto diversamente, da qui viene tagliato il vestito e le (buone) maniere di un vino. Così è, da millenni.
Ora, se questa “skin-contact” è la normalità nella vinificazione in rosso, già solo per il fatto che il colore rosso si estrae dalla buccia, non lo è affatto per la vinificazione in bianco, che solitamente non la prevede. In questo caso, la tecnologia ha fornito nuove e imprevedibili opportunità. La minore colorazione, i diversi estratti e/o gli errori nel controllo delle temperature, spesso alte, sono croce e delizia dell’enologo che chiede di più alle sue uve più importanti. Possono, infatti, venir fuori sostanze amare, tannini astringenti, colorazioni aranciate, così come intensi profumi di terra, di frutta, di pollini e di tutta quella vita che delicatamente riveste e si posa sui succosi acini. Il vino che ne vien fuori, di fatto, rischia di essere “ruspante”, ma potrebbe essere un’espressione più vicina ad una elegante bugia, ovvero essere un vino di grande personalità.
L’esperimento “sulle bucce” condotto da Carolina e Francesco Cucurullo della cantina Masseria del Feudo, con il contributo esperto dell’enologo Emiliano Falsini, ha un nome.
Si tratta del Doc Sicilia Grillo, Hermosa, annata 2018. Le uve provengono da una selezione fatta a mano su una parcella di un vecchio vigneto di Grillo allevato a Guyot, a 500 metri di altitudine, e vendemmiate a inizio settembre. I suoli sono calcarei e di medio impasto, con una forte presenza di scheletro.
Dopo la diraspatura, le uve fermentano unicamente con i lieviti indigeni, quelli presenti sulla buccia, e rimangono a contatto con il mosto per circa due settimane, durante le quali avviene la fermentazione alcolica. Segue un ulteriore contatto sulle bucce per un totale complessivo di 40 giorni, e successiva sosta sur-lies fino al momento dell’imbottigliamento.
Alla vista è di colore giallo paglierino carico con riflessi verde-oro. Al naso è complesso, compatto, con le tipiche note varietali del grillo, un interessante mix tra note floreali, erbacee e fruttate, impreziosite da note di scorza di arancia, felce, tè bianco, nocciola tostata e marzapane. Al palato è avvolgente, quasi caldo, con spiccata vena sapida sorretta da un tannino fine e saporito. Il finale è lungo, dinamico, bilanciato. Piacevole al sorso, è intenso e sorprendentemente elegante.