In ricordo di Salvo Di Bella, sommelier

 

Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono in verità i quattro atti di quest’opera buffa che si chiama vita e che svanisce come la schiuma di una bottiglia di Champagne. Chi la lascia fuggire senza averne goduto, è un pazzo. Gioachino Rossini, chef e musicista


 

Incontrai Salvo Di Bella per la prima volta a Taormina. Brillava nella sua divisa blu, ma la cravatta regimental e la camicia perfettamente inamidata, si perdevano nella eleganza di un fazzoletto rosso da taschino che fuoriusciva senza disciplina dalla giacca. Bastarono pochi minuti per capire che era una persona speciale, che la conoscenza e la professionalità del sommelier non gli impedivano di usare un linguaggio affascinante, gioioso, fuori dalle regole. Era un modo di esprimersi unico, mutuato da elementi derivati dalla moda, dall’arte e dalla letteratura. Da tutto quello che era bellezza e che si adattava perfettamente a lui e al vino che aveva di fronte. Quando lo descriveva, volteggiava vaporoso nel racconto, cogliendo pienamente la leggerezza dell’argomento e il desiderio di evasione in chi ascoltava. Ai colleghi ricordava con amabile severità l’importanza del ruolo e tutti quegli gli aspetti che dovrebbero essere orgoglio e vanto di un grande ristorante. Contagiosa la sua allegria.

Poi, ci incontrammo in numerose edizioni di Sicilia en Primeur (la foto è stata scattata a Radicepura a maggio del 2017) e in eventi dove il vino necessitava di un accompagnamento consapevole e un supervisore navigato. I migliori giornalisti che gli ho visto servire ne apprezzavano il garbo, l’essenziale precisione e l’immediatezza della informazione.

Lo ricorderemo a lungo. Alla moglie Mariagrazia Barbagallo e alla figlia Gaia un affettuoso pensiero. A Salvo, non possiamo che dedicare un brindisi, il miglior “Cin!” di sempre, e una celebre frase di Gioacchino Rossini. Buon Viaggio Salvo.

FP

 

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