Maccus, Pulcinella e la favella “in maschera” di un piatto molto siciliano

 

Il Macco di Fave è un piatto chiave della tradizione siciliana dalle innumerevoli varianti. Il suo ingrediente principale è la fava secca o fresca, “ammaccata” sino a divenire quasi una crema. Questa sua particolare consistenza dovuta allo schiacciamento è definita Macco e si ricollega ad un personaggio della commedia greca, poi campana e romana, noto come “Maccus”. Si consideri che “maccare” in tardo latino significa schiacciare, ridurre in poltiglia.

Chi era Maccus? Dal greco “maccoan“, significa letteralmente “fare lo sciocco”, lo stupido, e nella commedia antica (da kòmos, baldoria) era un ruolo decisivo nella costruzione del lato buffo della storia. Più in dettaglio, nella farsa Atellana, originariamente in lingua osca – siamo in Campania intorno al IV secolo a.C. – Maccus era in compagnia di BuccusPappus e Dossennus, tutti personaggi della stessa commedia.  All’interno della rappresentazione, i ruoli erano fissi: poteva cambiare la storia e spesso si improvvisava, ma i quattro – tutti in maschera e complici a vario titolo – erano l’asse portante sul quale costruire la rappresentazione.

Pulcinella (Pulciné), foto di Marialba Italia

Ciascuno aveva le sue caratteristiche: tre ruoli erano sciocchi, Maccus era giovane, stupido, molto goloso e mangione, sempre innamorato di qualcosa o qualcuno; Pappus era un vecchio babbeo; Bucco un fanfarone petulante. L’ultimo, invece, introduceva l’elemento della scaltrezza e della imprevedibilità: Dossennus era un vecchio gobbo e assai scaltro.
Maccus, fortemente caratterizzato a dalla stupidità, era quasi sempre sbeffeggiato e, appunto, malmenato. Alcuni studiosi lo considerano persino il progenitore di alcune famose maschere napoletane, tra le quali Pulcinella. L’archeologa e storica dell’arte greca Margarethe Bieber sosteneva, infatti, che discendesse proprio da Maccus: era un servo dal naso lungo, dalla faccia bitorzoluta e dal ventre prominente. Indossava in testa un copricapo (il tutulus), probabilmente per coprire la calvizie, una camicia larga e bianca e il volto era coperto da mezza maschera. Maccus prendeva tante botte ed era schiacciato dagli eventi della farsa, così come le fave del nostro squisito piatto della tradizione.

La Sicilia e il piatto
Il Macco è in Sicilia un piatto di “buon auspicio”. Le fave, coltivate così come ceci, lenticchie, piselli e lupini ai fini della rotazione colturale di farro e frumento, costituivano un piatto gustoso e semplice da preparare. Sino a poco tempo fa, i proprietari dei campi, una volta terminato il raccolto, offrivano del macco ai contadini per festeggiare. Invece, nel siracusano, è ancora oggi un piatto della devozione a San Giuseppe. Veniva offerto in voto alle ragazze orfane e povere.
In linea generale, il Macco si ottiene naturalmente dopo una lunga cottura: si forma nel totale disfacimento delle fave, secche o fresche che siano. È un piatto adatto a qualsiasi stagione dell’anno, da mangiare caldo o appena tiepido nella stagione estiva. Ogni area di Sicilia ha una sua versione, ma quasi tutte utilizzano il finocchietto selvatico per aromatizzarlo.

La ricetta tradizionale
Il procedimento: mettere la sera a bagno 1 Kg di fave secche sbucciate, calcolare circa 8 ore. Sciacquarle e metterle in un tegame di terracotta. Coprirle abbondantemente con acqua, “maccare” le fave, ovvero, schiacciarle sino a ridurle in poltiglia. Far cuocere abbassando la fiamma dal momento del bollore per almeno tre ore e fino quando tutte le fave si saranno spappolate e ridotte in una purea brodosa. Aggiungere del finocchietto selvatico tagliato a ciuffetti e delle scaglie di mezzo peperoncino. Se si vuole, si può unire della pasta, diluendo con un po’ d’acqua bollente, quel tanto per ottenere una minestra brodosa ma non troppo. Condire nel piatto con un filo di extravergine di oliva.

Il vino
Abbinare il vino giusto al macco potrebbe sembrare semplice. La morbidezza, quasi dolce, dei legumi è solitamente abbinata a rossi giovani poco tannici, ad esempio con un Frappato o un Nerello di pronta beva. Tuttavia, quello che spesso non viene considerato è la variante aromatica fornito dalle verdure spontanee amare e dal finocchietto selvatico, ingredienti molto utilizzati per questo piatto. Per questo, a nostro modo di vedere, sono da preferirsi vini bianchi con una buona aromaticità, giovani e di media struttura; oppure vini rosati.
Tra questi:

Sicilia Continente Gastronomico, il libro de le Soste di Ulisse, Giunti Editore

Le ricetta creativa
chef Gaetano Basiricò, Ristorante Serisso 47 di Trapani
Sicilia Continente Gastronomico, Le Soste di Ulisse / Giunti Editore

 Maccu di favette fresche, “Qualeddo” fritto, tartare di scampi e spuma al fumetto di scampi, prezzemolo con “Trappitu” delicato, crumble tostato di pane di Tumminia

La ricetta di Gaetano Basiricò unisce al macco di fave fresche dei vivaci aromi di mare. Per la preparazione (4 persone) occorrono: per il macco 120 gr. di favette fresche sgusciate e prive della pellicina, due gambi di prezzemolo, un cipollotto, un pomodoro rosso (solo la polpa senza semi). Verdure: due mazzetti di circa 300 grammi di “qualeddo” (ravizzone). Scampi: 500 gr. di scampi freschi. Per il fumetto: gli stessi scarti della pulitura degli scampi, un cipollotto, due gambi di prezzemolo e 200 gr. di acqua ghiacciata. Per il crumble: due fette di pane di farina di Tumminia (Timilìa).

Procedimento
Pulire gli scampi. Con gli scarti preparare un fumetto da far raffreddare. Tostare in un pentolino gli scarti degli scampi e unire cipollotto e prezzemolo. Appena tutti gli ingredienti sono tostati, unire l’acqua fredda e fare cuocere fino a ridurre l’acqua a meno di un terzo circa. Regolare di sale e pepe, filtrare e fare raffreddare in frigo. Battere gli scampi al coltello in una grossolana tartare e condire con poco sale, pepe e un filo di olio. Mettere in frigo.
Bollire il “qualeddo” per circa 7-8 minuti, sgocciolare per bene e friggere fin quando risulterà ben croccante.
Preparazione del maccu di fave: preparare un brodo vegetale con tutti gli ingredienti, tranne le favette. Dopo 5 minuti di cottura estrarre le verdure, aggiungere le favette per 3 minuti, scolare e immergerle in acqua e ghiaccio. Sgocciolare e passare al minipimer, aggiungendo poca acqua fredda e olio fino a ottenere una vellutata densa. Regolare di sale e pepe. Per la spuma: frullare al minipimer un ciuffo di prezzemolo con il fumetto di scampi, filtrare e pesare 40 grammi da montare, sempre al minipimer, con 40 grammi di olio. Per il crumble: sbriciolare il pane e tostare in padellino con un filo di olio d’oliva.

Presentazione
Dividere il “qualeddo” fritto in quattro coppapasta (4/4,5 mm circa), pressare e aggiungere la tartara di scampi e livellare. Distribuire il macco in quattro piatti fondi, livellare e poggiare il “tortino” formato con qualeddo e scampi. Aggiungere una cucchiaiata di spuma sopra la tartara e una cucchiaiata di crumble sul macco. Completare con un filo d’olio “Trappitu” delicato.

Lo chef Gaetano Basiricò

Gaetano Basiricò
Nato il 23 novembre 1962 a Paceco in provincia di Trapani, Gaetano Basiricò si è avvicinato alla cucina sin da ragazzino in modo quasi naturale, per il bisogno di preparare da sé i piatti da gustare. Numerose le esperienze compiute nella sua vita in tante parti d’Italia e d’Europa, sino a quando nel marzo del 2010 inaugura a Trapani il ristorante Serisso 47, di cui è chef patron. Tra i suoi interessi, la cucina africana, in particolar modo quella maghrebina.

Serisso 47
Via Serisso, 47 – 91100 Trapani TP
tel. 0923 26113
http://www.serisso47.com
Apertura: tra fine febbraio e marzo 2022 (si suggerisce di prenotare)


le foto di pulcinella sono di Marialba Italia (flickr)