Monica Larner è giornalista, critico professionista tra le più conosciute a livello internazionale; firma per l’Italia Wine Advocate di Robert Parker. Profonda conoscitrice della realtà siciliana, partecipa a Sicilia en Primeur sin dalla prima edizione. Abbiamo avuto il piacere di intervistarla negli ultimi minuti dell’evento, nella giornata del 29 aprile.
D. Monica, il tuo punto di vista è per noi molto importante. Dacci una prima impressione sulla Sicilia del vino
R. La prima riflessione che posso subito fare, avendo assaggiato più di cento vini in questi giorni, è il lento e netto miglioramento, ogni anno, dei prodotti siciliani. Tutto questo si sta verificando in maniera concreta, positiva, e di questo sono molto contenta. Lo vedo nelle mie degustazioni, anche perché faccio dei riassunti nel corso degli anni, e riscontro in media due punti in più per tante aziende. Noi usiamo un punteggio in centesimi, dunque vedo questa crescita della qualità per tante cantine siciliane; è una cosa che mi fa molto piacere. Vuol dire che si impara dagli sbagli fatti in passato, e che si procede nella produzione di prodotti buoni.
D. La Sicilia è un territorio davvero grande: la parte occidentale ha un suo stile ben definito; quella sud-orientale un altro; poi l’Etna, il Faro e il versante nord-orientale. Tra queste espressioni, come giornalista, ce n’è una che ti stimola maggiormente?
R. Si, sicuramente. Potrei dire due cose: altissima qualità per alcuni tipi di vini, in riferimento all’affinamento e al loro “futuro”, in questo caso, per questa tipologia, penso all’Etna; oppure, allo stesso tempo, la Sicilia ha un vastissimo patrimonio di altri vitigni molto piacevoli al palato, che puntano all’immediatezza, alla capacità di essere abbinati a ricette e a sapori provenienti da ogni parte del mondo. Quindi la Sicilia ha queste due marce: la prima, ha la capacità di aprire a nuovi mercati, ad esempio con il Nero d’Avola che un vitigno più morbido, più fruttato e che piace subito a tantissimi mercati; l’altra, con un diverso tipo di vino, ad esempio con un Etna rosso, che è un po’ più austero, sofisticato. Magari non piace a tutti, ma mostra l’altro lato della qualità siciliana e che può essere apprezzato da chi vorrebbe un vino da lungo affinamento.
D. Come vedi per la Sicilia la vicinanza tra vitigni internazionali e vitigni autoctoni? Vedi grandi differenze?
R. Prendiamo come esempio Bordeaux: qual è il vitigno più importante? Il Cabernet Sauvignon o il Merlot? Se si dovesse fare una scelta sarebbe impossibile, perché sono due vitigni molto importanti, molto diversi, e comunque tutti e due fanno parte di quel territorio. Io vedo una situazione simile per la Sicilia: ci sono vitigni internazionali con i quali si fanno ottimi vini; e ci sono i vitigni autoctoni. Dunque, non c’è motivo per non averli tutti e due e avere due diverse espressioni dallo stesso territorio.
D. Ultima domanda, un’opinione sulla manifestazione “Sicilia en Primeur” di Assovini Sicilia
R. Si, molto volentieri. Ho seguito ogni anno questo evento sin dalla sua prima edizione del 2003. Sento anche molta nostalgia perché ho bellissimi ricordi delle cose che questo evento mi ha regalato. La mia conoscenza dei vini siciliani nasce qui, in questa manifestazione, in questo ambiente. Per quanto riguarda l’organizzazione, il servizio dei sommelier e la logistica, credo che questa sia stata la migliore tra tutte.