Diffuso nella Sicilia occidentale, particolarmente nel territorio di Trapani, il Grillo è un vitigno chiave nella produzione dei vini della provincia di Trapani. Fondamentale per i Marsala, ha dimostrato negli ultimi anni di essere un protagonista anche della tavola e sembra, anzi, che si sia evoluto sempre di più come vino strutturato e da affinamento. Con risultati sorprendenti.
Un passo indietro. Sulla sua storia e sulle caratteristiche c’è ancora poco. Sappiamo, però, che è un vitigno contemporaneo e che è un incrocio tra i vitigni Catarratto e Zibibbo (o Moscato di Alessandria). Le informazioni di archivio portano a Favara, un comune dell’agrigentino.
Sul finire dell’Ottocento, il barone Antonino Mendola, agronomo e ampelografo, si dedicò allo studio delle viti, su oltre 4 mila varietà. Fra i documenti ritrovati ce n’è uno importantissimo. L’atto di nascita del Grillo, datato 1874, è scritto di pugno proprio dallo stesso Mendola: “seme di Catarratto bianco fecondato artificialmente col Zibibbo nella fioritura del 1869 nel mio vigneto Piana dei Peri presso Favara; raccolto a 27 agosto dello stesso anno; seminato in vaso a 3 marzo 1870 e nato verso il 20 maggio. Nel 1871 osservando nel vaso 105 una piantolina ben distinguersi tra le molte sue consorelle per vigore e colore delle foglie e più per tormento trassi una piccola mazza e la innestai nel febbraio 1872 sopra un robusto ceppo di Inzolia nera onde affrettare la fruttificazione e così ebbi il piacere di gustarne i primi grappoli nell’autunno 1874. Dedico questa pianta al chiarissimo Ing. G. B. Cerletti, direttore della Stazione Enologica di Gattinara”.
Giovan Battista Cerletti era uno dei tanti contatti di Mendola, a lui dedicò questo che chiamò, appunto, Moscato Cerletti. Lo stesso Mendola scriveva, sempre nel 1904: “ibridai il Catarratto comune di Sicilia collo Zibibbo, per ottenere un ibrido colle virtù miste dell’uno e dell’altro progenitore, per potere fabbricare un Marsala più aromatico”.
Un dettaglio importante. Nella fase di un recente studio sono stati individuati due biotipi, chiamati A e B, che presentano differenze sostanziali. Uno è più fresco, più simile a un Sauvignon Blanc. L’altro è più potente, più alcolico e dall’aroma più mielato, forse più adatto a produrre vini liquorosi come il Marsala. Ed ecco spiegata la sua incredibile versatilità.
Tutto ciò premesso, visto il recente passato, ci si potrebbe chiedere quale sia il futuro del Grillo. Riscontri oggettivi lo trovano esposto su vari fronti. Come detto, è uno dei vitigni migliori per il Marsala, ma si trova anche allo scaffale come vino da pasto e in varie vesti, da quella elegante ed elitaria a quella caratteriale e identitaria del suo territorio. Insomma, un vitigno molto versatile.
Tra due versioni contrapposte di Grillo, una come vino competitivo, potente, di eccellenza, l’altra come vino di largo consumo, il suggerimento che arriva dalla ricerca è di puntare sulla veste “elitaria”. Nessuna considerazione è fatta sulla sua “identità”, di vitigno e di un territorio. Deve esserne fedele testimone? Se si come?
Se ci si guarda attorno, i casi di successo del vino non mancano. La storia premia i prodotti attraverso i mercati, gli acquisti, i luoghi, prima ancora di una scelta predeterminata dal produttore. Il futuro del Grillo ci appare florido e luminoso, ma siamo sicuri che saranno i mercati a determinarne il successo, così come successo a Champagne, a Bordeaux, in Borgogna, in Mosella, a Barolo e a Montalcino.
di Francesco Pensovecchio