Il nerello mascalese sarà il vitigno siciliano più importante della prossima decade. Parola di Helmut Kocher, patron del Merano Wine Festival, una delle exibition del wine & food più importanti d’Italia e – ce lo si consenta – più belle del pianeta.
Il monitoraggio costante e globale della produzione enologica effettuata tramite i Wine Hunter, i naso o “cacciatori del vino” del MWF, conferisce alla manifestazione non solo valore divulgativo, ma anche di studio e ricerca.
Alla luce di questo, la Sicilia è per Helmut Kocher materia di interesse e oggetto di previsioni a medio-lungo termine. Nella breve intervista video realizzata in esclusiva per WIS, Kocher accende un riflettore sul Nerello Mascalese, segnando la combinazione tra identità territoriale e caratteristiche organolettiche del vitigno, qualità che lo rende unico nel panorama internazionale.
Siamo concordi su tutto: il nerello mascalese è un vitigno territoriale di incredibile importanza, non solo legato alla Sicilia nord-est tra Messina, Catania, Eolie, Faro e vulcani; ma è anche un vitigno “pan siciliano” storicamente diffuso su tutta l’isola, da est a ovest. Palermo, Termini Imerese, San Cipirello, Trapani, Agrigento, esso trova ampia diffusione anche in Calabria sull’altra sponda dello Stretto.
Di seguito alcune note tratte dal libro Identità e ricchezza del vigneto Sicilia, un importante lavoro dell’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, Dipartimento Regionale dell’Agricoltura; a cura di Attilio Scienza, Dario Cartabellotta, Vito Falco, Giacomo Ansaldi, Francesco Gagliano.
Importanza e diffusione del nerello mascalese
Il Nerello mascalese è il principale vitigno autoctono della zona etnea ed entra per non meno dell’80% nella costituzione dell’Etna Rosso D.O.C. La sua coltivazione è presente anche nella provincia di Messina, dove entra a far parte della D.O.C. Faro, e in quelle di Agrigento, Palermo e Trapani dove viene utilizzato in uvaggio per la produzione sia di vini rossi che rosati. Il Nerello mascalese trova ampia diffusione anche sull’altra sponda dello Stretto, in Calabria, dove è utilizzato sia per la produzione di vini a D.O. che I.G.T.
Cenni storici
Appartiene alla grande famiglia dei Nerelli o Nigrelli o Neri siciliani, che nella collezione del barone Antonio Mendola, ampelografo, agronomo e viticoltore, erano più di dieci e che l’Autore definisce “tutti fertili, viniferi, a uve non profumate, sparsi per tutta la Sicilia e a grappoli neri, donde pigliano nome”. Nel “Catalogo delle varietà di uve osservate ne’ contorni di Termini” (Acerbi, 1825), riporta il Niuri grossu, il Niuri zurbusu e il Niereddu scuzzulunni. Negli elenchi pubblicati dai Comitati provinciali siciliani risultano, sotto il termine Neri, Nerelli e Negrelli, più di venti varietà. Mendola, Di Rovasenda ed anche Pulliat e Mas ne Le Vignoble (1874- 1879) considerano il Nerello mascalese nel gruppo del nerello cappuccio e i primi due autori differenziano il mascalese dal cappuccio per il colore del legno che invece di essere cardellino giallo è beige e perché impone nel vino più colore ed una certa austerità.
Il nome del vitigno fa riferimento alla Contea di Mascali, antico territorio alle pendici dell’Etna, sito tra l’attuale Giarre e Mascali (CT), probabile centro di origine o almeno di diffusione della cultivar. Studi parentali suggeriscono una parentela con il Carricante.
La raccolta medio-tardiva tardiva. Queste caratteristiche ne definiscono un ciclo vegeto-produttivo medio-lungo. Negli ambienti più tradizionali di coltivazione l’epoca di maturazione è posticipata anche di oltre due settimane rispetto a quanto rilevato nella collezione di Marsala.
La maturazione delle uve inizia successivamente alla prima decade di agosto ed è da ritenersi mediamente tardiva. La cinetica relativa all’accumulo degli zuccheri risulta rapida nella prima fase della maturazione, mentre in seguito rallenta e progredisce in modo regolare protraendosi fino ad oltre la seconda decade di settembre, consentendo così di raccogliere uve con tenori zuccherini superiori alla media.
Sotto il profilo sensoriale, i vini ottenuti da questo vitigno si presentano di un colore rosso rubino poco intenso, il profumo è fortemente caratterizzato da sentori fruttati di elevata intensità di fragola e frutti di bosco, leggere note floreali, in particolare viola, accompagnate da note balsamiche e di spezie come il pepe nero. Al gusto è equilibrato, con struttura elevata, di buona astringenza; la percezione della sensazione alcolica è intensa, ma ampiamente sorretta dall’acidità, la persistenza aromatica è estremamente prolungata.
di Francesco Pensovecchio
Il video è anche su Youtube: https://youtu.be/-a3semFzVBs