Si sente spesso dire che “la bellezza sta negli occhi di guarda”, e di bellezza, negli occhi del professor Massimo Cazzaniga, architetto milanese classe 1940, ce ne deve essere davvero tanta per esser riuscito a intravedere tra le mura scrostate e i vetri rotti dell’appartamento fatiscente che acquistò nel 2002 la raffinata eleganza e la magnificenza di quello che oggi è Palazzo Pantelleria.
Stiamo parlando dell’edificio storico tra piazza Giovanni Meli e Largo Cavalieri di Malta, un tempo sfarzosa dimora dei Requesens, famiglia nobile spagnola arrivata in Sicilia nel XV secolo alla corte di Re Alfonso d’Aragona, conti di Buscemi e Regalmuto nonché principi di Pantelleria, titolo che diede il nome al palazzo, appartenuto poi nei secoli successivi ai Gravina e ai Várvaro.
Dell’antico sfarzo del Palazzo si trova traccia anche nei documenti dell’epoca: lo storico siciliano Nino Basile lo descrive “tutto infiorato di ricami” in occasione dei festeggiamenti in onore di Filippo V: “ingallonato con guarnimenti d’argento, dando a vedere l’immagine del re. Era fiancheggiato con falde attorno cerulee e gialle e dai balconi correvano sotto nobilissimi arazzi, ma i balconi di dietro, che rimirano la strada dei Coltellieri, erano vestiti di apparati rosso e gialli a mezze lame”.
Ben diverso lo spettacolo che si trovò davanti il professor Cazzaniga nel 2002, quando visitò il Palazzo per la prima volta: adibito a rivendita di tessuti e tende, disabitato da due anni, disastrato e in evidente stato di abbandono, la struttura originale inquinata -per guadagnare metratura- da soppalchi e murature che ne deturpavano l’architettura originale. Ma il valore di questo edificio, per l’occhio esperto dell’architetto -una vita intera passata a restaurare case antiche, la prima a soli 26 anni- stava in quello che era stato un tempo e in quello che sarebbe (ri)diventato.
Michelangelo Buonarroti sosteneva che quando guardava un blocco di marmo, vi vedeva già dentro la forma dell’opera d’arte e che il suo lavoro non consisteva in altro che togliere il superfluo, il marmo di troppo che imprigionava la statua, in modo da rendere visibile ciò che secondo lui era già lì. Lo sguardo del Cazzaniga su Palazzo Pantelleria e il suo primo intervento sulla struttura sono stati, in questo senso, “michelangioleschi”: liberare l’architettura originale da tutte quelle che in gergo tecnico vengono definite “superfetazioni edilizie”, e cioè le murature che negli anni erano andate a inquinarne e deturparne la bellezza e gli equilibri, come per esempio i soppalchi che dividevano in due i bellissimi soffitti a volta dei saloni, alti 6 metri.
Sei mesi ci sono voluti per liberare l’opera d’arte dal suo blocco di marmo e ridarle nuova vita, riportandola alla struttura originale. Solo il primo passo di un lento e sapiente processo creativo che ne ha ridisegnato gli interni con un gusto e una cultura squisiti, che parlano della decennale esperienza del professore in fatto di restaurazione di case antiche: Milano gli deve una trentina di case d’epoca restaurate e riconsegnate all’antico splendore.
WIS: Da Milano a Palermo: perché? E perché Palazzo Pantelleria?
C: “Mio padre sosteneva che un modello di vita ideale avrebbe dovuto prevedere sei mesi di vita in campagna e sei mesi a Palermo, dato che questa città vanta il miglior clima di tutta Italia” ricorda sorridendo l’architetto che nel capoluogo siculo dice di trovarsi benissimo e non solo grazie alle temperature miti: la gentilezza delle persone, la vicinanza del mare, il prezioso patrimonio culturale e artistico, ne hanno fatto la sua seconda casa, per sei mesi all’anno, da ottobre ad aprile, proprio secondo quanto prescriveva la saggezza paterna. Volevo fare un dono a questa bella città” spiega l’architetto “volevo recuperare qualcosa di importante: questo non era un edificio qualunque, era una casa piena di storia, gli riandava dato il giusto posto”.
E varcando la soglia del Palazzo, così come si presenta oggi, è proprio questa la sensazione che si prova: quella di essere immersi nella storia, di fare un salto indietro nel tempo. Intrisa di bellezza, dipinti, sculture, marmi, ceramiche, mobili antichi, candelabri, affreschi, opere d’arte –ed opera d’arte essa stessa-, questa casa regala al visitatore che abbia la fortuna di percorrerne i saloni, un’emozione quasi stendhaliana tanti e sorprendenti sono i dettagli su cui è possibile soffermarsi.
Impossibile passare in rassegna in queste righe tutti gli oggetti, le opere d’arte, i pezzi antichi, i mobili e i dipinti racchiusi tra le mura di questo edificio. Anche solo per enumerarli tutti ci vorrebbero pagine e pagine di inchiostro. Entrare a Palazzo Pantelleria è un po’ come metter piede in un serra dove vengano allevate centinaia di orchidee preziose e rarissime, da ogni lato del mondo: i sensi sono stimolati ovunque si posi lo sguardo.
Si può passeggiare per i suoi corridoi, far scorrere lo sguardo lungo la teoria dei suoi saloni e poi decidere, di volta in volta, su quale particolare soffermarsi per goderne i dettagli e ascoltarne la storia che i famigliari del professor Cazzaniga, Francesco e Anna, squisiti anfitrioni addetti alla ricezione degli ospiti, saranno contenti di raccontare.
Dal 2016 è infatti possibile pernottare in questo bellissimo monumento – “Casa Museo” è la definizione usata per definirlo, ed è quella probabilmente più appropriata-. Questa bella dimora restava disabitata durante i mesi estivi -durante i quali il professore si rifugia nella casa di famiglia in mezzo all’amata campagna, nella provincia di Milano-. Un peccato lasciarla vuota, senza contare i costi di mantenimento, manutenzione e ristrutturazione. Nasce così l’idea della Bella Palermo, www.labellapalermo.com aprire le porte di Palazzo Pantelleria a un pubblico di ospiti selezionati che fossero interessati a vivere questa città in modo diverso, dando loro la possibilità di affittare l’intera struttura come un unicum di 5 stanze da letto – 3 matrimoniale e 2 singole – per un totale di 8 posti letto, per vivere qualche giorno immersi nell’arte e nella storia. “Non si tratta di lusso, ma di bellezza” come si legge nella pagina del sito. Gli ospiti hanno così la possibilità di dormire in un letto del ’700 godendo del fascino di una residenza storica e di tutti i tesori in essa racchiusi, prendendosi il tempo necessario per esplorarla e ammirare i pezzi unici in essa custoditi.
Potranno così scoprire, per esempio, che il mobile all’ingresso su cui poggia una scultura in acciaio di Giulio Ciampi è in realtà l’ex pulpito di una chiesa, ritrovato da un antiquario del bergamasco; che la pittura su tela in cui si imbatte lo sguardo, appena entrati sulla sinistra, è della scuola del Veronese e rappresenta i santi Marco e Marcellino condotti a martirio, bozza probabilmente del famoso dipinto di Paolo Veronese, di 5metri x 6metri che si trova attualmente nella chiesa di San Sebastiano a Venezia. Sporgendosi sul centrotavola della sala da pranzo, tra il bronzo, il corallo e le conchiglie che lo compongono, si noteranno sinuose sirene appoggiate sui bordi dei gusci marini, protese ad ammirare la propria immagine riflessa, forse, o qualche bagliore sul fondo del mare.
Si potranno ammirare i candelabri di marmo del Marocco, i lampioni veneziani poggiati su capitelli romanici e alcuni preziosi esemplari di ventagli antichi di cui il professore è appassionato collezionista.
Entrando nella bella biblioteca si potrà far scorrere lo sguardo lungo l’impressionante raccolta – 16.000 volumi – di libri appartenuta allo storico direttore del Corriere della sera Giulio Nascimbeni, tra cui è custodito anche un carteggio tra lo stesso Nascimbeni e Montale.
Voltando lo sguardo verso la fuga di saloni si resterà per un attimo come sospesi tra le sfumature di azzurro – sarà lo stesso ceruleo che vide Basile nell’anno 1700?- che inondano questa ambiente, e si rimarrà estasiati dalle forme e dalle tinte del lampadario in vetro soffiato di Murano, che pende dal bellissimo soffitto a volta affrescato, arrivato fin qui in dodici casse ed elettrificato dopo un attento restauro. In fondo alla fuga di saloni, uno dei pezzi originali della casa: un affresco datato XVIII secolo e rappresentante un rientro alla Villa Pantelleria del Principe.
Lombardia, Francia, Marocco, Venezia…: le opere d’arte che compongono questa dimora arrivano da tante epoche e tanti posti diversi, da antiquari, collezionisti, case d’asta ma anche da rigattieri e mercatini di strada.
Non è insolito per gli amici e parenti del Cazzaniga ritrovarlo nel terrazzino – tra limoni, aranci, mandarini cinesi, palme, kenzie, sterlizie e ibiscus- intento ad armeggiare con acquaragia, decappanti , solventi e martelletti per ripulire il suo ultimo ritrovamento, magari pescato da una bancarella di Piazza Marina, tra le cui cianfrusaglie l’occhio attento del professore riesce a distinguere perle preziose a cui con piacere ed emozione ridà nuova vita e una nuova storia (proprio come ha fatto, in scala maggiore, con l’intera dimora). È da qui, per esempio che provengono i capitelli appoggiati alla libreria della sala giochi studio, al centro della quale si eleva un modellino di scala da pompieri del XX secolo, sotto una panca un carapace antico di testuggine, a fianco alla libreria un esemplare in pergamena del Dizionario della Crusca.
È una perla pescata tra le bancarelle di Piazza Marina anche il bel piatto ovale in ceramica, che oggi fa bella mostra di sé tra la collezione di piatti antichi, esposti sulla parete della sala da pranzo. Un ignaro rigattiere la usava le domeniche per appoggiarvi medaglie della Prima e Seconda Guerra. Forme e fattura hanno attirato l’attenzione del professore che, a una più attenta analisi, vi ha ritrovato la “N” incoronata, marchio della “Real Fabbrica” concepita dal re Carlo di Borbone e moglie dove si producevano le rinomate porcellane di Capodimonte.
Quelle che compie il professore sono vere e proprie “adozioni”. Impossibile fargli dire quale sia il suo pezzo preferito “sono come figli”: non ha senso questa domanda. Ognuno ha la sua storia, il suo valore, il suo prezioso posto tra queste preziose mura.
Non per niente il commento che si sente rivolgere più spesso è di quanto si percepisca l’amore con cui questa casa è stata disegnata. Amore verso la storia, l’arte, la cultura e gli oggetti antichi. E il complimento più bello? “Che questa casa sembra nata così com’è, che sia così da secoli”.
Un lavoro di restauro e recupero riuscito alla perfezione, dunque.
Pablo Picasso diceva che l’arte scuote via dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni. L’arte del professor Cazzaniga, ha magistralmente scosso via dall’anima di questo posto pieno di storia la polvere e l’incuria accumulate nel corso dei secoli, riportandone alla luce la grande intrinseca bellezza, con tocco da (sublime) giardiniere: “Non ha importanza quel che si fa” scriveva Ray Bradbury in Fahrenheit 451 “purché si cambi qualche cosa da ciò che era prima in qualcos’altro che porti poi la nostra impronta. La differenza tra l’uomo che si limita a tosare un prato e un vero giardiniere sta nel tocco”.
La Bella Palermo
presso Palazzo Pantelleria
Largo Cavalieri di Malta 2
90133 Palermo – Sicily
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