Per centinaia di anni, la quantità di prodotto ittico prelevato dall’azione antropica, è stato limitato alla necessità di consumo dello stesso.
Con l’aumento della richiesta dei mercati, unitamente alla capacità di commercializzazione, conservazione, trasformazione dello stesso, è nata l’industria della pesca, sviluppandosi in maniera esponenziale e coinvolgendo, nella continua ricerca di fondali “vergini” da desertificare, paesi terzi la cui risorsa alimentare di mantenimento era la fragile pesca artigianale costiera.
L’ingresso in campo del settore scientifico ha permesso l’avvio di studi di settore relativi alla possibilità che alcuni “stock”, termine con cui si individua una determinata specie bersaglio, andassero in sofferenza per un aumento dello “sforzo di pesca”, termine con cui si indica quel complesso rapporto tra la capacità di cattura delle flotte pescherecce e quella di riproduzione della specie ittica in parola.
La necessità della Comunità Europea di garantire la vigilanza sul rispetto delle limitazioni di cattura che ne derivano, rende necessaria l’esistenza di enti, organismi, commissioni internazionali, che abbiano potere legislativo in materia.
E’ così che gli stati membri, esclusivamente nella propria area di giurisdizione, individuata nel limite delle acque territoriali ad una distanza dalla costa di 12 miglia nautiche, corrispondenti a poco più di 20 km, hanno regolamentato la pesca marittima, con lo strumento dei Regolamenti CE.
La farraginosa macchina giuridica europea prevede la possibilità che ogni provvedimento comunitario, valido da subito su tutto il territorio dell’Unione, possa essere rimodulato da ogni Stato membro, anche in maniera più restrittiva, per le esigenze e le peculiarità dello stesso, ivi compresa la particolare morfologia del territorio.
In alcune realtà giuridico-amministrative, come la “nostra” regione a statuto speciale, ogni Reg.CE o Decreto Ministeriale, deve essere ratificato da un Decreto Assessoriale che ne dia legittimità.
- Ma come vengono partoriti questi regolamenti?
- Quali sono i criteri che governano le regole per la salvaguardia dell’ecosistema marino?
- Quali categorie o ambiti produttivi vengono analizzati per la redazione dei provvedimenti?
Negli anni in cui il Bluefin Tuna, al secolo Tonno Rosso, nome scientifico (Thunnus Thynnus), codice alfa 3 (BFT), venne dichiarato stock in sofferenza, l’organismo dedicato ICCAT – International Commission of Conservation for Atlantic Tuna – decise periodi e quantità massime in peso delle catture della specie, unitamente ad una serie di accortezze e soluzioni che garantissero il controllo dei dati relativi alle catture, quest’ultime vietate alle grandi navi che vennero bandite dal bacino del mediterraneo.
Il prodotto “Tonno Rosso” aumentò il suo valore in maniera importante, diventando l’oro del mare per i pochi soggetti che avevano avuto il privilegio di ottenere le famigerate “quote tonno”.
Negli anni, questa azione di tutela e conservazione della specie, nonostante qualche piccolo e irrilevante fenomeno di pesca illegale da parte di chi non accettava di subire limitazioni e relativo danno economico, ha garantito una ripresa dello stock ittico, con un sensibile aumento degli esemplari presenti in mediterraneo.
Strumenti tecnologici e multimediali rendono sempre più moderno un sistema di controllo che prevede la registrazione delle catture su un portale europeo, il rilascio di un E-BCD (Electronic Bluefin Tuna Cacth Document) che è la carta di legalità dell’esemplare o della partita di prodotto ittico, catapultandoci in un’era del mercato ittico 3.0 a cui il pescatore artigianale non era assolutamente pronto.
Soffermandosi sull’assenza di variazioni relative ad un ragionevolmente conseguenziale allentamento della stretta data dalle limitazioni di cattura, analizzando anche diverse altre realtà legate ad altre specie, ci si domanda come sia possibile che ciò che è deciso che sia legale non possa essere considerato assolutamente etico.
E’ possibile infatti catturare Tonno Rosso solo nel periodo consentito, dal 16 Giugno di ogni anno, fino al raggiungimento della quota massima assegnata, per esemplari la cui taglia minima consentita è di 115 cm. di lunghezza o 30 kg di peso.
Questo è LEGALE ed ETICO.
Ma è anche possibile, per coloro che catturano esemplari da conferire alle vasche d’ingrasso, presenti nelle acque Maltesi, nazione che ha dichiarato una sua ZEE (Zona Economica Esclusiva), poter catturare esemplari di taglia minima superiore a 8 kg. di peso, che cresceranno grazie all’apporto di mangimi all’interno dei quali sono presenti farine animali.
Questo è LEGALE ma non è ETICO.
Non è possibile pescare senza aver avuto assegnate le quote tonno; quindi un armatore che iscrive il proprio peschereccio nei registri di uno Stato estero della costa nord dell’Africa, e si mantiene con esso ed il suo italianissimo equipaggio oltre l’esiguo limite delle 12 miglia delle acque territoriali italiane, può venire a catturare tonni in Mediterraneo senza che nessuno possa batter ciglio, senza limite di peso, taglia, colore della pelle, orientamento sessuale, etc.
Questo è LEGALE ma non è ETICO.
Non è possibile catturare nessun esemplare sottomisura di nessuna specie.
Questo è LEGALE ed ETICO.
Non è vietato catturare esemplari con le uova.
Questo è LEGALE ma non è ETICO.
Esistono le “quote tonno”, che proteggono uno stock che, a detta di tanti, non è più in condizione di sofferenza, ma non esistono le “quote bottarga”, consentendo il prelievo indiscriminato e la trasformazione della materia che, più di tutte, è garanzia di continuazione della specie.
Questo è LEGALE ma non è ETICO.
Il Bianchetto (Sardina Pilchardus) (SRK), conosciuto in Sicilia come Neonata, Nunnàto, Nannàtu, Maiàutica, Mùccu, etc. è vietato dal 01 Gennaio 2010, data in cui sono scadute le deroghe della pesca stagionale da Gennaio ad Aprile, che era fonte di alto reddito per coloro che la praticavano, ma grande depauperamento dello stock di sardine, nutrimento principale dei grandi pelagici, compreso l’allora sofferente Tonno Rosso. Non solo questa pesca è stata oggetto di azioni illegali, perpetrate da coloro che hanno continuato ad esercitarla, in barba a tutti gli avvenuti inasprimenti delle sanzioni, ma si è fatto di tutto per garantire il fiorire di provvedimenti all’italiana, come la “pesca scientifica” del Rossetto (Aphia Minuta) (FIM), il cui metodo di cattura è analogo ed inevitabilmente contaminato dalla presenza della specie vietata, che diventa target principale di chi la esercita.
Questo è LEGALE ma non è ETICO.
E se vogliamo continuare possiamo parlare di ricci, fritto di paranza, franceschini, etc. o passare all’annoso problema dell’utilizzo consentito di attrezzi come il famigerato Long Line, al secolo“Palangàro”, per nulla selettivo, ma consentito, a discapito di attrezzi artigianali e naturalmente sostenibili, sacrificati in nome del minor diffuso utilizzo, localizzato in piccole comunità che ne facevano fonte primaria di sostentamento. A tutto questo dobbiamo aggiungere l’elemento determinante, che allo stesso tempo è la chiave di volta per la soluzione del problema.
Nonostante l’informazione, la sensibilizzazione, l’educazione alla legalità alimentare che viene impartita al consumatore finale, quest’ultimo è carente di quell’educazione etica, anche solo civica, continuando a chiedere prodotto che non è consentito commercializzare, che smetterebbe di essere pescato se solo crollasse la richiesta azzerando l’offerta.
Il sottile confine tra lecito ed etico si confonde e si miscela dando vita al più dozzinale e scadente dei cocktail, della cui ebbrezza pagheranno lo scotto le generazioni future, preparato con interesse personale e incuria politica verso le piccole realtà artigianali, le uniche a pagare lo scotto delle limitazioni dettate dalle illogiche del sistema commerciale.
L’unico modo per garantire la conservazione dell’ambiente marino e dei suoi abitanti è quello di lasciare la gestione delle regole alla natura, perché finché le stesse saranno concepite dall’uomo, il fine ultimo del suo agire, che è la definizione letterale di “etica”, sarà il suo esclusivo vantaggio.
E questo certamente non può essere considerato né LEGALE né ETICO.
di Marco Miuccio