Si fa presto a dire Etna e bollicine. L’intervista a Graziano Nicosia

 

Tutti pazzi per le bollicine dell’Etna. Ai piedi del vulcano, tra i produttori che stanno puntando sugli spumanti c’è Cantine Nicosia, che da cinque generazioni produce vino seguendo anche l’evoluzione dei tempi e dei cambiamenti.

Si punta alla qualità, al metodo classico e alla produzione di nicchia. Graziano Nicosia, al timone dell’azienda vinicola di famiglia, racconta come quella delle bollicine non vuole essere solo una moda, ma ricerca, passione, impegno e forte legame con il territorio. Dopo il successo di Bolle in Vigna 2022, l’evento di punta di Nicosia che celebra gli spumanti made in Etna, si lavora già al prossimo obiettivo: gli spumanti dal lungo affinamento e l’uscita sul mercato del Sosta Tre Santi – Etna Doc Brut Sessantamesi, dopo un affinamento sui lieviti lungo oltre cinque anni.

D. Gli spumanti dell’Etna stanno guadagnando sempre più interesse nel mercato e si stanno affermando con una precisa identità. Anche Cantine Nicosia è tra i 30 produttori etnei che sta investendo nelle bollicine dell’Etna. Cosa caratterizza i vostri spumanti e in che modo sono espressione del territorio e vengono incontro  alle esigenze del mercato?
R. Gli spumanti dell’Etna sono in continua ascesa. Una crescita – a mio modo di vedere – determinata dal fatto che il vulcano ha tutte le carte in regola per produrre metodo classico di assoluta qualità: pregiate varietà autoctone ideali per la spumantizzazione, suoli lavici ricchi di minerali, vigneti in alta quota. I nostri spumanti si caratterizzano per la loro fedeltà al territorio, riconoscibile nelle caratteristiche varietali degli autoctoni, nella freschezza e verticalità, nel carattere vulcanico. Ma non sono mai uguali a se stessi, perché ogni annata sul vulcano ha le sue peculiarità e noi abbiamo scelto di produrre dei millesimati. Il metodo classico etneo è in qualche modo qualcosa di diverso da tutto ciò che si produce nel resto del mondo, dove si utilizzano nella maggior parte dei casi i classici vitigni internazionali, come Chardonnay e Pinot Nero. Qui, invece, si produce spumante da Nerello Mascalese e da Carricante, e già questo di per sé rende unica la produzione sull’Etna.

D. Con una produzione di 160 mila bottiglie ed un disciplinare in evoluzione, gli spumanti dell’Etna potrebbero andare nella direzione di realtà come Trento Doc? Se sì, cosa occorre fare?
R. Sebbene la produzione spumantistica etnea affondi le sue radici in un’epoca lontana, come mostra l’affascinante impresa di fine Ottocento del Barone Spitaleri di Muglia, pioniere delle bollicine al Castello di Solicchiata, possiamo dire di essere un territorio ancora giovane nella produzione del metodo classico. Io credo che l’Etna non miri a diventare una realtà come quella trentina, che arriva a produrre circa 10 milioni di bottiglie ed è capillarmente distribuito sul mercato. L’obiettivo dei produttori di spumante etneo dovrebbe essere, secondo me, quello di venire sempre più riconosciuti come artefici di una produzione di altissima qualità, ma pur sempre di nicchia, capace di attirare l’attenzione dei winelover più curiosi per la sua diversità e personalità. Con la collezione ‘Sosta Tre Santi’, sin dalla prima annata 2011, noi proviamo ad andare in questa direzione.

D. Quale potrebbe essere l’identità che accomuna la produzione spumantistica etnea. Su quali differenze, invece, devono puntare i produttori?
R. Acidità elevate, verticalità, riconoscibilità del vitigno e del terroir vulcanico, caratteristiche che potrebbero non essere colte o apprezzate da tutti i consumatori, ma che possono costituire la cifra distintiva per conquistare gli amanti delle bollicine più esigenti. Noi, insieme ad altri produttori, stiamo provando a distinguerci per la scelta del ‘dosaggio zero’ e per l’utilizzo di entrambe le principali varietà etnee, e a tal proposito confidiamo che presto anche il Carricante venga inserito in disciplinare, che al momento prevede per la Doc solo la base spumante da uve Nerello. Salvo rare eccezioni, ciò che manca ancora è la necessaria esperienza sulle lunghe soste sui lieviti e sulla longevità degli spumanti dell’Etna, e questa secondo me sarà la sfida più interessante nei prossimi anni.

D. Si è conclusa con successo l’edizione 2022 Bolle in vigna dove, insieme all’aspetto tecnico avete affiancato quello della wine experience. Come sarà Bolle in vigna 2023?
R. Il nostro evento estivo sugli spumanti nasce con l’idea di promuovere il metodo classico, non solo per ciò che rappresenta in termini enologici, ma anche come sinonimo di condivisione, di festa; e Bolle in Vigna è una vera e propria festa e tale rimarrà anche nelle prossime edizioni. L’edizione 2023, la quarta, che si terrà sempre nei vigneti di contrada Monte Gorna il prossimo 26 luglio, sarà accompagnata dall’uscita sul mercato del ‘Sosta Tre Santi’ Etna Doc Brut Sessantamesi, dopo un affinamento sui lieviti lungo cinque anni. Il focus sarà quindi, naturalmente, sugli spumanti dal lungo affinamento, a cominciare dalla masterclass d’apertura nella quale ci confronteremo, come sempre, con le migliori espressioni del metodo classico del resto d’Italia e del mondo.

D. Cantine Nicosia ha solide radici del passato, ma si avverte l’ingresso della nuova generazione. Come si proietta nel futuro e su cosa punta?
R. La storia della mia famiglia è passata per 5 generazioni ed è bello rivivere i grandi cambiamenti che hanno caratterizzato le varie epoche. Cambiamenti che sono andati di pari passo con i mutamenti nella storia del vino siciliano e dell’Etna, in particolare. Oggi, con il nostro impegno quotidiano e con le nostre etichette, miriamo a raccontare una Sicilia virtuosa al passo coi tempi, che ha tanto da dire sui temi di maggior attualità nel mondo del vino, e non solo, come ad esempio quello della sostenibilità. La certificazione VIVA del Ministero della Transizione Ecologica e il nostro recenti ingresso nella fondazione SOStain sono stati il coronamento di un decennio speso fare del biologico, della tutela dell’ambiente e della biodiversità una realtà concreta e misurabile. Continueremo, con sempre più convinzione, a raccontare i nostri territori di produzione, Etna, Vittoria e Noto, con le loro peculiarità, cercando di essere parte attiva di un processo di divulgazione dell’inestimabile patrimonio di bellezza, cultura e gusto che è la Sicilia.

D. C’è molto interesse sul mondo vitivinicolo dell’Etna e si spinge verso la definizione di un sistema Etna. Cosa occorre fare per diventare più di un semplice territorio e candidarsi ad essere un unicum nel panorama siciliano?
R. Possiamo dire che per caratteristiche storico-naturalistiche, pedoclimatiche e produttive l’Etna del vino ha già qualità che la rendono unica. Siamo in una fase di grande espansione, c’è tanto entusiasmo e molti produttori alle loro prime annate. C’è voglia di fare e di emergere, ma ci vogliono ancora tante vendemmie e tanta fatica per poter mettere il sigillo su un territorio che possa essere riconosciuto in tutto il mondo come un unicum nel panorama enoico regionale e nazionale.

di Liliana Rosano


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