Sicilia-en-rose, i rosati tra identità e territorio. Intervista a Gea Cali su Drink Pink in Sicily

 

Creativa, appassionata, curiosa, Gea Calì è Lady Rosè, colei che ha ideato e creato Drink Pink in Sicily, l’appuntamento enoico dedicato ai rosati siciliani. Era il 2017 quando Drink Pink prende forma in una piscina ai piedi dell’Etna, tra chiacchiere, idee, di appassionati produttori, winelover e sommelier.

Creativa fin dagli inizi della sua carriera professionale nell’ambito turistico-alberghiero con specializzazione nel settore MICE, Gea Calì approda nel mondo dell’enogastronomia nel 2002, grazie ai frequenti viaggi durante i quali si è confrontata con culture diverse. Sempre più curiosa ed appassionata winelover, si dedica negli anni ad approfondire le proprie conoscenze in campo enogastronomico a partire dal diploma di sommelier FIS (Fondazione Italiana Sommelier), per continuare con il WSET 2 Level (Wine & Spirit Education Trust). Etnea di nascita e vocazione, ad appassionarla è proprio il vulcano ai piedi del quale vive e l’identità del territorio che trova massima espressione nei vini. Oltre a  “Drink Pink in Sicily”, di cui è ideatrice, è anche hospitality manager e brand ambassador della cantina Maugeri, e collabora con GuidaBio e il web magazine GossipChef.

A chiusura dell’edizione 2022 di Drink Pink, Gea Calì ci parla della crescita dei rosati siciliani e di come si stiano affermando sempre di più nel mercato con una identità ben precisa. “Il vino rosa, in Sicilia, sempre più spesso ha una sua identità, tipicità e unicità legata al territorio di provenienza – commenta Gea Calì – E’ figlio di un progetto ben preciso che rappresenta la visione del produttore; si predilige il monovitigno, la vendemmia dedicata, spesso le uve provengono da “single vineyard”.

D. L’ultima edizione Drink Pink in Sicily 2022 conferma la crescita dei rosati siciliani. Come vedi questa crescita e in che direzione sta andando?
R. Sono molto soddisfatta del livello raggiunto quest’anno, un’edizione che forse più delle altre, ha dimostrato non solo la qualità dei nostri rosati siciliani ma anche l’attenzione che riceviamo a livello nazionale e internazionale. Credo ci sia ormai da qualche anno un grande desiderio di parlare, ascoltare e degustare intorno al vino rosa, questo mi ha spinta, dalla seconda edizione del 2019, ad inserire due focus in ogni edizione su specifiche tematiche. Questi incontri sono stati spunto di approfondimenti e confronti di conoscenza che si sono rivelati sempre più utili e importanti a favore della promozione e della crescita dei vini rosa siciliani, sia in termini commerciali che qualitativi. Finalmente si parla di Rosati non più come vini secondari o vini semplici, ma come vini che hanno ottenuto dignità e valore con un profilo qualitativo sempre più elevato e ben apprezzato dal mercato. I produttori in primis hanno acquisito una maggiore consapevolezza del valore di questa tipologia di vino che grazie ad una comunicazione coinvolgente è riuscita ad ottenere una presenza considerevole nelle carte dei migliori Ristoranti, Wine bar e Enoteche. La nostra isola grazie alle diverse peculiarità territoriali produce vini di grande versatilità che si prestano dall’aperitivo all’abbinamento con delle portate più complesse spogliandosi cosi da quel clichè di vino estivo e modaiolo. Adesso non ci resta che puntare al mercato internazionale con un lavoro di comunicazione e promozione promosso con efficacia da Consorzi, Strade del Vino e Associazioni di categoria.

D. Possiamo dire che i rosati siciliani hanno una loro identità legata al territorio e non agli standard internazionali?
R. Si assolutamente. Probabilmente anni fa si parlava più di vini alla “moda” ma oggi non è più cosi, il vino rosa, in Sicilia, sempre più spesso ha una sua identità, tipicità e unicità legata al territorio di provenienza. E’ figlio di un progetto ben preciso che rappresenta la visione del produttore; si predilige il monovitigno, la vendemmia dedicata, spesso le uve provengono da “single vineyard”, e un’ accurata selezione delle uve precede il processo di vinificazione. Questa nuova prospettiva ha ridato valore e dignità a chi da sempre ha creduto nelle proprie radici continuando a produrre un vino rosa all’antica o controcorrente.

D. Da dove nasce Drink Pink in Sicily?
R. Innanzitutto per la mia attitudine a bere rosati. Ho vissuto parte della mia infanzia trascorrendo le estati e molti weekend nella vigna di mio nonno Vincenzino. Quello era un luogo magico grazie al quale ho imparato ad apprezzare la nostra Montagna, con il suo odore tipico dei giorni di vendemmia, dalla raccolta, al mosto, alla fermentazione. Avevo circa 10 anni quando inizia a berne qualche sorso ogni tanto, era divertente, faceva parte della nostra cultura. Purtroppo dopo la morte del nonno la vigna fu venduta, ne mio padre ne i suoi fratelli ebbero la sua stessa passione. Puoi immaginare qual era il vino prodotto, il nostro tradizionale “pista e mutta” da vecchie vigne miste, un rosato carico. Poi ebbi la fortuna di avere uno zio “trapiantato” tra la Camargue e la Provenza, dove trascorrevo spesso le vacanze estive, non è stato difficile spinta dalla mia perenne curiosità, iniziare a degustare i rosati del sud della Francia, ma ho sempre avuto la convinzione che per quanto piacevoli, molti mancassero di struttura di forza. La condivisione di questa passione con altre colleghe sommelier, i frequenti assaggi, e la percezione di quanto poco si conoscesse sulla vinificazione in rosa, mi spinsero ad ideare un format che potesse essere da volano per una corretta divulgazione. Così ebbe vita ne 2017 il PINK POOL PARTY, una sort di edizione zero, 15 etichette dall’Etna e 1 dal cerasuolo e circa 70 ospiti, tra cui tanti produttori entusiasti.

D. Che consigli daresti ai produttori siciliani per meglio coniugare esigenze del mercato e, allo stesso tempo, rispettare il concetto vino-territorio.
R. Credo che il rispetto del concetto vino-territorio non sia semplice e spesso non paga nell’immediato, ma, sarò ripetitiva, con una giusta comunicazione e presentazione del proprio vino della propria visione, si può riuscire a trasmettere il lavoro che c’è dietro e dentro ogni bottiglia. La nostra isola possiede uno story-telling “naturale” e vero, un mix di cultura e tradizioni familiari che si incrociano e si susseguono, la nostra forza è la nostra storia, un vero e proprio mosaico di vigneti che rappresentano tutte le sfumature delle 24 denominazioni di Sicilia, dalla varietà dei suoi paesaggi, alle differenze climatiche, alla ricchezza dei suoli.

D. Drink Pink in Sicily 2023, cosa ci aspetta nella prossima edizione?
R. Presenteremo presto la data della quinta edizione di DPS 2023 che si terrà nel mese di maggio, probabilmente su due giornate, tra incontri e banchi degustazione. Sicuramente manterremo un livello alto di formazione, sul ritorno della MW Elizabeth Gabay non vi è dubbio, ma altri professionisti (wine educator) hanno confermato la loro presenza.  Nella prossima edizione un’attenzione particolare sarà rivolta al mondo della ristorazione e sommelierie, ci piacerebbe coinvolgerli e avvicinarli ancor di più a questa tipologia di vino, dalla selezione per le wine list alla scelta per l’abbinamento migliore. Anche per il 2023 sarà AIS Catania a supportarci.

D. Gea Calì e il suo rosato ideale
R. Potrei risponderti quello che prima o poi produrrò, non ti nego che il desiderio c’è, ma ho capito che è meglio lasciar fare il vino a chi lo sa fare, io mi limito a degustarlo. Gea Calì non ha un rosato ideale, o almeno, sono tutti quelli che quando affondo il naso dentro al calice, mi fanno incuriosire e stimolano la mia memoria, un vino rosa che mi dia tempo e che si racconti.

D. Parliamo invece de Il miglior rosato 2022 premiato
R. Palmento di Salina 2021 di Nino Caravaglio, un blend di uve a bacca rossa, Nerello Mascalese, Corinto Nero, Calabrese e altre varietà, è stato premiato come miglior rosè di Sicilia per il “ArdeaSeal Awards 2022”. Un panel composto da 11 wine expert ha degustato alla cieca 17 campioni selezionati dalla Presidente Gabay, consacrandolo miglior espressione dell’isola nell’isola. Un rosato all’antica, un colore acceso e brillante che racconta la storia dei contadini locali, una bevanda consumata dopo aver coltivato la terra e le piante che vengono tramandate da generazioni. Vince il ritorno alle origini, alla propria cultura.

 

Liliana Rosano

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