A cena con Tasca D’Almerita con i piatti di Raciti e Cuttaia

 

La Sicilia di sciasciana memoria, quella delle bellezze naturali e soprattutto l’Isola dei Sapori si è svelata nuda e a volto scoperto all’appuntamento dello scorso 17 novembre con l’Istituto Grandi Marchi, l’associazione delle 18 famiglie storiche del vino italiano.

L’agrumeto di Zash, il country boutique hotel di Riposto (CT), e la cucina di Giuseppe Raciti, stella Michelin dal 2019, hanno ospitato la cucina di mare e di terra di Pino Cuttaia, il cuoco licatese bistellato. Due grandi interpreti degli ingredienti locali, insieme per la prima volta in un racconto in sei portate per tratteggiare paesaggio e pensiero, cuciti insieme da un altro grande protagonista: il vino di Tasca D’Almerita.

Se come sosteneva Sciascia “bisogna andare in Sicilia per constatare quanto è incredibile l’Italia” bisogna conoscere ed approfondire i vini di Tasca per comprendere l’altrettanto incredibile scenario enologico siciliano.

Da più di 200 anni l’intreccio tra il vino e i conti Tasca è un rapporto essenziale in cui forma e sostanza coincidono, pienamente. Capofaro alle Eolie, Tascante in Contrada Pianodario sull’Etna, Sallier de la Tour nell’agro di Camporeale, Fondazione Whitaker a Mozia e, infine, la tenuta madre Regaleali, sono i luoghi rurali di Tasca dove si coltiva la vigna e l’ospitalità siciliana.

E’ accanto ad Alberto Tasca che le cinque tenute prendono vita, nelle sue parole la casa vinicola non è solo produttrice di etichette d’eccellenza ma custode della terra e della civiltà contadina che la abita.

Più che rivendicare il passato, però, la sfida è aperta al futuro: “il dato da cui partire, innegabile ed oggettivo, è
che dagli anni ’60 ad oggi la popolazione mondiale è più che raddoppiata – spiega durante la serata il produttore e fondatore di SOStain, organismo di certificazione di sostenibilità. Siamo 7 miliardi e mezzo e i nostri consumi bruciano direttamente ed indirettamente 500 ettari di terra fertile ogni mezz’ora. Erosione, cementificazione, inquinamento alimentano un meccanismo spregiudicato che si confronta con le risorse limitate del pianeta. Il problema si aggrava nella mancanza di regole, ecco perché occorre organizzare forme di misurazione dell’impatto della nostre azioni affinché possano essere indirizzate verso una libertà che sia rispettosa del prossimo, inteso anche come future generazioni
”.

Anima green ed eleganza sono due qualità indiscutibili dei vini firmati da Tasca, per la serata in abbinamento ai piatti di Cuttaia e Raciti si è scelto di degustare le seguenti etichette:

  • Almerita Rosé 2016, spumante metodo classico da uve pinot nero,
  • Nozze d’Oro 2019 da uve inzolia e sauvignon tasca,
  • Doc Etna Rosso Tascante – Contrada Sciaranuova Vigna Vecchia 2016,
  • Doc Contea di Sclafani – Rosso del Conte 2016 da uve nero d’Avola e perricone,
  • Diamante Passito 2018 da uve moscato e traminer aromatico.

Tutti assaggi da versare al calice per degustare climi e versanti diversi del microcontinente siciliano. Significativo il Doc Contea di Sclafani – Rosso del Conte 2016 gioiello enologico di Regaleali, più precisamente della celebre Vigna San Lucio. Degustando l’etichetta colpisce il colore rubino di una tonalità profonda e impenetrabile che annuncia una texture di velluto, il contatto lungo con le bucce è durato 20 giorni. Al naso risuonano note di frutta a polpa rossa legate a richiami terrosi e vegetali, al palato un fine tannino accompagna il sorso ampio e persistente. Il vino entra in contatto con il legno senza uscirne condizionato, l’affinamento avviene in barili di rovere francese (Allier e Tronçais) da 225 litri, 100% nuovi per 18 mesi.

Il vino può essere la direttrice da seguire per un ritorno ai ritmi naturali e sostenibili anche sotto il profilo economico: “in termini di sostenibilità la Sicilia ha un potenziale enorme – conclude Alberto Tasca davanti a un calice del suo Rosso del Conte – come succede sempre nelle aree del mondo dove la natura è ancora generosa è più facile dimensionare comportamenti nocivi e convertirli. Quello che dobbiamo fare subito è concepire dei cluster con dei modelli che funzionano nel contesto locale”.

da sinistra, Giuseppe Raciti e Alberto Tasca d’Almerita

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