Il piccolo grande tumulto di Palermo chiamato Gagini

 

Un piccolo-grande tumulto nella ristorazione palermitana. Del Gagini Social Restaurant non ho parlato molto, non per una, ma per varie ragioni. Partendo dalla fine, queste sono le evidenze: in quattro anni Gagini è riuscito a modificare e riscrivere, e in più di una occasione, le preferenze degli appassionati gastronomi di Palermo, divenendo il termometro del trend. Un elemento che in città mancava da tantissimi anni. A Gagini, infatti si aggiungono il cocktail & winebar Bocum, dirimpettaio del Gagini, una valvola di sfogo che nel tempo ha conquistato una identità legata anche alla particolare atmosfera che vi si respira; e Buatta Cucina Popolana, un’osteria con cucina a vista (persino dalla strada) curata dallo chef Fabio Cardilio, romano, già chef una stella Michelin presso il ristorante La Muciara da Nello El Greco di Porticello / Santa Flavia (Pa). Su Fabio varrebbe la pena di scrivere a parte, lo faremo presto. Infine, il Garibaldi, un caffè letterario “temporaneo” presso l’omonimo teatro che sarà operativo per le prossime importanti occasioni. Palermo sarà, infatti, Capitale della Cultura 2018 e sede della biennale internazionale di arte contemporanea Manifesta 12, in programma dal 16 giugno sino al 4 novembre prossimi.

I tre principali locali si trovano a pochi metri l’uno dall’altro, nel centro storico e a ridosso del porto della Cala, un’area della città peraltro frequentata dal migliore turismo.

stefaniafrancogioacchinoTornando al Gagini, l’“anomalia” non è una, ma due. Si chiamano Stefania Milano e Franco Virga, due appassionati imprenditori, prima di questa avventura NON ristoratori. È un elemento interessante perché all’osservatore esterno risulterà evidente come l’approccio sia efficiente: le decisioni sono prese in maniera costruttiva, professionale, c’è un ufficio commerciale e un ufficio dedicato alla comunicazione e marketing. Il design è moderno, confortevole, molto curato, e ci sono dei Signori/e architetti costantemente all’opera. Se a questo aggiungiamo una notevole carta vini siciliana con inserti internazionali e l’intuito nel decifrare i desideri e i sogni di chi si siede ad un tavolo, ebbene, ecco il segreto.

Ma la ciliegina sulla torta si chiama Gioacchino Gaglio, trentaquattrenne siciliano di Montelepre, una mano elegante e precisa che riesce a interpretare la cucina siciliana con l’indispensabile amore e distacco. È, in altre parole, un cuoco dallo stile creativo che ama giocare con materie prime eccellenti, non solo siciliane, spingendosi verso preparazioni ardite, e tranne pochi casi, mai rassicuranti.

Non dimenticherò facilmente due cene con Gioacchino, Franco e Stefania: la prima con il duo Fabio Cagnetti e Francesco Previtera; la seconda in rilassato incontro prenatalizio. La prima delle due cene si è dipanata su cose belle e complesse: la scelta dei vini – preordinata rispetto al menù – ne ha definito i bordi, mettendo i piatti a servizio della speciale degustazione. La ripercorro brevemente qui con i vini.

Si parte piuttosto tardi e ‘occhio si sofferma su due differenti cestini del pane, già di per sé uno scrigno di gioie da scoprire, indipendentemente dalle due amuse-bouche che arriveranno. Il menù si apre con un crudo di triglia ai profumi di sfincione accompagnati da un frizzante dei Colli Euganei. Si tratta del Primaversa 2016 – Monteversa, un Moscato giallo snello e nervoso, dal quale emergono sentori di fiori bianchi e gialli, frutta fresca tra cui mela e cedro, erbe e sentori marini come l’alga. Il vino ha subito una seconda fermentazione spontanea, ottenuta con l’aggiunta di uve appassite. Il nome della cantina è un gioco di parole tra Primavera e Versa; Monte Versa, invece, il nome di un colle. Particolare per disposizione e tipologia dei suoli, nel cuore dei Colli Euganei, si trova in prossimità della laguna di Venezia, lì dove i terreni sono costituiti da roccia vulcanica. Antiche eruzioni di magma lavico, poi emerse dal mare, hanno dato origine a colline dall’aspetto caratteristico. A questo, si aggiunga la natura calcareo-argillosa dei terreni derivati dalla sedimentazione superficiale dei banchi corallini. Quest’area è stata dichiarata Parco Naturale nel 1989. Sul Monte Versa spiccano maggiormente il biancone e la scaglia rossa.

tagliatelle di calamaroA seguire delle tagliatelle di calamaro e alghe sul quale spicca una punta di asparago. È ormai uno dei classici di Gagini, la particolare consistenza del calamaro e la terrosità del condimento ne fanno un piatto molto amato.

Nel bicchiere il Montagny, Prelude 2013 di Stéphane Aladame, uno Chardonnay di Borgogna del territorio, appunto, di Montagny. Sono terreni poveri, molto calcarei, più simili a Chablis che alla Côte d’Or. Qui i vini, nonostante il gran carattere e la forte impronta minerale, sono austeri e poco conosciuti, più che altro per motivi di scarsa reperibilità; eccetto una grande realtà di tipo associativo, sono solo 18 i produttori, tutti di piccole dimensioni. Minimale, punta decisamente su un frutto ineccepibile. È nitido, teso, minerale, di buona lunghezza.

La portata che segue è un polpo alla griglia e crema di Cosaruciaru. Anche qui il gioco mare-terra creato dal polpo grigliato, molto succoso e grigliato a regola d’arte, è perfettamente retto dalla crema di fagiolo cosaruciaru di Scicli (in dialetto “cosa dolce”), Presìdio Slow Food. Perfetto il Vouvray, Arpent 2016 di Sébastien Brunet, un piccolo gioiello della Loira. Fondata nel ‘74 da Michel Brunet, l’azienda era nota come Domaine de la Roche Fleurie. Sébastien è suo nipote: sulla scia dell’esperienza di famiglia, offre un’espressione di Vouvray (uve Chenin Blanc) vivace, brillante e di gran carattere, meno difficile di altri produttori naturali della sua zona ma non per questo meno affascinante.

Pasta spezzata con fagiolini cosaruciaru e frutti di mare

Pasta spezzata con fagiolini cosaruciaru e frutti di mare

Due i piatti: Acciughe a beccafico e Pasta spezzata con fagiolini cosaruciaru e frutti di mare. Il menù segue ormai una traccia molto precisa che incrementa, da piatto in piatto, l’intensità gustativa. La delicatezza delle acciughe con la mollica tostata lascia comunque il passo ad un piatto più complesso e ricco quale la pasta spezzata in brodo di mare: legumi, gamberi e frutti di mare – è un piatto molto goloso – trovano risposta in un Gamay di Beaujolais in Borgogna (è il suo areale autoctono), il Morgon 2016 di Antoine Sunier. Questa famiglia è entrata nel mondo del vino da poco tempo, ma ha sempre avuto a che fare con i migliori produttori di Borgogna, clienti dei loro saloni di parrucchiere a Dijon. La fermentazione carbonica a grappolo intero avviene in cemento, poi l’80% della massa viene trasferita in barrique di almeno otto anni di età. Non avvengono filtrazioni né chiarifiche e la solforosa aggiunta all’imbottigliamento è bassissima, circa 10 mg/l. La purezza del frutto, la freschezza e la bevibilità sono il suo punto di forza di questo elegante vino, molto apprezzato da Robert Parker che gli assegna più di 90 punti.

E siamo ai secondi, due, il primo mare e il secondo terra, anzi, aria: la Ricciola si veste d’autunno e il Piccione, bieta alla menta sorbetto ai gelsi e cialda di pasta.

Il vino scelto è ancora un Borgogna, un Givry 1er Cru 2014 Clos Salomon di Ludovic Du Gardin e Fabrice Perrotto. Clos Salomon è una splendida vigna di quasi sette ettari, un monopole. Il suolo è un unicum per Givry, un mix di argilla-calcare del Giurassico (oxfordiano) che costituisce un deposito alluvionale proveniente da un avvallamento appena sopra della vigna. I vini di Clos Salomon sono noti per la loro longevità e finezza. Il Clos prende il nome dal suo antico proprietario Hugo Salomonis, che da documenti del 1375 risulta fornitore della corte papale di Avignone; la vigna è di proprietà di quella che è oggi la famiglia Du Gardin dal 1558, e oggi il Domaine è gestito da Ludovic Du Gardin e Fabrice Perrotto.

Piccione, bieta alla menta sorbetto ai gelsi e cialda di pasta

Piccione, bieta alla menta sorbetto ai gelsi e cialda di pasta

Il predessert e il dessert, la Carota e terra al cioccolato, sono accompagnate senza particolare collegamento allo Champagne Cuvée Blanche (magnum) – Bruno Michel. Poco distante da Epernay, tra tra Pierry e Moussy, è uno Champagne ottenuto da fermentazione con lieviti indigeni. L’uvaggio 50% Chardonnay e 50% Pinot Meunier, il dosaggio 8 g/l. Bruno Michel, fervente sostenitore dei vini naturali, ne valorizza la bella speziatura, gli aromi di mela e pane tostato. Beverino, mette in evidenza anche la felice combinazione di muscoli e finezza, in cui evidente è il contributo del Pinot Meunier.

La serata finisce molto tardi, colpevole la compagnia; nel frattempo lo chef è venuto a verificare di persona. Uno speciale grazie al caloroso e impeccabile servizio della maitre Michela Vitale e del sommelier Alessandro Scarpulla.

 

Gagini Social Restaurant
Via Cassari, 35 (Porto della Cala)
Palermo
tel. +39 091589918
email:info@gaginirestaurant.com
Pranzo 13:00
Cena 20:00 – 23:30