Uno, cento, mille Nero d’Avola. Il re dei vitigni siciliani si rivela il più versatile, carismatico, plastico. Camaleontico per natura, è capace di cambiare volto al mutare di suoli, altitudini, climi e temperature. Scrollatosi di dosso l’aurea classica e old style, sfida l’era contemporanea cambiando pelle.
Si veste di leggerezza e freschezza, senza mai rinunciare del tutto al suo profilo strutturato, e intraprende un nuovo cammino nel segno della renassaince siciliana. Portavoce di questo rinascimento è il Consorzio di tutela vini doc Sicilia, che sul Nero d’Avola ha sempre scommesso ma oggi lo fa con un nuovo obiettivo: dare identità territoriale al vitigno a bacca nera più importante dell’Isola.
Dalla Sicilia sud-orientale, all’estremo Occidente, passando per il cuore della Sicilia, in ogni provincia, territorio, il Nero d’Avola rivela nuove identità, profumi, aromi continuando inarrestabile la sua crescita con più di 48 milioni di bottiglie certificate nel 2021 e 15.387 di ettari vitati.
Anche se il nome è legato indissolubilmente al topos di Avola, i documenti ampelografici attestano la diffusione in tutta l’Isola di questo vitigno già nel 1800 rivelando il suo passato importante che inizia con i greci.
La storia però ci racconta che il Nero d’Avola viene chiamato “Calabrese”, una denominazione utilizzata già nel 1600 quando, con Calavrisi o Calaulisi, venivano indicati tutti quei vini associabili al Sud Italia per caratteristiche qualitative, metodo di lavorazione, colore e zuccheri. L’etimologia siciliana fornisce una spiegazione affascinante: nella lingua antica siciliana “Calea” stava per uva e “Aulisi” per Avola, borgo di Siracusa, dunque “Calaulisi” come uva di Avola. Sono tanti i sentori che riconducono al nero d’Avola: dalla inconfondibile ciliegia fino alla liquirizia, tabacco e peperoncino. Riconoscibile anche per il suo colore, quel rubino più o meno intenso, brillante, vivace, con riflessi violacei o granati.
Territorio che vai, Nero d’Avola che trovi. Anzi, biotipo che trovi. Ne sono stati identificati ben quattro: A, B, B1 e B1 e B2.
Siamo nella Sicilia centro-meridionale dove trova casa il biotipo A1, che si caratterizza per il suo colore rubino carico, con note di fragola e ciliegia, speziato (pepe nero), leggere note balsamiche e di mallo di noce. Al gusto presenta una buona struttura, equilibrata acidità, buona dotazione di tannini morbidi, che contribuiscono a conferire lunga persistenza in bocca. Si presta bene all’ottenimento di vini ricchi e complessi, ideali per gli affinamenti.
Nella Sicilia centro-occidentale, il Biotipo B dà vita a vini tendenzialmente più leggeri e facili da bere, che possiedono un profilo aromatico più fresco e un corpo meno pesante, da consumarsi preferibilmente dopo brevi affinamenti.
Il Sud-Oriente dell’Isola è terreno fertile per il Biotipo B1: vino dall’aroma fine e delicato, ricco di colore, presenta un’elevata struttura alcolica, una buona acidità e alti tannini.
Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia:
Il Nero D’Avola è un prodotto che esprime in modo universalmente apprezzato caratteristiche territoriali e culturali proprie dell’isola e sta senza dubbio fornendo un contributo prezioso nel far conoscere sempre di più la Sicilia nel mondo con le sue eccellenze.
La natura camaleontica e cangiante del Nero d’Avola si traduce anche in un gioco di pairing divertente dalla estrema versatilità. Dall’antipasto fino ai secondi piatti, il re dei vitigni siciliani è in grado di accompagnare piatti isolani ma anche di uscire fuori dai confini della Trinacria e approdare in lidi internazionali senza timore. Non solo involtini di pesce spada alla messinese quindi, ma anche pollo al curry, paella.
L’ultima frontiera dei produttori è anche la spumantizzazione in bianco con metodo Charmat o classico. Uno, cento, mille Nero d’Avola.
di Liliana Rosano