Vitigni di Sicilia, l’Albanello

 

Sinonimi: Albanella; Alvanello; Claretta di Partinico; Arnina bianca; Arvina.
Sinonimo errato: Montonico bianco a Catania, Siracusa, Ragusa.

Cenni storici
Di origini sconosciute costituisce uno dei vitigni storici coltivati in provincia di Siracusa. Il vitigno è sempre associato al vino Albanello tipico per la provincia di Siracusa, nelle tipologie secco, aciutto, dolce e liquoroso. Epicarmo, poeta siciliano vissuto intorno al 500 a.C., parla di un vino Albanello. È descritto dal Nicosia (1735). Diversi Autori, Notari (1879), Giulietti (1879), Puillat (1888), Trentin (1902) Viala e Vermorel (1909), Marescalchi (1919) parlano del vino e quindi del vitigno Albanello.

Il Mendola (1868) nel suo Catalogo riporta l’Albanello proveniente da Siracusa e dice: “quest’uva produce il liquore prelibato che porta il nome stesso». Saverio Landolina Nava (1802) nella lettera dell’antico vino Pollio siracusano scrive: «l’Albanello è un liquore che si fa dall’uva così chiamata. È preferito al moscato, è più soave perché non ha quella grassa dolcezza che nausea, ma è più fluido, brillante e delicato. Pur non di meno è molto raro e forse non è conosciuto fuori dalla Sicilia”. È morfologicamente simile all’Albaranzeuli della Sardegna e non va confuso con l’Albanella delle Marche.

Nel dopoguerra il vino Albanello era prodotto e apprezzato sia nella versione secca, con le uve raccolte prima della totale maturazione, sia nella versione dolce ottenuta con uve appassite sui vitigni o sui graticci per almeno otto giorni.
Un noto giornalista siciliano, Giuseppe Coria, esperto di storia enogastronomica e cultore delle specialità siciliane, autore di libri sulla cultura gastronomica siciliana, nell’anno 1978, dopo avere degustato una bottiglia di Albanello annata 1946, lo descrisse come uno dei vini bianchi più longevi e con capacità di invecchiamento fino a cento anni. Una chiara testimonianza del valore di questo vino autoctono. Negli anni successivi si sono perse le tracce dell’Albanello e la produzione locale si è fatta sempre più rara ed i prezzi delle poche bottiglie di questo vino hanno raggiunto cifre ragguardevoli, specialmente per le annate del secolo scorso. In realtà questo vigneto è andato vicino all’estinzione, rimanendo confinato nelle zone del siracusano e del catanese come prodotto d’eccellenza a carattere regionale. In particolare nella fertile terra catanese diversi viticoltori stanno poco a poco ripopolando una parte dei vigneti con questa rara varietà d’uva, grazie ai terreni di origine vulcanica che conferiscono una texture ancora più complessa al gusto e agli aromi di questo vino.

 


Importanza e diffusione
La coltivazione è limitata alla provincia di Siracusa, dove si è andata notevolmente riducendo a pochissimi esemplari, e ceppi sparsi sono presenti anche nei vigneti ragusani.

Cinetiche di maturazione
La maturazione delle uve parte con l’inizio del mese di agosto, definendo il vitigno mediamente precoce, decorre in modo sufficientemente regolare per quasi tutto il periodo,  senza essere mai particolarmente intensa. Al momento della raccolta le uve si presentano con una gradazione zuccherina media. Questa cinetica risulta essere soprattutto influenzata dall’andamento stagionale con importanti fluttuazioni dei valori tra un anno e l’altro. Per quel che   concerne i valori di acidità titolabile questi sono contenuti fin dai primi momenti della maturazione, la cinetica è regolare, i valori degradano lentamente portando le uve, al momento della  raccolta, ad  avere valori di acidità titolabile nella norma. Per i valori di acidità non si rilevano scostamenti di rilievo tra le diverse annate, evidenziando così una elevata stabilità di questo parametro.

Caratteristiche qualitative del mosto
I mosti alla vendemmia risultano equilibrati, raggiungendo un buon grado zuccherino ed un quadro acidico, acidità titolabile e pH nella media, acido malico ridotto e maggior presenza dell’acido tartarico. Il livello dell’azoto prontamente assimilabile risulta nella media così come il contenuto di potassio.

Caratteristiche enologiche
I vini presentano una gradazione alcolica sufficiente, accompagnata da un altrettanto sufficiente acidità totale e pH nella norma.

Profilo sensoriale del vino
Il vino ha una intensità aromatica medio alta. Presenta una buona intensità e complessità olfattiva dei vari descrittori espressi più o meno alla stessa intensità con lieve prevalenza del solo floreale di agrumi. Al gusto ha una struttura e una acidità contenute, la sensazione alcolica come la persistenza aromatica è nella media, lieve prevalenza della percezione di amaro.


Nota: dolce o secco? Nella variante dolce, il vino si presenta solitamente con un colore giallo intenso, limpido, brillante. All’olfatto sentori di erbe aromatiche, spezie, agrumi, miele di acacia. In bocca è delicato e fresco, dal gusto morbido e dal tenore alcolico equilibrato. La particolare eleganza è da ricercarsi nel processo di appassimento che può conferire anche note di frutta esotica. La variante secca, invece, emerge con chiarezza la fine vena amarognola e la bocca è meno articolata rispetto al Passito. Secco è un vino ideale per i frutti di mare o pesci di pregio cucinati con erbe e spezie.


Produttori suggeriti:
Cantine Gulino
Arianna Occhipinti


Fonte: Identità e ricchezza del vigneto Sicilia. A cura di Giacomo Ansaldi, Dario Cartabellotta, Vito Falco, Francesco Gagliano, Attilio Scienza. Regione Siciliana, Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea / Dipartimento Regionale dell’Agricoltura / VI Servizio Assistenza Tecnica in Agricoltura, Programmazione e Sistemi Informativi. © 2014


Fonte: Identità e ricchezza del vigneto Sicilia. A cura di Giacomo Ansaldi, Dario Cartabellotta, Vito Falco, Francesco Gagliano, Attilio Scienza. Regione Siciliana, Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea / Dipartimento Regionale dell’Agricoltura / VI Servizio Assistenza Tecnica in Agricoltura, Programmazione e Sistemi Informativi. © 2014


L’Albanello
di Roberto Greco
Nacque sul fiorire dell’alba, per rallegrare la partenza di un crociato, poiché i familiari non potevano brindare perché privi di vino”. Nel Corriere Vinicolo del 1958, nell’articolo “Vini da leggenda” si faceva cenno a questo simpatico racconto per descrivere l’Albanello, un antico vitigno a bacca bianca, la cui origine ancora oggi non si conosce esattamente. Un primo reperto, ritrovato agli inizi del 1900 nelle necropoli di Cozzo Pantano, nei pressi di Siracusa, dall’archeologo trentino Paolo Orsi, un vaso potorio del periodo del 1500 a.C., testimonia comunque la presenza di un vino bianco già prodotto all’epoca in queste località in terra di Sicilia. Numerose citazioni, comunque, fanno riferimento all’uso di questa varietà, coltivata esclusivamente nei territori siciliani che facevano parte della Magna Grecia. Dopo la diffusione della fillossera che distrusse la maggior parte dei vigneti in tutta Europa, lo troviamo principalmente nel siracusano, nell’agro di Comiso, dove comincia ad essere impiantato con successo, estendendosi poi lentamente nelle province di Siracusa, Ragusa e successivamente anche in piccoli appezzamenti sparsi tra i comuni di Catania e Caltanissetta. Qui, i terreni calcarei, terziari e quaternari, prevalentemente permeabili, con profondità limitate e una presenza di scheletro abbastanza elevata, danno vita ad un vino rigoroso, dalle caratteristiche aromatiche singolari, dai profumi primari pronunciati e dal finale ammandorlato. Nella metà del secolo scorso, il vino era apprezzato sia nella versione secca, con le uve raccolte prima della completa maturazione, che in quella dolce, facendolo appassire sulla pianta o, per almeno otto giorni, sui graticci. Il giornalista siciliano Giuseppe Coria, gran conoscitore della storia gastronomica e vinicola dell’intero territorio siciliano, autore dei libri “Grandi Vini di Sicilia” e “Profumi di Sicilia”, lo descrisse dopo aver degustato nel 1978 una bottiglia di Albanello del 1946, come uno dei vini bianchi più longevi, con capacità di invecchiamento fino a cento anni. Mario Soldati, regista e grande conoscitore di vini autoctoni, lo definiva come un “asso” tra le principali varietà siciliane più apprezzate. Negli anni a seguire a causa dell’incostante produzione, dell’Albanello erano rimaste pochissime tracce, al massimo qualche prodotto locale. Dallo scorso decennio, visto il riavvicinarsi ai vitigni autoctoni, lo ritroviamo anche nella zona di Vittoria, nel ragusano e in qualche agro del comune di Chiaramonte Gulfi.

Il grappolo è di forma tronco-conica di medie dimensioni, quasi compatto, con una foglia medio grande, la cui pagina inferiore, quella non esposta al sole, ha un aspetto abbastanza lanoso. L’acino è medio, di colore giallo verde, dalla buccia pruinosa, spessa e consistente. Di solito è assemblato assieme ad altri vitigni autoctoni siciliani, alcune volte al Carricante, altre all’aromatico Moscato che bilancia il suo carattere austero e acido, vinificati entrambi in versione secca. Rare comunque, le bottiglie prodotte in purezza.

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