Isesi, lo zibibbo secco di Carlo Pellegrino che sfida il tempo

 

Pantelleria, anzi, Bent-el-Riah o Bent-el-Rion, figlia del vento come la chiamavano gli arabi. Questo cono vulcanico nel Mare Mediterraneo esteso 84 kmq. e abitato da poco più di 7.000 anime dista dall’Africa 65 km e 110 dalla Sicilia e, come l’Isola maggiore, ha conosciuto le principali dominazioni, fenici, romani, vandali, bizantini, arabi, normanni, turchi, svevi, angioini, aragonesi, genovesi, spagnoli, piemontesi, austriaci e francesi. Ciascuno lasciando qualcosa.

Le particolarità climatiche, vento, salsedine, scarsità delle piogge, hanno stimolato i suoi abitanti a escogitare soluzioni estreme e geniali per ottenere dalla agricoltura il massimo successo. Il risultato, come noto, è sbalorditivo: i giardini panteschi scavalcano le difficoltà delle rocce laviche, dell’acqua, del clima astioso e rappresentano la ideale fusione tra natura e intuito dell’uomo. Dammusi, muretti a secco e conche per la coltivazione della vite sono parte di un paesaggio unico.

Dei Sesioti, però, non abbiamo ancora parlato. Si tratta della primissima popolazione che ha abitato l’isola e di cui si hanno poche notizie. Giunti tremila anni prima della nascita di Cristo, testimonia la loro presenza una necropoli e tombe megalitiche a pianta circolare somiglianti ai Nuraghi sardi, quest’ultime chiamate, appunto, Sesi. In dialetto pantesco, va precisato, è una parola che ha assunto il significato di “mucchio di pietre”. Da visitare il parco archeologico che ne accoglie una sessantina, si trova nella zona di Mursia e di Cimillia.

Dagli anni ’90 la cantina Carlo Pellegrino di Marsala (Tp) ha iniziato una collaborazione con i vignaioli panteschi per la produzione di vini territoriali da uve zibibbo (o moscato giallo). Ben 8 le etichette, di cui un vino bianco secco.

Tra questi, vogliamo accennare al Doc Pantelleria, Isesi 2021, un vino presentato per la prima volta nel 2020 con il millesimo 2018 e il cui nome omaggia questa antica popolazione. Le uve sono coltivate ad alberello pantesco (patrimonio Unesco). Provengono da alcune aree tra le più vocate dell’isola per la viticoltura, le contrade Sibà, Mueggen, Barone e Khamma. I suoli sono vulcanici, neri e rossi con una leggera frazione argillosa, difficili da lavorare.

Le vigne si trovano a 300 metri di altitudine. Qui l’inverno è mite e le precipitazioni limitate, mentre l’estate è calda e ventilata. La raccolta dello zibibbo, un vitigno aromatico straordinario per il ventaglio olfattivo e altrettanto delicato nella sua gestione, viene raccolto manualmente nella prima decade di settembre. Dopo la pressatura, il mosto fermenta in acciaio a temperatura controllata, bassa, affinando sulle fecce fini per circa 12 mesi.

Il colore è giallo paglierino brillante con riflessi verdolini. Al naso è un vortice di profumi freschi, floreali e fruttati, con fiori di zagara, gelsomino, fiori del cappero, mandarino, mela Smith, lime e pesca. Seguono erbe mediterranee e note iodate. In bocca esprime un sorprendente equilibrio, rotondità e freschezza non si sovrappongono, invece spinte da una sapidità viva, energica e da una accennata ed elegante nota amara. Il finale è lungo, sostenuto dalla aromaticità tipica del vitigno.

Ideale in apertura, per crudità di mare, piatti della costa e fritti di paranza. Difficile fare delle ipotesi sulla evoluzione, le prime annate (2018) hanno dimostrato una notevole capacità di reggere il tempo. Per la vendemmia 2021 ipotizziamo una raggiante beva nel 2026.

La scheda in PDF: isesi_carlopellegrino

Carlo Pellegrino
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