Assovini Sicilia, il miracolo che arriva dal vino. Intervista e breve bilancio degli ultimi tre anni con Alessio Planeta

 

 

Si conclude un ciclo triennale per Assovini Sicilia, l’associazione di viti-vinicoltori siciliani che riunisce oltre novanta tra le più note cantine siciliane e che, soprattutto, pesano circa l’85% dell’intero fatturato del vino isolano.

A stilare con noi un bilancio, il presidente uscente Alessio Planeta. Un triennio complesso, impossibile da dimenticare, caratterizzato da considerevoli cambiamenti, istituzionali, di mercato, ma anche di strategie, senza accennare alle difficoltà di quest’ultimo semestre. Il doppio ruolo di CEO di Aziende Agricole Planeta e di vertice di Assovini Sicilia, lo ha messo nelle condizioni di analizzare più intimamente le problematiche affrontate dalle aziende del vino, dalla promozione ai rinnovati equilibri con gli enti fieristici, ai rapporti con le istituzioni pubbliche. Indispensabile il supporto di un CDA di grande esperienza, tra i suoi componenti Mariangela Cambria (Cottanera), José Rallo (Tenuta di Donnafugata), Alberto Tasca (Tasca d’Almerita), Laurent Bernard de la Gatinais (Tenute Rapitalà), Francesco Ferreri (Comitato Nazionale Vini DOP e IGP), Federico Lombardo di Monte Jato (Firriato), Michele Faro (Pietradolce), Lilly Ferro (Fazio Wines). Di seguito la nostra intervista.

D. Prima di aprire affrontare gli eventi dell’ultimo triennio, qualche breve battuta sulla situazione attuale.
R. La lettura non è semplice. Nonostante lo stress dei mercati, vedo che le aziende vitivinicole mantengono un discreto controllo. Non siamo certamente tranquilli, ma non c’è panico. Ci prepariamo ad una vendemmia che si preannuncia bella, con i dovuti scongiuri del caso. Le aziende stanno iniziando a recuperare il terreno perso nei mesi scorsi. Usando parole prudenti, mi pare che la situazione sia in miglioramento. Il mare è ancora in tempesta, ma almeno il vento soffia in poppa. Dalla Doc Sicilia che, con il suo Presidente Antonio Rallo, segue con attenzione l’evolversi della situazione arrivano segnali abbastanza positivi; e bene mi sembra stiano facendo gli altri consorzi, con l’Etna sempre più strutturato; trovo molto positive le ultime scelte del Consiglio della circa la riduzione delle rese e il blocco triennale degli impianti. Queste sono logiche da grande denominazione.

D. Quali sono le esigenze delle aziende del vino? Sono cambiate negli ultimi anni?
R. L’architettura del vino siciliano è cambiata radicalmente, direi nell’arco temporale degli ultimi 30 anni, in passato il tessuto produttivo era diverso: cooperazione e pochi altri meritevoli eroi. E il protagonista della pianificazione era l’ente pubblico. Oggi, invece, abbiamo a disposizione dei soggetti nuovi con specifiche competenze. Per fare esempio, l’interlocutore unico che si interfacciava con le cantine era l’IRVOS – Istituto della Vite e del Vino. Oggi, con aziende più strutturate, si sono aggiunti i Consorzi di Tutela delle Denominazioni. Molto efficace la Doc Sicilia, la Doc Etna e la Docg Cerasuolo di Vittoria. E poi ci sono le associazioni come Assovini.

D. Il ruolo dell’Istituto è mutato?
R. Secondo me l’IRVOS dovrebbe rafforzarsi come ente certificatore del vino siciliano e stimolare e coordinare la ricerca: lo dico da tempo. Il pubblico oggi non dovrebbe fare più promozione, perde in efficienza.

D. La promozione?
R. Quella “verticale” dovrebbe ricadere sulle spalle delle associazioni, ad esempio Assovini Sicilia; quella “orizzontale”, direi, potrebbe essere gestita consorzi. Non credo che il settore pubblico sia il più adatto alla promozione. I tempi sono cambiati. Esistono degli strumenti molto efficaci come gli “OCM Promozione”, e i “P.S.R.“: sono strumenti sufficientemente snelli e utilizzano al meglio le risorse pubbliche. Da questo punto di vista posso dire che Assovini Sicilia è insuperabile. Chiedere ai soci per credere!

D. Come si prepara Assovini Sicilia alle nuove sfide? Qualche dettaglio dell’ultimo triennio
R. Appena insediato, questo cda ha affrontato il primo Vinitaly senza la regia dell’IRVOS: non è stato facile dopo decenni; ma è andato tutto più che bene. Tra i risultati più importanti c’è la ristrutturazione di una sede, acquistata durante la brillante presidenza di Francesco Ferreri. Ma attenzione, non è una semplice sede sociale. L’idea è quella di costituire un “hub” del vino siciliano. In questi spazi, infatti, trova già sede il Consorzio di Tutela della Doc Sicilia, inoltre vi troverà casa la Fondazione SOStain, costituita proprio da Assovini e dal Consorzio Doc Sicilia. La co-fondazione con il Consorzio della Doc Sicilia dellaFondazione SOStain è la cosa di cui personalmente, e ritengo anche il consiglio, vado più fiero. Questo è un passaggio fondamentale perché la Fondazione si occuperà proprio della parte più nobile delle attività dei produttori di vino e del loro lavoro, e cioè guardare al futuro. La Fondazione avrà il compito di gestire e far evolvere il disciplinare che regola il programma di sostenibilità della vitivinicoltura siciliana, quindi coordinare la ricerca, e spingere il vino siciliano verso un nuovo obiettivo: raccontare al mondo che, oltre ai valori già noti, aggiunge un impegno verso la sostenibilità delle produzioni agricole. Pochi altri luoghi possono vantare nel mondo condizioni così favorevoli. Attraverso la Fondazione, il vino siciliano potrà dire la sua non solo nella mera gestione agricola/viticola ma riflettere su temi più ampi come i cambiamenti climatici, il paesaggio agricolo, migliorare la qualità del lavoro.

D. Esistono dei modelli?
R. Nell’immaginario dei consumatori ci sono Nuova Zelanda e Sud Africa. Ma qui andiamo oltre. Che il grande vigneto siciliano sia sostenibile, questo era un dato già sostenuto da ottimi dati. Ora bisogna trasferire queste informazioni all’interno e all’esterno, alle aziende siciliane così come ai consumatori. Spingere entrambi verso scelte più “green”. Questo vuol dire guardare al futuro. Assovini Sicilia è uno strumento fondamentale per la crescita delle aziende sui mercati nel medio termine; Fondazione SOStain è una istituzione che guarda anche al lungo termine. Noi stiamo cercando di agire su entrambi i fronti e disegnare tutti assieme una idea forte del vino siciliano, anche nel futuro. La Presidenza di Alberto Tasca è una garanzia in questo senso.

D. Il racconto del vino è passato da importanti eventi della comunicazione, penso a Sicilia en Primeur, dove transitano importanti firme e testate internazionali.
R. Le edizioni organizzate da questo consiglio dovevano essere tre, ma siamo riusciti a farne due, più un’edizione virtuale. Le motivazioni sono purtroppo note, il Covid-19 ha fermato tutti. Le edizioni 2018, a Palermo, e l’edizione 2019, a Siracusa, sono state molto belle. Per la 2020 eravamo pronti su Cefalù, sarebbe stata la prima volta per questa splendida destinazione. La versione virtuale non ha avuto le stesse emozioni ma avevamo 200 giornalisti collegati: è stato un momento bellissimo di vicinanza, di solidarietà e di scambio di informazioni. Certo, dal vivo è meglio, ma speriamo di recuperare presto. Di fatto, Sicilia en Primeur, focalizzandosi sulla stampa internazionale, ha aiutato a definire l’immagine del vino isolano all’estero. L’evento ha connesso i giornalisti con la nostra terra soprattutto perché non ci siamo limitati a far visitare le nostre aziende, ma perché li abbiamo portati dentro la storia, la cultura, i paesaggi e i sapori dell’Isola. In altre parole, abbiamo creato un indissolubile legame tra le produzioni vinicole e bellezze della Sicilia. Portare un giornalista di fronte ad una batteria di vini è diverso, tornando a casa ricorderà dei numeri. Noi, invece, grazie alla natura itinerante dell’evento, abbiamo curato aspetti che fissano il territorio vinicolo in maniera indelebile. L’Isola ha una storia da raccontare e Sicilia en Primeurè decisiva nella comunicazione con i media esteri.

D. Come si realizza il miracolo?
R. Lavorando su vari fronti. Abbiamo tenuto rapporti forti, di stretta collaborazione con le istituzioni siciliane, soprattutto con gli uffici dell’Assessorato all’Agricoltura che ci è stato sempre vicino. A loro devo un ringraziamento particolare. Non è un ringraziamento di forma, ma di sostanza. Tutti i progetti che abbiamo presentato in questo triennio sono andati a buon fine e senza alcun intoppo o problema per i nostri associati. Questo si deve grazie ad una trasparente e corretta interlocuzione con i funzionari preposti, che ci ascoltano e che dialogano con noi nella progettazione e nella programmazione. Credo che questo accada perché si riconosce in Assovini Sicilia una tra le voci più autorevoli del vino siciliano. Non è l’unica, ma sicuramente è una voce molto forte. E questa è una responsabilità non indifferente. Un ringraziamento va anche al lavoro straordinario del nostro personale e dei nostri uffici. Oltre i progetti, abbiamo posto le basi per una comunicazione a 360°, anche attraverso un canale istituzionale che si aggiunge a WIS, il magazine dedicato al pubblico. Assovini ha da qualche giorno un nuovo logo con una bella immagine coordinata. La pagina associativa-istituzionale è stata ripensata, ridisegnata e consegnata proprio in queste ore. La nuova sede, inoltre, è stata attrezzata di una sala degustazione dove poter degustare professionalmente. Potremo accogliere stampa specializzata, offrire servizi, ospitare eventi dedicati al vino. Un’ulteriore occasione i vini siciliani e per i nostri associati.

D. La coesione è quindi determinante
R. Assovini Sicilia sfata un luogo comune abbastanza noto: la convinzione che noi italiani abbiamo difficoltà a “fare sistema“. Un orrido ritornello che sento spesso. Invece, in Assovini noi facciamo sistema e lo abbiamo sempre fatto. Questo ci è servito per far crescere il vino siciliano. Qualche ombra purtroppo c’è, ad esempio la Sicilia continua a perdere ettari di vigneti e questo non va bene affatto.

D. Stupisce l’eterogeneità e il numero delle aziende vinicole, oltre novanta
R. Le finalità sono comuni. Credo fortemente in questa associazione per alcuni semplici motivi: obiettivi chiari e sempre raggiunti. C’è solidità economico/finanziaria, anche questo è fondamentale, ed è un luogo di confronto e di scambio di idee. Per me è stato un grande arricchimento poter lavorare con questo Consiglio di Amministrazione, fatto da aziende con un altissimo livello di professionalità. Anche la vicinanza con il Consorzio Doc Sicilia è decisiva. Il dialogo tra produttori e Consorzi è una raccomandazione a cui tengo particolarmente perché lega ai singoli territori. I Consorzi, maggiormente quelli che più piccoli che hanno difficoltà di risorse, possono trovare in Assovini il supporto necessario.

D. Potrebbe essere un supporto a largo spettro, per pubblico, buyer e stampa
R. Sono certo che Assovini sarà sempre una grande casa del vino siciliano, un centro per chi vuole avere informazioni sulle cantine e sui loro prodotti. Abbiamo lavorato molto con i media, che adesso sanno che qui possono ottenere informazioni complete e affidabili, con un interlocutore professionale e attento. Siamo consapevoli di non essere tutta la Sicilia del vino; ma una parte importante di esso.

D. Come proseguirà l’attività di Assovini Sicilia nei prossimi anni?
R. Io credo che per voler bene ad una associazione, bisogna viverla dal di dentro, per cui trovo fondamentale la rotazione all’interno del consiglio di amministrazione: per questo non sarò più consigliere. Sono certo che il nuovo gruppo di lavoro farà benissimo: a loro giro la domanda.
Permettetemi di chiudere con uno speciale ringraziamento a Giuseppe Longo, Valentina Madonia e Lidia Gargano; lo staff di Assovini, che ormai con mestiere lavora nella associazione, e i past-presidents: un certo Diego Planeta che – come spesso gli capita –  ha intuito l’importanza di dotare il sistema vino siciliano di uno strumento come Assovini Sicilia, di Lucio Tasca e Giacomo Rallo, e in particolare gli ultimi due, Antonio Rallo e Francesco Ferreri. Con la loro esperienza hanno costituito l’infrastruttura di Assovini così come è oggi. Grazie a loro il lavoro di questo consiglio di amministrazione è stato – io credo – così efficace.

di Francesco Pensovecchio


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