Alla Festa del Cerasuolo 8 chef e 8 vini, tra gusto e calici. Gulfi, 16 giugno

 

Settima edizione della Festa del Cerasuolo. Torna il 16 giugno presso la Locanda Gulfi l’evento dedicato all’unico vino Docg dell’Isola, il Cerasuolo di Vittoria.

Da una idea della famiglia Catania, l’appuntamento di quest’anno avrà il sapore della festa: la Cantina Gulfi celebra, infatti, il decennale della nascita della struttura.

Tra le cantine partecipanti:

  • Arianna Occhipinti,
  • Poggio di Bortolone,
  • COS,
  • Guglielmo Manenti,
  • Nanfro,
  • Avide,
  • Paolo Calì
  • Gulfi.

Tra le proposte gastronomiche:

  • gli arancini dell’ambasciatore del gusto ennese Rosario Umbriaco,
  • i gustosi panini di Giuseppe Oriti, celebre produttore di porchetta di suino nero di Messina,
  • i piatti degli chef dell’Associazione Provinciale Cuochi Iblei, tra questi
  • Daniela Crispino e Salvina Scottino,
  • Salvo Vicinale (chef de Al Vecchio Mulino),
  • Giorgio Barone,
  • Daniele Alescio del ristorante Degustibus di Pedalino,
  • Rita Russotto del ristorante Satra di Scicli;
  • Carmelo Floridia di Locanda Gulfi

In degustazione anche una ricca selezione di prodotti del territorio come l’olio extravergine d’oliva e le conserve dell’azienda Frantoi Cutrera, i formaggi di Food Custode dei Sensi di Carmelo Cilia ed i pani preparati con le farine del Mulino La Timpa di Annalisa Dibenedetto. Sarà possibile anche fare un percorso sensoriale fra le piante aromatiche curato da Enrico Russino dell’azienda Gli Aromi.

E come ogni festa che si rispetti non mancherà la musica. Ad allietare la serata, coinvolgendo tutti, ci saranno i Tinto Brass Street Band.

Il costo della serata è di 25 euro a persona (€ 20,00 per i ragazzi 13- 17 mentre per i bambini 0-12 è gratuito).

Per maggiori informazioni è possibile inviare una via mail a locandagulfi@gulfi.it o telefonare al 0932928081.


Il Cerasuolo di Vittoria
L’area della Docg Cerasuolo di Vittoria si estende su tre province, quelle di Ragusa, Catania e Caltanissetta. Per tradizione e disciplinare, è prodotto utilizzando le uve autoctone di Nero d’Avola (dal 50 al 70%) e Frappato (dal 30 al 50%).

La Storia
Vi sono reperti archeologici che meglio di ogni altra cosa riescono a descrivere la vocazione di un territorio. Un esempio è dato da una piccola lamina di piombo arrotolata, la Plaga Mesopotamium, custodita nel Museo archeologico di Siracusa. Tale documento, che fu scoperto nei pressi di Kamarina, antico insediamento dorico, riferisce della compravendita di un vigneto esteso circa un ettaro: un vero e proprio atto notarile di vendita di un terreno la cui compratrice era una donna proprietaria di una rivendita di vino. Quindi già esisteva a quella data un commercio di vino: era il III secolo a.C.. Si tratta ovviamente della più antica testimonianza della coltura della vite nel ragusano, la prima traccia che ne testimonia la vocazione vitivinicola. Questo territorio, sito nell’estrema punta meridionale della Sicilia, tanto che profuma d’Africa, offre grandi vini, in particolare nell’area del vittoriese, città del Cerasuolo, la quale vantava una fiorente attività vinicola già nell’800 tanto da raggiungere livelli industriali. Era l’epoca in cui da Scoglitti (scalo commerciale marittimo di Vittoria) prendevano la via del mare velieri carichi di centinaia di botti: in poco tempo il vino conquistò i mercati italiani, francesi, inglesi e tedeschi. Veniva inoltre commercializzato con il nome di Scoglitti e di Vittoria, ed era famoso perchè resisteva alla navigazione, per la schiuma rossa e per il suo profumo. Le stesse cronache del giugno del 1885 narrano della florida attività di esportazione del vino verso il mercato di Marsiglia e di come 1500 carri agricoli trasportassero ogni giorno a Scoglitti i barili da stivare sui velieri ancorati a largo. Lungo il tragitto che collegava Catania a Kamarina, passando attraverso Lentini, Caltagirone, Acate, Vittoria ed infine Comiso, sono ancora evidenti le tracce di una attività vitivinicola costituita da palmenti, fondaci per le soste, fornaci per la costruzione di anfore da vino (Caltagirone), per arrivare quindi a Kamarina che col suo porto d’imbarco era lo sbocco naturale di questi commerci provenienti dalla parte sud dell’Isola: da qui veniva esportato il famoso “Mesopotamium”, vino prodotto tra i fiumi Ippari e Dirillo, le cui tracce sono visibili nella monetazione di Kamarina e nei reperti degli scavi di Pompei. Inoltre, un’altra prova evidente di questa economia basata sulla produzione di vino si ha nel museo archeologico di Kamarina ed è costituita dal ritrovamento di numerose anfore vinarie nei fondali del mare antistante. Insomma una cultura antica della vite che ancor oggi è custodita nelle tante testimonianze architettoniche presenti all’interno del Castello dei Conti di Modica e nella Basilica di San Giovanni Battista: entrambi ricchi di decori raffiguranti la vite. La fondatrice stessa di Vittoria (1607), Vittoria Colonna Henriquez, vedova del conte di Modica, cugino del Re di Spagna, incentivava la produzione del vino concedendo privilegi a coloro che avessero piantato vigne: in quel anno regalò ai primi 75 coloni, un ettaro di terreno a condizione che ne coltivassero un altro a vigneto, favorendo così un’enorme espansione del vigneto nelle varie contrade del territorio.


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