Balìce, quando il ristorante diventa un’impresa

 

A due anni dall’apertura, torniamo a far visita a Giacomo e Manuela Caravello, fondatori del ristorante Balìce di Milazzo, per scoprire le novità al pass. I protagonisti della nostra storia, anzi, cena, sono uno cuoco, un designer e un marinaio, compagni da sempre di bevute e di piatti. E detto così, potrebbe anche sembrare l’inizio di un film Peter Greenaway, ma in realtà, è molto di più.

Il cuoco è Giacomo, fascino anni ’60 alla Clark Gable e patron del ristorante Balice. L’interior designer è Pasquale Giovanni Bonsignore, appeal alla Jared Leto e apprezzato imprenditore nel campo agroalimentare per il brand Incuso. Il marinaio è il sottoscritto, che preferisce qui evitare forme spinte di autoreferenzialità. L’occasione è più ludica che rara e li ha visti tutti attorno a un desco che profumava di “campo di battaglia”.

L’avamposto della cena è spettato al Mozzafiato di Incuso. Di nome e di fatto è un extravergine di oliva, una spremitura anticipata di Nocellara del Belìce di Castelvetrano. Il colore è verde brillante, dal sentore di carciofo crudo, tipico di questa cultivar siciliana. Accompagna grissini al sesamo e il pane di semola di Tumminìa e Russello realizzati da Giacomo. Al sommelier Salvatore La Cava il delicato compito della scelta del percorso e di un wine paring adeguato.

Da Balìce l’amuse-bouche è una cosa seria, un Cannolo di Pasta Fritta con spuma di ricotta infornata e salsa di pomodoro, insieme ad un hummus di ceci con senape, semi di sesamo, panna acida e foglia di nasturzio. Il vino, una bolla siciliana, il Brut Metodo Classico di Planeta. Trattasi di un Carricante etneo le cui uve sono state vendemmiate precocemente e i cui appezzamenti si trovano oltre 850 metri di altitudine. Dopo l prima fermentazione il vino rimane a contatto con le fecce fini sino al gennaio successivo alla vendemmia; poi, dopo la presa di spuma, resta sui lieviti per circa 20 mesi. Il risultato è uno spumante dalle pronunciate caratteristiche floreali, citriche e di bilanciata sapidità. Il perlage, da manuale.

La novità d’apertura è il Tiradito di Ricciola, un piatto che ripercorre un classico della preparazione siciliana, la Melanzana alla Quaglia bollita con aceto e menta, con piccole gocce di aglio rosa, tagliata a fette spesse e servita alternata a fette di ricciola marinata in leche-de-tigre, misticanza biologica e sedano croccante. All’acidità persistente di questo piatto viene affiancato l’orange wine Vite ad Ovest, un Grillo 80% e Catarratto 20% di Marsala. La vinificazione avviene in acciaio, con 15 giorni di macerazione sulle bucce. La fermentazione è spontanea, l’affinamento in acciaio sulle fecce fini per 18 mesi.

L’Ostrica, invece, parla ellenico ed è accompagnata da una salsa tzatziki con variante allo yogurt di capra girgentana, un Presìdio Slow Food di Sicilia. La maggiore acidità viene arrotondata dalla freschezza del cetriolo, assumendo carattere con l’aglio e l’umami del Ponzu, una morbida salsa di origine orientale. Per l’eleganza del più nobile “quinto quarto di mare” ci siamo affidati ad uno Jasnières 2017 del Domaine de la Roche Bleue.

Avvincenti i Bottoni di Pasta Fresca, un omaggio allo chef Pino Cuttaia. Il ripieno è di tenerumi e ricotta. Tra i piatti che resero lo famoso, qui si punta alla sapidità della salsa alle ostriche crude che viene mitigata da un crunchy di nocciole e rinfrescata dal timo limonato. L’abbinamento cade in Mosella, con un Goldtröpfchen Kabinett 2018 di Haart. Perfettamente espressi i tipici sentori del vitigno, in particolare le note fruttate di mela e pesca.

Chapeau ai Cappelletti Ripieni di crema di borlotti con cozze alla marinara e polvere di cipolla bruciata. Ottengono una marcia in più, per freschezza e acidità, dal lemongrass, aggiunto al piatto solo alla fine. In abbinamento una bollicina, il Rosé Brut di Terrazze dell’Etna. Fine e persistente, si avvertono sentori di fragoline di bosco e di melograno. Il finale è elegante, con lievito e crosta di pane.

Lo Spaghettone con lardo, fasolari, polvere di pomodoro essiccata e mollica atturrata, è una novità che richiama i grandi accostamenti della cucina portoghese. I fasolari, nella loro interezza, danno corpo e sostanza ad ogni morso. A fianco la necessaria acidità del Rosato 2020 di Bonavita. Al naso chiari sentori di frutti rossi, persistono lungamente al palato anche in chiusura.

La Triglia di Ale è un piatto firmato da Alessandro La Cava, il fidato sous-chef di Giacomo. Per lui, in cucina, carte blanche. Ha realizzato un filetto di triglia abbuttunàto, dunque farcito, con un ripieno di caponata di melanzane. Sotto una salsa di peperoni alla brace, sopra la sua lisca fritta. Un risultato di carattere e divertente. A questa esplosione di sapore realizzata dal fratello, Salvatore ha abbinato il Susucàru di Frank Cornelissen, un vino rosato – quasi un rosso – prodotto sul versante Nord dell’Etna. È ottenuto da blend di uve Malvasia, Moscadella, Insolia, Catarratto e Nerello Mascalese, coltivati nelle contrade Picciolo, Calderara, Crasà, Muganazze, Feudo di Mezzo e Puntalazzo.

Un salmoriglio di olio, origano, aglio e limone, incornicia le Sarde al Barbecue, espressione di un grande rispetto per i sapori della tradizione e dei loro metodi di trasformazione e cottura. Originale e pertinente il letto di bagnacauda all’aglio nero – con biete saltate all’aglio e peperoncino, e barbabietola all’aceto di mele – che ne esalta la naturale sapidità. Morbido, forse per la calda vendemmia, l’Etna Rosso 2017 di Tenuta delle Terre Nere, nella sapiditàsegue brillantemente le suggestioni del mare.

La Guancia di Vitello, cotta a bassa temperatura per circa 8 ore, vede le favette fresche quale sostegno ideale per una voluttuosa salsa alle arachidi. L’elemento vegetale di stagione è qui sostituito dalle più estive taccole cotte al barbecue.La complessità della salsa, cui è complementare la morbidezza della carne, ha trovato l’indispensabile e rotonda mineralità nella vendemmia tardiva della meridiana più famosa del mondo, la Wehlener Sonennuhr, Riesling Spätlese 2017 del leggendario dottor Ernst Loosen. La dolcezza, scandita da una briosa spalla acida, trova equilibri impossibili da descrivere.

Per dolce, tra i nuovi dessert, il Vegetale. È una quenelle di gelato alla lavanda e alla mandorla, un elemento che ritroviamo anche sotto forma di crumble e spugna, finger lime, crema di piselli e di sedano, con della verdura nell’audace ruolo di sostituto della frutta. Scommessa vinta. La petit patisserie conclude il viaggio sensoriale. Regge l’assonante abbinamento l’Asti spumante di Valter Bera. La spuma è persistente, il perlage fitto e continuo. Dal calice si sprigionano, quasi con violenza, luminosi sentori di salvia e fiori d’arancio. Graffia al palato la fine frizzantezza, arbitra della lotta tra zuccheri e acidula freschezza.

Mezzanotte. Si abbassano le luci, i commensali se ne vanno. Resta ancora tempo per un Entre Ciel & Tèrre di Francoise Bedel, in compagnia dell’intera brigata e della maître de maison Manuela Caravello. Difficile staccare. L’ambiente, in perpetua evoluzione, è confortevole, curato, informalmente elegante. Raffinato il design urban-minimal-chic che, vivace, libera la mente da una ristorazione ancorata all’antipasto caldo-freddo vista mare.

Il nostro saluto ha il sapore di un consiglio fraterno, mutuando le parole di Les Brown:“Punta alla luna… Mal che vada avrai vagabondato tra le stelle”.

di Marco Miuccio

Balìce Ristorante
via Ettore Celi, 15
Milazzo (Me)
Tel. 090 7384720
https://baliceristo.com


 

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