Mission impossible: cercasi Sommelier disperatamente

 

Ristoranti e servizio in sala. Prendo appunti dopo una lunga chiacchiera con Franco Virga, imprenditore di Palermo nel settore enogastronomico. Quattro i locali, a modo loro tutti top, operativi sotto la sua guida: Gagini Social Restaurant, un luogo per gourmet; Buatta Cucina Popolana, una trattoria golosa e di qualità; Bocum Mixology, un cocktail-winebar per aperitivi & more; e, infine, il ristorante “Gagini a mare” a Pantelleria – di fatto una succursale estiva – aperto da poche settimane presso il Sikelia, il luxury resort delle cantine Coste Ghirlanda di Giulia Pazienza Gelmetti.

Franco Virga

Franco Virga

Difficoltà emergono durante la conversazione e centrano quasi subito la figura del “sommelier”, un ruolo importantissimo nel mondo della ristorazione e quasi sempre sottovalutato.

In sintesi: Franco Virga, nonostante gli sforzi, non riesce a trovare una figura dedicata al vino adatta ai suoi locali. La cerca da mesi, ma sulla piazza non esiste. Una situazione curiosa, a parere di chi scrive, giacché almeno tre delle associazioni professionali istituite per la formazione dei sommelier (AIS, FIS e forse anche Fisar) occhio e croce sfornano a Palermo una cinquantina di nuove figure l’anno. Se non di più. Anche per questo è difficile capire perché esistono pochi professionisti con titolo presso gli esercizi.

Sull’argomento gli abbiamo fatto una breve intervista.

D. Franco, come deve essere un sommelier? Cosa chiedi?
R. Risponderò alla domanda per quello che serve a me. Deve conoscere i vini del territorio, dunque della Sicilia, deve avere una buona conoscenza del panorama nazionale, così come internazionale. Intendo Francia, Germania e Austria. Ho una bella carta vini dal respiro internazionale. Oltre questo, è un momento nel quale sono molto richiesti i vini naturali e biodinamici. È un aspetto che non voglio ignorare. Infine, cosa importantissima, deve conoscere almeno un paio di lingue. Inglese prima di tutto, poi francese o tedesco o spagnolo. Meglio se tutte. La città brulica di turisti da aprile a ottobre. Un terzo dei miei clienti non parla italiano.

D. Aspetta un attimo, la visione “classica” del sommelier vorrebbe che, prima di tutto, sia un fine psicologo. Capire in poche battute di conversazione cosa piace al cliente, cosa vorrebbe bere. Conseguentemente deve conoscere la cucina dello chef e fare degli abbinamenti corretti.
R. D’accordo, ma questa è una premessa che davo per scontata. Io devo andare oltre: un sommelier è per un ristoratore un partner importante, è il fiore all’occhiello del locale, un partner economico prezioso. Sceglie le bottiglie più adatte allo stile del locale, applica il ricarico migliore, fa “girare” la cantina. Il vino può essere un ottimo volano per l’immagine. Le persone si accorgono subito se il ristoratore prende in giro gli ospiti con quattro etichette comprate a prezzo di saldo al supermercato o all’hard discount; oppure, se si investe nel vino, nelle annate, nei cristalli, nella scelta dei bicchieri, negli accessori, nella ricerca. Il dramma ha il suo epilogo nel momento in cui la bottiglia viene poggiata sul tavolo.

D. Possibile che non ci siano professionisti disponibili?
R. Non lo so, io non riesco a trovarli. Ho chiamato decine di persone, anche le varie associazioni, da FIS ad AIS. Chiedo spesso: nulla, il vuoto. Secondo me non fanno un buon lavoro. tastevin3Chi partecipa ai corsi? Avvocati, medici, magistrati, ingegneri, impiegati statali? Non ci siamo. All’Italia questo non serve. Un amico sommelier di Roma, bravissimo, mi ha detto “cerchi una mosca bianca”. C’è da scoraggiarsi. In effetti, le due figure migliori che ho avuto nei miei locali non provengono da un percorso professionale per sommelier, ma si sono formati qui, sul campo.

D. Ma è davvero tutta colpa delle associazioni sommelier?
R. No. Purtroppo c’è un’altra cosa da dire. I ragazzi, le nuove leve, sono anch’essi scoraggiati. Sottopagati. Non trovano un terreno fertile. Alla fine scatta la tipica frase “che vuoi… siamo a Palermo”. Come dare loro torto.

D. Questo potrebbe essere, anzi, è un problema per la ristorazione. Intendo in generale.
R. Si. Eppure posso dirti che la ristorazione palermitana ha fatto in città passi da gigante. Adesso trovi tanti locali dove puoi mangiar bene. Gli chef crescono, ci sono. Palermo va bene, siamo persino due passi avanti rispetto Catania. Secondo me gli imprenditori del food dovrebbero fare squadra e fare incrementare la comunicazione interna, oltre – ovviamente – quella esterna. Ci guadagnerebbero tutti.

D. Quanto guadagna un bravo sommelier?
R. Dipende da quello che sa fare. Ripeto, se conosce la geografia europea del vino, si destreggia con i naturali e parla un paio di lingue, lo stipendio può essere importante, nettamente sopra la media. Considera che per le nostre attività includo l’alloggio se non residente a Palermo. Al di là di questo, vorrei fosse chiara una cosa: un bravo sommelier è una figura commerciale assimilabile alla figura dei venditori. Non escludo di concordare, oltre lo stipendio, una percentuale sul valore del venduto.

D. Sai già come risolverai il problema?
R. Non ho tante alternative. Cercherò fuori Sicilia e fuori Italia. Contemporaneamente, costituirò una Wine Academy nella quale formerò il mio personale qui al ristorante con le caratteristiche di cui ho bisogno. Cinque requisiti: il primo è la, anzi, LE lingue estere, parlate decentemente; il secondo, la giovane età; il terzo, venire a lavorare al ristorante sin da subito; quarto, niente astemi. Quinto, bravi a “descrivere”.

D. Perché proprio descrivere?
R. Ho incontrato tanti bravi degustatori, ma impacciati nel descrivere il vino che stanno assaggiando. A cosa serve un ragazzo che non è capace di trasferire il suo entusiasmo, le sue emozioni a chi è a tavola? Il vino è un piacere da condividere. Il sommelier “fenomeno da circo” che descrive un vino con tutti i suoi riconoscimenti, dal mughetto, alla rosa, al pompelmo e alla mela renetta francamente non so che farmene. Il punto non è quello. Il punto è, invece, raccontare il territorio, la fatica, gli uomini, il sudore, il profumo di un luogo, la terra. Le sfumature uniche di cui il vino è fatto. Mi rendo conto che bisogna studiare, non è facile, e che questo esclude il vino industriale. Ma questo i “veri sommelier” l’hanno capito? Insomma, aspetto curriculum e candidature…

Per informazioni
Gagini Social Restaurant
Palermo
www.gaginirestaurant.com
info@gaginirestaurant.com